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giovedì 7 aprile 2022

Con la mostra fotografica "L’Egitto in scena. Aida al Regio" un racconto per immagini arriva a Torino

Domanivenerdì 8 aprile, alle ore 18.00, nel Cortile del Rettorato (Via Verdi 8, Torino), si terrà l’inaugurazione della mostra fotografica L’Egitto in scena. Aida al Regio, ideata e prodotta da Università di Torino e Teatro Regio Torino in collaborazione con Opera Project e il progetto A.R.I.E. dell’Università di Catania, in occasione della mostra Aida, figlia di due mondi (Museo Egizio, 17 marzo – 5 giugno). L’esposizione fotografica rientra nell’ambito delle iniziative organizzate da UniVerso, il cartellone culturale dell’Ateneo.

All’inaugurazione interverranno Giulia Carluccio, Prorettrice dell’Università di Torino, Sebastian F. Schwarz, Direttore artistico del Teatro Regio di Torino e Enrico Ferraris, Curatore della mostra Aida, figlia dei due mondi del Museo Egizio.

Un’opera tanto celebre quanto densa di implicazioni come Aida si realizza a ogni messinscena con esiti estetici differenti, rispondenti all’interpretazione musicale e alla visione di registi, scenografi e costumisti, chiamati a creare un mondo immaginario in cui ambientare le vicende. Il Teatro Regio, dal 1874 a oggi, ha realizzato 25 edizioni per oltre 250 recite totali dell’opera di Giuseppe Verdi. 

La mostra fotografica L’Egitto in scena. Aida al Regio offre uno spaccato di questo universo multiforme attraverso il racconto per immagini di quattro allestimenti messi in scena nel nuovo Regio di Carlo Mollino, dal 1973 a oggi:

  • 1979, regia Mauro Bolognini, scene Mario Ceroli, costumi Aldo Buti;
  • 1981, regia Filippo Crivelli, scene e costumi Carlo Savi;
  • 1987, regia Gianfranco De Bosio, scene Aldo De Lorenzo, costumi Zaira De Vincentiis;
  • 2005, regia di William Friedkin, scene e costumi di Carlo Diappi.

Aida ebbe la sua prima rappresentazione la vigilia di Natale del 1871 al Cairo, dopo una lunga e complessa trattativa fra Villa Verdi a Busseto, la capitale egiziana e Parigi, dove l’egittologo Auguste Mariette aveva ideato il soggetto originale, con l’intento di creare un’opera che conferisse prestigio artistico-culturale ai rapporti politici e commerciali tra Europa e Africa, appena rafforzati dall’inaugurazione del Canale di Suez, avvenuta nel 1869.

Le vicende della guerra fra Egizi ed Etiopi che fanno da sfondo alla storia d’amore di Aida, schiava etiope, e Radamès, capitano delle guardie reali egizie conteso dalla figlia del faraone, Amneris, conquistarono presto le platee di tutto il mondo.

 La mostra fotografica sarà visitabile gratuitamente nel Cortile del Rettorato (via verdi 8 / via Po 17 Torino) dall’8 aprile al 5 giugno 2022, tutti i giorni da lunedì a domenica, dalle ore 8.00 alle ore 20.00




mercoledì 27 novembre 2019

In biblioteca, la fotografia di Robert Frank letta da Sandro Iovine

Recentemente scomparso, Robert Frank è considerato uno dei più influenti fotografi contemporanei. Il suo libro «The Americans», «scritto» con uno stile rivoluzionario che cambiò il modo di vedere il reportage, è tuttora uno dei progetti più significativi della fotografia mondiale. La biblioteca civica «Bruno Emmert» di Arco propone sabato 30 novembre «Fotografia, istruzioni per l’uso», serata in cui Sandro Iovine leggerà le 83 immagini che compongono il testo di un’opera memorabile. Inizio alle ore 20.45, ingresso libero. 

Lo scrittore, poeta e pittore statunitense Jack Kerouac, di lui e del suo libro scrisse: «Quella folle sensazione in America, quando il sole picchia forte sulle strade e ti arriva la musica di un jukebox o quella di un funerale che passa [....] Robert con l'agilità, il mistero, il genio, la tristezza e lo strano riserbo d'un ombra ha fotografato scene mai viste prima su pellicola [...] se non ami la poesia vai a casa e guarda la tv...».

Chi è Robert Frank?

Scomparso il 10 settembre 2019, di lui, nella storia della fotografia, rimarranno soprattutto 83 immagini scattate durante il suo audace viaggio attraverso l’America degli anni Cinquanta. Un viaggio che Robert Frank si finanzia con la borsa di studio annuale dalla Fondazione Guggenheim di New York che, primo fotografo europeo, vince nel 1955. Sintesi delle migliaia di scatti che colleziona a cavallo di un’automobile scassata, con in mano un Leica più volte usata, quelle 83 immagini compongono il libro «The Americans», pubblicato negli Stati Uniti nel 1959, dopo l’edizione francese «Les Américains» uscita l’anno precedente a Parigi. È il lavoro con cui Robert Frank rende celebre la sua arte. Naturalizzato statunitense, Frank nasce nel 1924 a Zurigo da madre svizzera e da padre tedesco di origini ebraiche. Cresce in Svizzera, nella sua giovinezza vive la minaccia del nazismo e, sfiorato dalla Shoah, sviluppa una sua particolare comprensione per gli oppressi Appassionato, intraprendente, fuori dagli schemi, diventa un’icona della fotografia del Novecento, secolo del quale sperimenta buio e opportunità. Emigra a New York all’età di 23 anni, nel 1947, dove ottiene un lavoro come fotografo di moda per tutte le maggiori testate internazionali, ma è viaggiando, fra Europa e Sud America, che esprime la sua vera passione: il reportage fotografico. Negli anni Cinquanta, sempre negli Stati Uniti, incontra vari esponenti della Beat Generation, con cui condivide parte del suo percorso. Fra questi, il poeta Allen Ginsburg e lo scrittore Jack Kerouac, che scrive l’introduzione di «The Americans» e che rimarrà suo amico per tutta la vita. Negli anni Sessante si dedica al cinema e diviene regista. La vita di Frank è segnata altresì da tragedie personali. Sua figlia Andrea e suo figlio Pablo muoiono in circostanze drammatiche. Dopo la morte di Andrea si dedica di nuovo alla fotografia, creando immagini tramite collage e incisioni sulla pellicola. Nel 1994 dona gran parte del suo materiale artistico, fra cui le preziose migliaia di foto “scartate” da The Americans, alla National Gallery of Art di Washington. Nel 1995 apre la Fondazione Andrea Frank per erogare borse di studio agli artisti. Riceve nell’arco della sua carriera prestigiosi premi e riconoscimenti, fra cui l’Hasselblad Award nel 1996 e il Cornell Capa Award nel 2000. Una sua retrospettiva, organizzata a Londra nel 2004 alla Tate Modern Gallery, fa il giro del mondo.

Chi è Sandro Iovine?

Giornalista, critico fotografico, è nato nel 1961 a Roma. Dal 1989 al 1998 è stato redattore presso la Editrice Reflex, prima di trasferirsi a Milano dove, dal 1999 al 2014, ha diretto la rivista Il Fotografo. Ha insegnato storia della fotografia a Roma all’ISFCI e dal 2003 fotogiornalismo e comunicazione visiva alla John Kaverdash Accademia di Fotografia. Ha tenuto master alla MIFAV-Università di Tor Vergata (di cui ha condiretto l’organo di stampa F&D) e nelle università di Bologna, Bergamo, Insubria, Palermo, Pavia, Perugia e Siena. Ha collaborato con Rai Radio Uno, Rai Radio Tre, Radio 24 e Radio Svizzera Italiana, Paese Sera, Avvenimenti, Il Giornale di Napoli, Il Manifesto. Ha creato e diretto a Roma lo spazio Centro Fotogiornalismo. Nel 2011 è stato curatore della sezione fotografia di Roma Provincia Creativa e fa parte del comitato di valutazione all’interno del progetto Eyes in Progress. Nel 2007 ha creato il blog «Fotografia: parliamone!» Attualmente dirige la rivista FPmag.


mercoledì 11 settembre 2019

Alle "Intermittenze" musicali e letterarie di Riva del Garda, Björn Larsson, Helena Janeczek, Francesco Guccini, Massimo Zamboni, Marcello Fois, Carlo Lucarelli e tanti altri

Letteratura, poesia, incontri, reading, dj set poetici, danza e musica: dal 13 al 15 settembre Riva del Garda con i suoi scorci più suggestivi, le sue piazze e i suoi luoghi di raro fascino sarà teatro di tre giorni di «Intermittenze» musicali e letterarie, per un inedito fine settimana nel Garda trentino. Un weekend in cui le strade della città profumeranno di pagine appena stampate e di vecchi ricordi, gli stessi che riemergeranno lettura dopo lettura attraverso le voci e gli sguardi di alcuni fra i più grandi autori del panorama culturale italiano ed internazionale. Tutti gli incontri sono a ingresso libero. 

La rassegna è preceduta da un evento di inaugurazione, giovedì 12 settembre, un concerto jazz del Conservatorio Bonporti. Nel cortile della Rocca subito dopo il tramonto (l’inizio è alle 21), la manifestazione inizierà nel nome della danza al ritmo delle suadenti note del tango. Sarà poi il momento della musica, con gli allievi del Conservatorio Bonporti -per l’occasione col nome Bonporti in Jazz- che eseguiranno, in formazione di chiaro stampo jazzistico, alcuni dei brani più celebri della storia della musica afroamericana e non solo. 

Venerdì 13 settembre nella galleria San Giuseppe andrà in scena la «lettura in musica» di Pinocchio con la voce di Enrico Tavernini intrecciata alle musiche composte per lo sceneggiato televisivo tratto dal romanzo di Collodi, eseguite dall’Orchestra delle Metamorfosi diretta dal M. Francesco Maria Moncher (inizio alle ore 18). Alle ore 19 sarà la volta di «Yo soy tango - Paseo y danza»: dalla galleria San Giuseppe inizierà la passeggiata danzante, accompagnata dalla musica dal vivo suonata dal duo Garda Tango, che condurrà sotto i portici di piazza Tre Novembre. Qui il tango incontrerà la danza contemporanea, e cinque ballerine si esibiranno con la coreografia di Sabina Micheli. Alle 21 toccherà a Massimo Zamboni e al suo «Hard Travelin’ with Bob Dylan»: nel cortile della Rocca un lungo viaggio dentro al mondo del premio Nobel più discusso degli ultimi anni in compagnia di un narratore d’eccezione come Massimo Zamboni.

Sabato 14 settembre il festival Intermittenze si sposterà al parco Miralago: alle ore 10.30 le letture musicate «Affabulazione» dei ragazzi del liceo Maffei di Riva del Garda, e a seguire, alle ore 11.30 sempre al parco Miralago, il concerto dei Rock Spectrum, la cover band condotta da Stefano Cainelli. Alle ore 15 alla galleria San Giuseppe inizierà un viaggio nel mondo di David Bowie con il funambolico Luca Scarlini, con la cornice dell'apparizione di Ziggy in persona in due video piuttosto rari che sorprenderanno non poco il pubblico. In piazza San Rocco alle ore 16 toccherà poi al «Dialogo europeo» fra Björn Larsson, lo scrittore svedese forse più amato d’Italia, e il Premio Strega 2018 Helena Janeczek. Alle ore 18 si torna in galleria San Giuseppe per incontrare Patrizia Valduga, la cui poesia è da anni riconosciuta come una delle esperienze letterarie più essenziali del panorama poetico italiano. Alle ore 21 in piazza Garibaldi andrà in scena l’incontro chiave di Intermittenze, tra letteratura e musica, ovvero quello tra uno dei più grandi cantautori di sempre, Francesco Guccini e un grande antropologo qual è Marco Aime. Sarà l’occasione per una chiacchierata che vuole riportare Riva del Garda e tutti i presenti ai tempi delle osterie tanto care a Guccini. Alle ore 22.30 ci si sposta nel cortile della Rocca, dove un dj set poetico renderà omaggio a Ingeborg Bachmann, una delle voci più radicali del secondo Novecento: un singolare appuntamento di ascolto e di evocazione, un connubio tra reading, dj-set e poesia sonora, in cui il racconto di Luca Scarlini si intreccerà ai paesaggi sonori costruiti da Nico Note.

Domenica 15 settembre la mattina alle ore 9.30 nel parco della Rocca la rassegna stampa avrà il profumo di cornetti caldi e caffè: sarà così che tra il giocoso e il serio, il Premio Strega Helena Janeczek e il letterato Marcello Fois si scambieranno opinioni sugli articoli sfogliati. Ancora nel parco della Rocca alle ore 10.45 si parlerà di «Intrighi italiani» con i grandi Maurizio De Giovanni e Carlo Lucarelli, che converseranno di libri e letteratura. In piazza San Rocco alle ore 16.15 toccherà a Benedetta Tobagi, l’autrice di «Piazza Fontana. Il processo infinito», e a uno dei più grandi storici italiani, Guido Crainz, condurre il pubblico in un «Viaggio al cuore della storia d’Italia». Nello stesso luogo alle 17.30 l'incontro con due lettori d’eccezione, Marcello Fois e Chiara Valerio sul tema «I libri che abbiamo abitato», e infine alle 19 nel cortile della Rocca il festival chiuderà con «Entrare nel libro, La prima verità», libro vincitore del Premio Campiello 2016, con la viva voce di Simona Vinci e le magistrali musiche composte ed eseguite dal vivo da Valentino Corvino; sul palco altri due attori a dar voce al libro, Chiara Cicognani e Alberto Guiducci di Korekané. 

L’evento è organizzato dal Comune e dalla biblioteca civica di Riva del Garda con la direzione artistica di Emiliano Visconti (Rapsodia - Musica, libri, scrittori). Informazioni: Biblioteca civica di Riva del Garda - telefono 0464 573916 - email biblioteca@comune.rivadelgarda.tn.it - sito web www.intermittenze.com

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lunedì 14 gennaio 2019

Tutto il fascino dello sviluppo dei negativi in nuovi progetti dedicati alla fotografia analogica

A 19 anni dalla sua nascita il circolo "Il Fotogramma" di Nago Torbole (TN) propone un progetto rivolto sia ai nostalgici della fotografia analogica sia agli appassionati di nuova generazione che avvertono la necessità di approfondire la conoscenza delle tecniche di sviluppo della fotografia su pellicola e la cultura fotografica ad essa collegata. 

Nei mesi scorsi alcuni soci del gruppo altogardesano hanno dunque dato vita a "Il Fotogramma-Darkroom", una sezione che a breve prenderà forma con incontri - sia teorici che pratici - dedicati

Che significato ha una simile scelta, in controtendenza rispetto all'attualità fotografica affidata ormai quasi esclusivamente alla tecnica digitale? "Le motivazioni che hanno indotto alcuni soci a cimentarsi in questa avventura sono molteplici - ci spiega Paolo Benaglio, segretario del Fotogramma e promotore della bella iniziativa - In primo luogo per esigenze di tipo didattico: infatti una delle attività principali svolte dal Fotogramma sul territorio è quella della diffusione della cultura fotografica e per fare questo non è possibile ignorare la tecnica che è stata usata da tutti i fotografi nei primi cento anni di vita dell’arte fotografica. In particolare ci rivolgiamo alla generazione di fotografi più giovani, quelli nati con il digitale che non hanno mai conosciuto la “pellicola. Riteniamo infatti che rendersi conto di cosa si faceva con la pellicola in camera oscura-darkroom sia di fondamentale importanza per usare al meglio gli strumenti di postproduzione digitale. In secondo luogo abbiamo pensato di venire incontro ad alcune richieste di sperimentazione della tecnica "ibrida" che prevede l’utilizzo della pellicola di medio e grande formato in fase di scatto, dello sviluppo della stessa in camera oscura, di una successiva fase di digitalizzazione del negativo e quindi della stampa finale digitale fine-art su carta di alta qualità". 

Altro motivo che ha portato i soci del Fotogramma a questa scelta, è una sempre più diffusa tendenza al “ritorno all’analogico”, che da qualche tempo si sta affermando in termini abbastanza importanti e tali da indurre alcuni produttori di materiale fotografico a riportare sul mercato prodotti ormai scomparsi. Cosa troveremo nelle prossime settimane al Fotogramma di Nago-Torbole? "Semplice - conclude Benaglio - una piccola camera oscura di tipo didattico dove poter apprendere e sperimentare la tecnica dello sviluppo, tra liquidi, pellicole e negativi, con la consulenza nonché aiuto ed entusiasmo di alcuni soci che voglio provare, o più precisamente riprovare, l’incredibile fascino della stampa della fotografia analogica".


lunedì 12 novembre 2018

Kastellorizo, una mostra fotografica e i ringraziamenti di Salvatores per "L'Isola dell'Oblio" di Davide Pivetti

Sta destando curiosità la mostra fotografica "L'Isola dell'Oblio" ospitata in questi giorni alla galleria "Craffonara" di Riva del Garda (TN) dedicata alla piccola isola greca di Kastellorizo e al film Premio Oscar nel 1992 "Mediterraneo" (per la regia di Gabriele Salvatores; tra gli interpreti, Diego Abatantuono, Claudio Bisio, Claudio Bigagli, Ugo Conti, Giuseppe Cederna, Antonio Catania, Gigio Alberti ecc.).

La rassegna realizzata dal giornalista rivano Davide Pivetti - 40 immagini inedite e altrettanti brani dal copione originale del film - è stata inaugurata sabato 3 novembre alla presenza di un buon pubblico fatto di cinefili, "grecofili" e soci del circolo culturale "La Firma" che ospita l'iniziativa. Tra i presenti anche appassionati da altre regioni, l'amore per la minuscola e quasi sconosciuta isola greca è più diffuso di quanto si pensi. 


Trecento le persone che hanno visitato la mostra nella prima settimana di apertura, nonostante maltempo e bassa stagione. Una curiosità, figlia del mondo social in cui anche gli eventi culturali sono ormai immersi: via Instagram è infatti arrivato un breve messaggio dal registra Gabriele Salvatores, autore del film, che ringrazia per l'iniziativa rivana anche "a nome dell'isola a importanza strategica zero", citando copione del film e sottotitolo della mostra. 

L'allestimento si è arricchito di un'installazione con tre opere di Franco Pivetti ("La Grecia in tre vasi") interpretazione moderna dell'arte classica greca. E' la prima volta che padre e figlio partecipano ad un evento assieme. 

"L'Isola dell'Oblio" resta visitabile fino al 28 novembre, tutti i giorni (10-12.30 e 14.30-17) ad ingresso libero.




giovedì 18 ottobre 2018

La sostenibilità alimentare raccontata da giornalisti, fotografi, videoreporter, storyteller: ecco i finalisti del Premio Barilla & Thomson Reuters

La Thomson Reuters Foundation e il Barilla Center for Food and Nutrition hanno annunciato i finalisti del Media Sustainability Food Award 2018, un premio che mira a valorizzare il lavoro svolto da parte di giornalisti professionisti e talenti emergenti provenienti da tutto il mondo sul tema delle sfide del sistema alimentare globale.

Una giuria di esperti - composta da professionisti di spicco nel campo del giornalismo, della fotografia, delle politiche alimentari, della sostenibilità agricola e della ricerca - ha selezionato un totale di 12 finalisti nelle 4 categorie di premi; giornalismo e multimedia, sia pubblicati che inediti, basati su una serie di criteri tra cui la sostanza, l'originalità e la creatività. 

I vincitori saranno annunciati in occasione del 9 ° “Forum internazionale su Alimenti e Nutrizione” del Barilla Center for Food and Nutrition il 27 novembre prossimo.

Per visualizzare i lavori dei finalisti, clicca qui

martedì 3 luglio 2018

Sei un giovane fotografo e hai un progetto nel cassetto? Ecco il concorso che fa per te!

Hai meno di 30 anni e nel tuo cassetto c'è un progetto fotografico che racconta di "Diritti e conflitti"? E' giunto il momento di usarlo! Hai tempo fino al 15 luglio per partecipare alla 6° edizione della Biennale dei giovani fotografi italiani, organizzata dal CIFA-Centro Italiano della Fotografia d’Autore di Bibbiena (AR) in collaborazione con FIAF-Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e riservata ai giovani fotografi nati a partire dal 01/01/1988, sia con iscrizione individuale (sezione A) che attraverso Scuole di fotografia (sezione B).

Tema della Biennale è, appunto, "Diritti e conflitti - Lavoro, casa, salute, istruzione: il ridimensionamento dello stato sociale".

La partecipazione è gratuita e non è necessario essere soci FIAF. Agli autori selezionati la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche garantirà un contributo economico fino ad un massimo di 200 euro per l’allestimento della propria mostra/istallazione e ampia visibilità sui media e canali social nazionali.

Il bando di concorso è scaricabile a questo link: www.centrofotografia.org/informations/attivita/189


giovedì 31 maggio 2018

"Feed the Change 2.0" - dagli studenti dell'Alberghiera una mostra fotografica sui disturbi alimentari

Un tema delicato, doloroso e più attuale di quel che si pensi, affrontato con un linguaggio semplice, diretto, immediato, mai invasivo né biasimevole, da chi, con quel tema, molto spesso è chiamato a confrontarsi - per via dell'età, la più bella e la più critica, per via di quegli sguardi cui una professione può alle volte portare ad avere un occhio di riguardo. 

E' l'ampia sfera dei disturbi alimentari quella trattata nel progetto "Feed the Change 2.0" elaborato dagli studenti delle classi quinte del Centro di formazione professionale-Alberghiero di Riva del Garda, che attraverso un percorso fotografico sviluppato durante l'attività didattica sulla piattaforma più amata e usata dai giovani, Instagram, hanno sapientemente costruito una mostra vera e propria, restituita in questi giorni sia ai compagni di scuola che alla comunità altogardesana e trentina. 

Mettendosi in gioco in prima persona, i ragazzi hanno prodotto un sapiente ed indovinato mix di contributi video, di didascalici spunti di riflessione, di immagini chiare e dirette, di figure simboliche, con l'intento di invitare il visitatore - adolescente o adulto che sia - a soffermarsi sia sugli aspetti sociali che su quelli sanitari di anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata, senza tuttavia dimenticare mai di focalizzare l'attenzione sulle fragilità, sulla solitudine, sulle insicurezze e su tutte quelle emozioni che costituiscono il bagaglio con cui i giovani di oggi devono con-vivere.


La bontà del progetto, cui va tutto il mio plauso per l'idea e la realizzazione, può essere riassunta in un intelligente messaggio di speranza e bellezza che dimostra quanto le nuove generazioni siano capaci di generare grazie agli strumenti 2.0, loro congeniali, e al fiducioso appoggio del mondo degli adulti - un messaggio che faccio mio e rilancio in rete a quanti vogliano condividere, riconoscendosi nelle parole: "Migliorare è sempre possibile ma è bene anche imparare ad amarsi e accettarsi!"

domenica 6 maggio 2018

Pure il romanzo di guerra di Danilo Fia al Salone del libro di Torino 2018

La storia dei nostri nonni, quella della chiamata alle armi, della partenza per il fronte, della dura vita patita dai soldati dell’Impero austro-ungarico in terra galizia, della prigionia, della liberazione e del ritorno a casa, condensata in un volume di un centinaio di pagine, che vuole riportare a galla l'esperienza di un giovane trentino che, dopo aver vissuto l'inferno della Prima guerra mondiale, grazie all’aiuto e all’amore di una donna riesce a trovare dentro sé il desiderio di rinascere. 

Si intitola «Prea» e prende il nome dal promontorio situato a sud di Dro il nuovo libro di Danilo Fia, classe 1963, noto avvocato altogardesano, che dopo l'esordio del 2015 con «Quelli del PX» torna ora a proporsi al pubblico con un nuovo romanzo, edito per BookSprint Edizioni. Un racconto piacevole e incalzante, costruito su vicende storiche reali che rimandano il lettore al conflitto che un secolo fa vide l'Impero austro-ungarico scontrarsi con il Regno di Serbia e al quale furono costretti partecipare anche i giovani uomini trentini.

Vari sono gli argomenti trattati, tutti con dovizia di particolari, frutto di una ricerca storica approfondita che rimanda il lettore ad una bibliografia essenziale e ad un eventuale approfondimento. Attraverso uno spaccato di vita, l'autore percorre un cammino di conoscenza delle nostre radici, con il desiderio di far conoscere quella cultura e quel particolare momento storico che segnarono la nostra terra e i nostri progenitori. Il testo è scritto con una cifra stilistica lineare, chiara e diretta, senza artifici retorici o di parte; in esso traspare la personalità poliedrica di Fia, il suo grande interesse per la storia e le tradizioni del territorio. Le testimonianze, attentamente descritte, fanno rivivere nuove e vecchie emozioni, il passato restituisce una parte di sé, forse quella più intima e custodita alla memoria dei focolari domestici dei nostri nonni e padri, e quei ricordi che molto hanno influito sul nostro presente e sulla nostra vita. 

Il nuovo romanzo di Danilo Fia verrà presentato in anteprima al Salone del Libro di Torino dal 10 al 14 maggio prossimo. 

fonte: Paola Malcotti - l'Adige di domenica 6 maggio 2018

mercoledì 7 febbraio 2018

#altroGARDA, quando il territorio del grande lago diventa una rassegna socio-fotografica

#altroGARDA è il titolo assegnato all’annuale progetto di ricerca fotografica condotto dall’associazione “Il Fotogramma” di Nago-Torbole che, per questa edizione, ha accettato la sfida di confrontarsi con la fotografia di territorio. Un titolo volutamente pensato con l’hashtag per caratterizzarlo in senso moderno, che coniuga una acquisita maturità espressiva dei partecipanti ad un percorso che, filologicamente, riconduce alle radici di una precisa identità culturale, divenendo ricognizione attenta di un luogo, di un paesaggio – antropico, naturalistico, industriale – di volti, figure e azioni che sono l’espressione di un insieme di attività che, sovente, sono ai più sconosciute, perché marginali o perché dedicate agli emarginati. 

Nelle oltre 100 immagini, prodotte dai 24 partecipanti, l’areale geografico compreso fra il lago di Garda e la porzione di territorio che giunge, in latitudine, fino alle marocche di Dro, è stato indagato da parte dei fotografi nel corso dell’intero 2017 che hanno orientato la loro ricerca in una serie molto articolata di tematiche: paesaggio naturalistico, urbano, persistenza e insistenza della dimensione antropica, studi sulle condizioni di vita legate all’uso della città, reti di assistenza a favore dei più deboli, ricerca di lavori e luoghi ormai del tutto perduti o dimenticati dall’immaginario collettivo. La lettura di #altroGARDA, lontana da quella più nota e prevedibile correlata all’evidenza turistica del lago, propone uno storyboard che ha sviluppato due precise linee di azione metodologica: garantire coerenza tematica rispetto agli indirizzi attesi dal progetto e salvaguardare, quanto più possibile, all’interno di una rassegna collettiva, le singole identità, caratterizzate spesso da cifre stilistiche di assoluto interesse espressivo. 

La mostra, curata da Luca Chistè, verrà inaugurata sabato 10 febbraio alle ore 18 al piano terra del Museo di Riva del Garda, visitabile fino al 4 marzo. Due appuntamenti correlati alla rassegna fotografica, a partecipazione gratuita, animeranno inoltre il mese di febbraio al MAG. Si tratta del laboratorio per bambini Fotogiocando!, che si svolgerà il 17 febbraio, e della conferenza dal titolo "Mutamenti di visioni. I fotografi italiani dal dopoguerra a oggi" con la storica della fotografia e photoeditor Giovanna Calvenzi, in programma il 24 febbraio.


mercoledì 31 gennaio 2018

"L'isola dell'oblio" - con Pivetti alla (ri)scoperta della Megisti di Salvatores

Nel 1992, a Los Angeles, una minuscola e dimenticata isola del Dodecaneso greco, divenne improvvisamente celebre in tutto il mondo. E' la forza della settima arte, il cinema. Gabriele Salvatores in quell’edizione degli Academy Awards vinse infatti il Premio Oscar come miglior film straniero con il suo "Mediterraneo", pellicola interamente ambientata sull'isola di Kastellorizo (o Megisti in greco, Meis in turco, Castelrosso in italiano) la più lontana e orientale dell'intero territorio greco, geograficamente già in Asia Minore. Merito di una grande squadra: dal regista ad uno straordinario cast di attori, dalla sceneggiatura di Enzo Monteleone alle musiche di Giancarlo Bigazzi e alla fotografia di Italo Petriccione.

Ma merito, certamente, anche della rara e singolare bellezza di questa isola remota che è davvero l’avamposto greco ed europeo nel mare nostrum orientale. Quel film è diventato un manifesto culturale per almeno un paio di generazioni di italiani (e non solo visto il successo internazionale che ebbe). I suoi dialoghi, brillanti, sono diventati patrimonio collettivo. Inoltre gli italiani hanno scoperto la Grecia e il piacere della "fuga" sui suoi lidi più remoti. Ma pochi in realtà sono coloro che si sono spinti fin là, che hanno veramente messo piede a Kastellorizo.

Davide Pivetti, giornalista e fotografo trentino, già autore di un libro dedicato alle isole del Mediterraneo (“Emersioni - Isole di giovani racconti”) e di una mostra omonima, pochi mesi fa ha realizzato un progetto cullato da molti anni. Visitare la Megisti di Salvatores, ritrovare le locations del film, incontrare la gente del posto che si prestò a fare da comparsa nei due mesi di riprese concluse nell’estate del 1990. Scoprendo che nonostante i quasi tre decenni trascorsi molti degli aspetti caratterizzanti l’isola si sono conservati. Con qualche mano di colore in più o in meno rispetto a come fu magistralmente raccontata in quel celebre lungometraggio dedicato "a tutti quelli che stanno scappando". Così è nata “L’Isola dell’oblio - Megisti. Importanza strategica zero”. In questa mostra - che ha ricevuto il Patrocinio del Consolato di Grecia per l’Emilia Romagna ed è arricchita da un’intervista in esclusiva con l’attore Giuseppe Cederna (l’attendente Antonio Farina del film) - c'è al tempo stesso un racconto di viaggio, la ricerca di un cinefilo, un reportage giornalistico e la realizzazione del piccolo ma vibrante sogno di un viandante isolano.

La mostra sarà allestita dal 3 al 25 febbraio 2018 presso il Circolo degli Artisti e Centro studi “Ludovico Muratori” in via Castel Maraldo, 21/A - Modena, con inaugurazione sabato 3 febbraio alle ore 16. Orari di apertura: 16.30 - 19 (chiuso lunedì e martedì). Ingresso: libero.


mercoledì 10 gennaio 2018

Dal finestrino del treno, la vita imperfetta degli altri

Risultati immagini per la ragazza del trenoA causa del suo alcolismo, Rachel è stata da poco licenziata. Nonostante tutto, continua a prendere il treno ogni mattina, fingendo di andare al lavoro a Londra, per salvare le apparenze con l'amica Cathy, che la ospita in casa sua, in periferia. Durante i suoi quotidiani viaggi in treno, per sfuggire alla noia e alla solitudine, la donna osserva la vita delle persone attraverso il finestrino. La sua attenzione si focalizza su di una coppia davanti alla cui casa passa ogni giorno e a cui ha dato i nomi fittizi di Jess e Jason, idealizzandoli come la "coppia perfetta". In realtà si chiamano Megan e Scott e la loro esistenza non è così perfetta come sembra. Un giorno Rachel vede dal finestrino Megan con un altro uomo e pochi giorni dopo la donna sparisce nel nulla. La notte della scomparsa di Megan coincide però con la notte in cui Rachel ha alzato troppo il gomito ed è rimasta ferita nel tentativo di riallacciare un rapporto con l'ex marito, Tom, che assieme alla nuova moglie Anna e alla figlioletta abita proprio nella villetta accanto. I ricordi di Rachel sono però vaghi e confusi. Pensando di essere coinvolta nella scomparsa di Megan, Rachel inizia ad indagare per conto suo, facendo salire a galla una verità sconcertante. 

"La ragazza del treno" di Paula Hawkins è un giallo intrigante, scritto bene. Più di una le voci narranti, che permettono al lettore di inserirsi nella trama raccogliendo più punti di vista. Curiose e forse di difficile interpretazione, soprattutto all'inizio, le digressioni e progressioni temporali, ma una volta capita l'impostazione, la lettura fila liscia. Peccato che di alcuni personaggi chiave ad un certo punto si vadano a perdere le tracce, il che rende l'idea di una storia non conclusa. Priva di suspance e colpi di scena, se non nelle pagine finali, la trama non brilla per originalità ma non appare nemmeno scontata. Il contesto è decisamente attuale ed ogni figura coinvolta rivela un proprio lato oscuro, quasi a sottolineare l'imperfezione della vita degli altri e quanto invece - se vista da fuori - spesso questa risulti perfetta. In ogni caso, un romanzo meritevole e brillante. 

Scritto nel 2015 da un'esordiente, dopo solo una manciata di giorni dalla sua uscita il libro è divenuto un best seller che negli Stati Uniti e in Gran Bretagna ha scalato le classifiche in modo vertiginoso, un caso editoriale come pochi altri con con oltre 3 milioni di copie vendute solo negli USA. "La ragazza del treno" è stato pubblicato in ben 41 Paesi di tutto il mondo e a solo un anno di distanza la Dreamworks ne ha proposto l'adattamento cinematografico.

lunedì 4 settembre 2017

Oltre 330 eventi per Festivaletteratura, dal 6 al 10 settembre a Mantova


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Sarà la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, icona della lotta al sessismo e al razzismo, citata da Beyoncè in una canzone, la star del giorno d'apertura del Festivaletteratura, dal 6 al 10 settembre a Mantova , che avrà circa 360 ospiti tra italiani e stranieri e oltre 330 eventi. A chiudere il festival sarà uno dei maggiori rappresentanti della letteratura cinese contemporanea, Yu Hua , l'autore di Cronache di un venditore di sangue (Einaudi) più volte candidato al Nobel, che si definisce «non istruito». 

Tra gli ospiti internazionali più attesi della 21ª edizione del Festival - che superata la boa dei vent'anni continua nella ricerca di autori di valore poco noti al grande pubblico e punta sempre più su progetti di lettura e ricerca dei saperi - la regina del giallo Elizabeth George e lo statunitense George Saunders con il suo primo romanzo Lincoln nel Bardo (Feltrinelli). Tra i grandi ritorni quello di Arturo Perez-Reverte con il nuovo romanzo Il Codice dello scorpione (Rizzoli), di Elizabeth Strout con i racconti di Tutto è possibile (Einaudi), da cui è stata tratta una serie tv della Hbo e di Richard Mason, l'autore del bestseller Anime alla deriva, con il nuovo Il respiro della notte (Codice).

Al centro dell'attenzione anche l'editore trentino Keller con tre suoi autori importanti: Arno Camenisch, Clemens Meyer e Martin Pollack. Tra gli eventi più attesi, l'incontro con Francesco Guccini e Loriano Machiavelli che festeggiano vent'anni di sodalizio letterario fino all'ultimo giallo Tempo da elfi (Giunti) con protagonista un ispettore della Forestale detto Poiana. Molti degli autori stranieri che saranno a Mantova sono accomunati dalla condizione di profugo, come il libico Hisham Matar, premio Pulitzer 2017 per l'autobiografia Il ritorno (Einaudi). Arriva a compimento il Vocabolario Europeo con l'edizione di un volume, curato da Giuseppe Antonelli e Matteo Motolese , che sarà distribuito gratuitamente durante i giorni del Festival. Tra i lemmi di scena in questa edizione, quelli portati da Lars Mytting che sarà a Mantova con il romanzo Sedici alberi (Dea Planeta). Grande spazio alle donne con la riedizione, grazie a Nottetempo, dell'ormai introvabile Autobiografia di tutti di Gertrude Stein, tradotta da Fernanda Pivano. Si indaga anche sul rapporto tra letteratura e rivoluzioni per il centenario della Rivoluzione d'Ottobre.

Info e programma: http://www.festivaletteratura.it/it

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mercoledì 28 giugno 2017

"Nuovi Sguardi Gardesani" - tre fotografi indagano il paesaggio contemporaneo

A dieci anni dall'ultima campagna fotografica di "Sguardi gardesani", il MAG propone un nuovo progetto pluriennale sulla fotografia d'autore volta a indagare il paesaggio contemporaneo nella zona del lago di Garda. Con i lavori di Edoardo Delille, Gabriele Galimberti e Paolo Woods, il Museo dell'Alto Garda inaugura un nuovo percorso espositivo ed editoriale, chiamato per continuità con l'esperienza stessa del museo "Nuovi sguardi gardesani", curato dalla storica della fotografia e photo-editor Giovanna Calvenzi. Le opere di Edoardo Delille, Gabriele Galimberti e Paolo Woods saranno esposte negli spazi del Museo di Riva del Garda dal 1° luglio al 5 novembre 2017. L'inaugurazione della mostra è prevista per venerdì 30 giugno alle ore 21.00. Seguirà festa con dj set a cura di Lorenzo Hugolini, in collaborazione con Consorzio RivainCentro. 

 Sguardi Gardesani è stato un progetto del Museo Civico di Riva del Garda (oggi MAG Museo Alto Garda) che ha prodotto nel corso del decennio a cavallo tra il Novecento e il Duemila cinque mostre e altrettante pubblicazioni. Dal 1997 al 2007 sono stati invitati, per le cinque edizioni realizzate, dieci fotografi di fama internazionale i quali, in un confronto a due, hanno documentato e indagato attraverso le loro visioni diversi aspetti del paesaggio gardesano. Nell'ordine, Gabriele Basilico e Massimo Vitali, John Davies e Martin Parr, Vincenzo Castella e Toni Thorimbert, Jordi Bernadó e Luca Campigotto, Mimmo Jodice e Bernard Plossu. 

L'idea di riprendere, attualizzandolo in questo secondo decennio del nuovo millennio, il progetto Sguardi Gardesani (denominandolo non a caso Nuovi sguardi gardesani), si inserisce nel percorso di indagine mai interrotto del MAG sul paesaggio attraverso la produzione artistica di autori contemporanei, i quali ne sappiano cogliere e interpretare possibili declinazioni e visioni. La ricerca dei tre fotografi proposti da Giovanna Calvenzi per il primo ciclo dei Nuovi sguardi gardesani ha prodotto tre personali narrazioni del paesaggio dell'Alto Garda, frutto delle diverse suggestioni individuali e professionali di ognuno di loro. I lavori di Delille, Galimberti e Woods si traducono infatti in inattese iconografie dei paesaggi umani e naturali, indagati in profondità, che aprono a nuove prospettive sugli istanti fermati nelle immagini di cui riferisce nel seguente testo la curatrice stessa. 

«L’indagine del territorio, nell’edizione 2017 dei Nuovi sguardi gardesani, è stata affidata a tre autori che fanno parte del collettivo Riverboom, non nuovi a raccontare e a mettere a confronto la vita e i paesaggi di Paesi diversi e lontani. Con sguardo allegro, disincantato, ironico, contemplativo, a seconda dei luoghi, delle intenzioni, delle finalità. Per questo progetto hanno deciso tuttavia di non lavorare insieme e hanno scelto tre diversi itinerari. Edoardo Delille ha messo al centro della sua esperienza fotografica il lago di Garda e i suoi frequentatori. Protagoniste del suo lavoro dal titolo Full Immersion sono l’esperienza fisica dell’immersione e l’attesa dell’impatto con l’acqua, affrontate con la collaborazione dei bagnanti che hanno condiviso le sue sperimentazioni visive. Con Vista lago, Gabriele Galimberti ha messo in scena una rappresentazione quasi teatrale nella quale reali agenti immobiliari lo hanno accompagnato a visitare gli appartamenti che vengono offerti ai turisti e che garantiscono la possibilità, appunto, di vedere almeno un pezzetto di lago. Paolo Woods, incuriosito dal luogo comune che vuole che gli abitanti di Riva, per la connotazione del territorio, non vedano né albe né tramonti, ha fotografato il paesaggio dall’alto, affascinato dalle “spade d’ombra” (titolo anche della sua ricerca) che sezionano la visione e disegnano sul paesaggio due campiture nette, di ombra e di luce. Se nei loro progetti precedenti il linguaggio utilizzato dai tre autori tendeva a essere simile, in un dialogo di visioni e di punti di vista, sul Garda ognuno ha scelto un diverso modo di raccontare. Le immagini di Edoardo Delille si concentrano sulla sospensione e sul ritratto, giocano sulla complicità con i suoi soggetti. Gabriele Galimberti utilizza il linguaggio della fotografia di interni per mettere in scena una rappresentazione nella quale il lago e gli agenti immobiliari si contendono il ruolo di protagonista. Paolo Woods realizza immagini secondo la lezione classica della fotografia di paesaggio in grande formato, nella quale i dettagli, nitidissimi, sono da scoprire nelle zone coperte dall’ombra che come una spada sembra sezionare le vallate. Il loro contributo ci regala modi nuovi e diversi di leggere il territorio, ci aiuta a vedere quello che quotidianamente non vediamo, ci insegna anche a sorridere di quello che osserviamo attorno a noi.» Giovanna Calvenzi, 2017

c.s. a cura dell'Ufficio stampa del Museo dell'Alto Garda


sabato 27 maggio 2017

"Il futuro? Sarà un agrodisastro"

«Un tempo la chiamavamo agricoltura. Oggi, quella che si beve il 70% dell’acqua dolce presente sulla Terra, che ha ormai sconvolto i cicli geochimici planetari, che sta portando il nostro pianeta all'agrodisastro, è un'industria vera e propria, riconosciuta come una delle cause del riscaldamento globale». 

Risultati immagini per ariditàÈ un quadro clinico serio quello che Mauro Balboni - bolzanino di origini altogardesane, per 30 anni dirigente di aziende internazionali del settore industriale - descrive nel suo «Il pianeta mangiato-La guerra dell'agricoltura contro la Terra» (ed. Dissensi, pp. 247, 18 euro), un chiaro, denso, profondo tentativo di sintesi sulle criticità insite nel modello di sviluppo alimentare contemporaneo, fonte di interessi di multinazionali più che riferimento alla promozione della sostenibilità, che anziché restituire un senso di sterile catastrofismo invoglia il lettore affinché si faccia carico della propria parte di responsabilità verso la salvaguardia della Terra, pianeta malandato e bellissimo insieme. «Siamo talmente ossessionati dagli effetti che il nostro cibo può aver su noi da aver dimenticato che al momento, più che nutrirlo, il pianeta ce lo stiamo mangiando - spiega l'autore con evidente cognizione di causa, forte della propria esperienza professionale nel campo della ricerca - L’umanità è a un punto di non-ritorno: sta prendendo congedo dall’Olocene (l’Era geologica in cui è nata l’agricoltura, che ci ha fatto proliferare e prosperare) per varcare le soglie di una nuova Era, l’Antropocene, caratterizzata dall’impatto negativo delle attività umane sulla Terra per mezzo di un’alterazione massiccia e sistematica dei processi naturali. Produzione insostenibile, esplosione demografica, uso sregolato di risorse limitate come acqua e terra fertile, deforestazione e degrado ambientale, incapacità di percepire il cambiamento climatico, estinzione delle specie viventi, superamento della metà dei limiti di sopravvivenza della biosfera classificati dagli scienziati, ci stanno conducendo ad uno scenario in cui la Terra appare ormai un pianeta “tossico”. Quello che abbiamo fatto per più di 10.000 anni non è più replicabile e prima di rimanere senz’acqua o terra fertile dobbiamo iniziare a pensare in modo diverso al cibo, a come procurarcelo». 

E Il pianeta mangiato ce lo spiega? «Va detto che il libro non dà ricette salva-umanità: è piuttosto un volume che analizza il nostro “pane quotidiano” e il suo costo in termini ambientali, che presenta dati, fa riflettere, capire, che lascia sgomenti, fa domande scomode ma stimolanti, ma che propone anche soluzioni». In poche parole, un’investigazione sui motivi che hanno condotto la Terra allo stato attuale nonché un invito a cercare alternative condivisibili per permettere all'uomo di fronteggiare l’enorme sforzo di adattamento al quale sarà chiamato per raggiungere la sicurezza alimentare nel mondo di domani. Stringendo il focus sul suo ambito d’elezione, Mauro Balboni osserva infatti come già oggi il mercato del cibo sia incompatibile con il pianeta e come a mangiare con regolarità siano già 6 miliardi e mezzo di persone, «... numero che entro 35 anni e in un contesto climatico cambiato salirà a quasi 10 miliardi, di cui buona parte in Paesi con economie emergenti (già oggi, ad esempio, in Cina il consumo di carne è triplicato rispetto al passato e il numero di pasti consumati in fast food sestuplicato). Appare quindi molto poco probabile che si possa continuare a produrre le stesse cose di ora e negli stessi posti: in un prossimo futuro il grano per la pasta potrebbe arrivare dalla Siberia, i pomodori dai tetti del nostro quartiere e le proteine dai batteri di un laboratorio. Dovremo parlare di agricoltura verticale o urbana».

Ma siamo consapevoli della portata dell’agrodisastro? Quanti conoscono il ruolo esercitato su di esso dalla nostra alimentazione? E soprattutto: ci sono alternative? Per rispondere l'autore sfata miti ormai radicati, quali le virtù dell’agricoltura, l’intoccabilità della tradizione contadina e la retorica del buon tempo andato secondo cui il cibo deve essere naturale. «Dopo l’invenzione dell’agricoltura non c’è più stato nulla di “naturale” - conclude Balboni - Oggi, per produrre carni bianche in Europa e Cina, si usano mangimi di soia sudamericana, proveniente anche dalle aree deforestate del Mato Grosso. Così come, per una quantità indefinita di usi alimentari e non, si continua ad impiegare olio di palma, altra causa di deforestazione. Eppure né soia né palma da olio sono insostituibili. Bene la filiera corta, bene i gruppi di acquisto solidale, bene i no-Ogm: le singole azioni volontarie però non bastano. Ogni giorno un miliardo e mezzo di tonnellate di ghiaccio finiscono in mare e ogni anno vengono battuti record di alte temperature. La scala dei problemi è ormai tale che abbiamo solo una scelta: creare una massa critica impattante al punto da far sì che questi temi entrino a far parte delle agende politiche, dalle singole comunità fino all'UE e alle Nazioni unite, non solo sotto forma di accordi ma di governance globale del cibo in grado di limitare il disastro. Bisogna insomma tornare a riconoscere i limiti fisico-chimici e biologici dell’ecosistema terrestre. Il nostro pianeta l'abbiamo già spremuto abbastanza, ora dobbiamo inventare qualcosa di nuovo. Le risorse per farlo ci sarebbero: ogni giorno i Paesi dell'Ocse versano quasi un miliardo di dollari in sussidi ad agricoltori e allevatori. Dovremmo cominciare ad usare quel denaro per cambiare le filiere alimentari, renderle resilienti al cambiamento climatico, produrre il nostro “pane quotidiano” assieme alla biosfera, non più contro di essa come abbiamo fatto finora». 

L'autore: per oltre trent’anni, Mauro Balboni (bolzanino, laureato in Scienze Agrarie all’Università di Bologna) è stato dirigente nel settore dell’agroindustria internazionale. Si è occupato sia di ricerca e sviluppo che di politiche governative, muovendosi soprattutto tra Austria e Inghilterra. Oggi vive in Svizzera. «Il pianeta mangiato» è il suo secondo libro (dopo aver pubblicato nel 1996 «Il paese alto») e verrà presentato presso la Biblioteca di Bezzecca il 17 agosto prossimo.

fonte: Paola Malcotti - giornale l'Adige di venerdì 26 maggio 2017

lunedì 10 aprile 2017

In lungo e in largo per l'Italia - per Panini Comics tornano Asterix e Obelix

Asterix e Obelix sbarcano in Italia, in un'avventura che li porterà in tante regioni del nostro Paese, da nord a sud, ma non a Roma. Accadrà nell'album numero 37, il terzo firmato da Jean-Yves Ferri, autore dei testi, e Didier Conrad, autore dei disegni, di cui sono stati svelati il titolo, Asterix e la corsa d'Italia e l'uscita nel nostro Paese, il 26 ottobre 2017, per Panini Comics nella traduzione di Vania Vitali e Andrea Toscani, nell'ambito della "Fiera del Libro per Ragazzi" di Bologna. 

Risultati immagini per panini comics asterix ferri conrad«Ci sarà più humour, più azione. Piacerà soprattutto ai più piccoli. Abbiamo trovato la chiave per visitare più regioni italiane, ma eviteremo Roma. Non necessariamente Asterix e Obelix si scontreranno con i legionari romani anche se nelle regioni li incontreranno. Non sono stato fedele alla storia in modo pedissequo, ho dovuto un po' barare. Ovviamente con Didier abbiamo scelto le città italiane più conosciute all'estero. Facciamo apparire Firenze nel momento dell'antichità romana e c'è anche Venezia in omaggio ad Albert Uderzo che è veneziano», spiega Ferri che ha 57 anni ed è già nonno. 

Il terzo album di Ferri e Conrad arriva in un anno speciale, il 2017, in cui Albert Uderzo compie 90 anni e in cui viene ricordato il 40° anniversario della morte di Renè Goscinny, i due grandi maestri creatori del successo francofono e mondiale. «Credo che il pubblico resterà sorpreso e sono convinto che la traduzione italiana potrà giocare sulle inflessioni dialettali dei vari personaggi più di quella francese. Possiamo poi ritradurre l'italiano in francese» dice scherzando Ferri. «È una vera e propria traversata dell'Italia, ma non è stata una scelta facile. L'Italia è un Paese difficile da riassumere, è talmente complessa e ricca che avremmo potuto fare tre album», racconta Didier Conrad. Insomma, in questa scorribanda - che in Francia uscirà il 19 ottobre per Hachette - che riserva molte sorprese, ambientata nel 50 a.C., con Cesare che sogna un'Italia unificata, gli eroi Galli tornano a stupire.