venerdì 30 dicembre 2011

Non tutti ricordano... ma accadde cinque anni fa...

Sottoposto a processo da un tribunale iracheno assieme ad altri sette imputati, fra cui il fratellastro, tutti gerarchi del suo regime, per crimini contro l'umanità, in relazione alla strage di Dujayl del 1982 (148 sciiti uccisi), il 5 novembre 2006 il dittatore Saddam Hussein fu condannato a morte per impiccagione (Saddam aveva richiesto la fucilazione) e il 26 dicembre 2006 la condanna fu confermata dalla Corte d'appello.
Con lui furono condannati a morte per impiccagione anche Awwad al-Bandar, presidente del tribunale rivoluzionario, e Ṭāhā Yāsīn Ramaḍān, vice presidente.
L'esecuzione per impiccagione avvenne alle 6 del mattino (ora irachena) del 30 dicembre 2006, data che coincideva con la festa del sacrificio, la maggiore solennità islamica.

In Iraq la sentenza provocò reazioni contrastanti: curdi e sciiti rallegrarono mentre i sunniti reagirono manifestando contro il verdetto. Anche in Vicino Oriente le reazioni furono contrastanti: i tradizionali nemici di Saddam (Iran e Kuwait) accolsero la sentenza con favore, mentre i governi del mondo sunnita mantennero un basso profilo, cercando di non dispiacere né agli Stati Uniti, né alle proprie opinioni pubbliche, eccezion fatta per la Libia.

In Occidente la notizia della condanna a morte dell'ex-raʾīs di Baghdad è stata oggetto di giudizi fortemente contrastanti. L'Amministrazione degli Stati Uniti ha più volte espresso la sua completa soddisfazione (Una pietra miliare sulla strada della democrazia, G.W. Bush). I governi dei Paesi dell'Unione Europea, incluso quello italiano (siamo contro la pena di morte sia come italiani che come europei, Massimo D'Alema), pur approvando il verdetto di colpevolezza, hanno invece ribadito la loro contrarietà di principio alla pena capitale. Molti di essi si sono spinti a suggerire all'Iraq di non eseguire la sentenza: una posizione non lontana da quella russa.

Numerose e autorevoli organizzazioni umanitarie (tra le quali Amnesty International[6] e Human Rights Watch[7]) hanno criticato non solo la condanna a morte, ma anche lo svolgimento del processo, in cui non sarebbero stati sufficientemente tutelati i diritti della difesa e il cui svolgimento sarebbe stato sottoposto a forti pressioni da parte del governo iracheno e, indirettamente, da parte dell'Amministrazione statunitense.

Secondo l'agenzia di stampa Reuters l'impiccagione di Saddam Hussein è stata eseguita alle 4:00 italiane (le 6:00 ora locale) del 30 dicembre 2006.
La trasmissione del video parziale dell'impiccagione, è stata oggetto di dure critiche da parte di molte forze politiche.

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