giovedì 29 dicembre 2011

Il testo dell'intervento del presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti...

Signor Presidente,

assieme a Pierluca Terzulli, che guida l’Associazione della
stampa parlamentare, abbiamo organizzato questa tradizionale
conferenza stampa di fine anno che per la prima volta, per espresso
desiderio della Presidenza del Consiglio, vede la presenza formale
dei colleghi della stampa estera, qui rappresentati dal loro
presidente, Tobias Piller.
Il nostro obiettivo è offrire ai cittadini la possibilità di avere una
maggiore consapevolezza delle difficoltà del momento che viviamo
e più adeguati elementi per conoscere i progetti per dare speranza
di futuro a tutti.
Le parlerò brevemente, signor Presidente, della casta. Non di
quella della politica che spesso viene criticata con una certa
superficialità, contribuendo ad alimentare un qualunquismo che
personalmente non credo faccia bene al Paese. La politica è una
cosa nobile. Sono gli uomini che la rappresentano che possono
svilirne o esaltarne il ruolo.
La casta della quale le parlerò è quella dei giornalisti, cercando
di dare un contributo ad un’operazione verità che in questo
momento è essenziale per i cittadini, signor Presidente, ma se me
lo consente anche per il suo governo che si accinge ad assumere
decisioni importanti che riguardano le professioni e l’Ordine dei
giornalisti.
Quanti, signor Presidente, sanno che nel nostro INPGI non c'è
neanche un centesimo di fondi dello Stato? Quanti sono pienamente
consapevoli che l'Inpgi affronta gli interventi di solidarietà non con
danaro dello Stato, come avviene per altri settori, ma con quello dei
colleghi? Credo pochi lo sappiano signor Presidente e non solo tra i
cittadini.
Non le chiediamo privilegi né per noi né per altri. Non è il tempo
se mai ci sono stati.
Le chiediamo l’opportunità di un confronto vero prima di ogni
decisione. Non le chiediamo di essere ricevuti obbedendo a un
antico rituale, ma di essere ascoltati. Le chiediamo la possibilità di
far comprendere che la crisi che attraversa il mondo
dell'informazione rischia di spegnere voci che garantiscono il
pluralismo. E che certe norme ipotizzate, con una semplificazione
poco sostenibile dal punto di vista morale, potrebbero tutelare
alcuni, i professionisti, ma fare sparire i più, i pubblicisti, privando
di ogni diritto e dello stesso status chi è già penalizzato da scelte
che subisce da anni ma rappresenta linfa vitale per l'informazione.
I giornalisti vivono il loro mestiere come un dovere, sancito
dalla Costituzione, di fornire una informazione completa, corretta,
rispettosa delle persone, pacata e responsabile per usare parole
care al Presidente della Repubblica.
Non è compito facile, signor Presidente. Ci muoviamo tra le
minacce della criminalità d’ogni latitudine e gli interessi di troppi
mercanti che si occupano di informazione cercando di condizionare
il nostro lavoro. Sono 95 i giornalisti che in questo 2011 hanno
subito intimidazioni d’ogni genere; 10 vivono sotto scorta; 24,
rivela il rapporto Ossigeno, sono stati fisicamente aggrediti, un
numero quasi doppio rispetto al 2010; 323 hanno subito il tentativo
di intimidazione di chi non cerca il ristabilimento della verità, ma
con le citazioni in giudizio persegue un obiettivo subdolo: mettere il
bavaglio a chi è scomodo.
Non sono io a dirlo, sarebbe poca cosa e precipiterei in un
conflitto di interessi in un Paese nel quale ce ne sono fin troppi. Lo
afferma Freedom House che ha inserito l’Italia tra i Paesi in cui
l'informazione è solo "parzialmente libera".
E numerosi organismi internazionali – dalle Nazioni Unite, al
Consiglio d'Europa, all'OSCE - sollecitano le istituzioni italiane a
modificare alcune leggi - in particolare quella sulla diffamazione a
mezzo stampa - per rendere più sicuro il lavoro dei giornalisti e più
garantito il diritto dei cittadini italiani di essere informati in modo
completo.
Possiamo sperare che nell’agenda del suo governo rientri anche
questo? Possiamo sperare che si affrontino i problemi, senza
pregiudizi? Quanti, signor Presidente, sono consapevoli che nel
2010 il 62 per cento dei giornalisti che svolgono lavoro autonomo
ha ottenuto un reddito professionale inferiore a 5.000 euro l’anno?
Quanti, signor Presidente, sanno che aziende editoriali che
ricevono, direttamente o indirettamente, contributi per centinaia di
migliaia di euro dallo Stato, da tutti noi, compensano il lavoro
giornalistico con 2 euro lordi ad articolo e a volte anche meno? È
questa la casta. Sono i nostri figli, signor Presidente, costretti a
subire un caporalato non degno di un Paese civile. Sono quanti
dovranno garantire a questo Paese, in un futuro non lontano, il
diritto all’informazione, elemento essenziale della democrazia.
Qual è il futuro che, in queste condizioni, un giovane può
sognare di costruirsi?
Noi la nostra parte la faremo. Spezzeremo la catena delle
complicità grazie ad una carta deontologica, approvata dopo essere
stata creata a Firenze non da chi vive la professione da garantito,
ma da chi subisce queste mortificazioni ogni giorno sulla propria
pelle.
Mi permetta, concludendo signor Presidente, di farle anche a
nome del segretario e del presidente della Fnsi, Franco Siddi e
Roberto Natale, del vice presidente e del segretario dell’Odg, Enrico
Paissan e Giancarlo Ghirra, un regalo che non ha certo un valore
materiale – penso non lo accetterebbe – ma che almeno per noi
rappresenta un traguardo. E’ la tessera dell’Ordine dei giornalisti.
L'avevano in tasca Pippo Fava che predicava un concetto etico del
giornalismo; Maria Grazia Cutuli; Almerigo Griltz e i tanti, troppi
giornalisti morti per raccontare la verità ai cittadini. L'aveva in tasca
anche Giorgio Bocca la cui scomparsa ha reso triste per molti
questo Natale.
Ci piacerebbe essere rispettati da vivi non ricordati da morti.
Noi vogliamo continuare a servire i cittadini, speriamo di poterlo
fare con quel forte impegno deontologico che solo l'Ordine
professionale può garantire. Ma questo dipende anche da lei e dalle
scelte che il suo governo farà.


il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino

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