sabato 3 dicembre 2011

La mia recensione a "Chi di noi due?" di R. D'Amico

C'era un ragazzo chiamato Michele, come l’arcangelo, nato senza il mignolo del piede e soprannominato per questo l’Incompleto. Era cresciuto con suo nonno a Villa Paradiso e da grande voleva fare il poeta viaggiatore. C’era poi Iris la matta, quella che parlava con gli angeli e che Michele, da bravo eroe, voleva liberare e portare con sé. Rosetta la sarta, mamma di Michele, aveva un’abitudine: cuciva ma non levava mai il filo dell’imbastitura, un po’ come se lasciasse le cose a metà. Rosetta era sposata con Giovanni, un uomo grezzo come il sale che scavava. Giovanni voleva che Michele facesse il giudice. Non avrebbe mai capito suo figlio. Il nonno di Michele non si arrabbiava mai e aveva tanta pazienza. Villa Paradiso accoglieva anche il nonno. Strano nome per un manicomio».

È un romanzo breve quello che Renata D’Amico torna a proporre al pubblico dopo le sue due pubblicazioni degli anni ‘90 e la collaborazione con il Centro teatrale Ziggurat di Trento, dove ha curato diverse drammaturgie sui temi sociali.
«Chi di noi due?» (Absolutely Free, 9,90 euro) descrive un viaggio, non fisico bensì introspettivo, all’interno del pensiero poetico del protagonista. Il legame misterioso con la dimensione angelica e al tempo stesso con quella demoniaca sembra essere il filo conduttore di questa storia di dolore e delusione, che prende il cuore e fa riflettere.
Un’anima sognatrice e buona è Michele, il cui unico peccato - riconducibile sempre e solo all’anomalia fisica ereditata con la nascita - è il contrapporsi alla miseria umana degli altri personaggi. Tutti eccetto Iris, l’unica che non pretende di tenere Michele ancorato alla terra ma lo lascia libero di sognare, ed il nonno, che cerca di insegnargli a volare con le proprie ali.
Nel suo racconto l’autrice tocca con educazione e rispetto il tema dei manicomi: lo fa con delicatezza, cancellando l’orrore che da sempre li contraddistingue e dando spazio al poco di buono che vi resta. Ma è il dolore, quasi fisico, per il furto della libertà e per i sogni fatti prigionieri, al centro della trama di questo romanzo senza tempo in cui D’Amico conduce in punta di piedi il lettore fino alla svolta inattesa, ad un sorprendente epilogo.

fonte: l'Adige di martedì 29 novembre 2011

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