venerdì 30 dicembre 2011

"Ma io devo parlare per molte donne..."


Esiste una specificità femminile nella scrittura?
Le donne scrivono in modo diverso dagli uomini? Esiste sempre, a prescindere dal tema trattato, un’ottica femminile?
Non sono domande semplici.

La parola è un’esigenza insopprimibile. Essa apre le porte dell’anima, è viaggio di noi e del nostro rapporto con gli altri. Eppure la parola, fatto usuale e normale per gli uomini, per la donna è conquista relativamente recente.
La donna da una parte ha un rapporto privilegiato con la parola, quello della chiacchiera, della narrazione, dell’affabulazione, ma esso si esplica su un territorio ininfluente, mentre la parola autorevole, quella che dà accesso alla comunicazione forte e alla decisionalità, le è preclusa.
La detentrice di parole che racchiudono una forma di potere, le parole delle formule, dei riti, in passato è stata vista come pericolosa. E la medichessa, la guaritrice, è diventata spesso “la strega”.
Per quanto riguarda la parola “forte” la donna è invece stata per molto tempo confinata nello spazio tra il silenzio dell’esclusione e il grido della follia. O muta, o matta.

E se la parola è già conquista, la scrittura, che “conferma” la parola e le dà durata e memoria, è la più forte e trasgressiva delle conquiste. La scrittura ha una straordinaria valenza simbolica: è il potere degli iniziati, dei sacerdoti, degli scribi,è potere non solo di espressione e comunicazione, ma di gestione dei “segni”, di interazione tra la mente e le cose. E per la donna è identificazione, conferma del Sé come individuo e come genere.
Ogni donna che matura una sua consapevolezza e riesce a darvi forma non parla solo per sé, ma parla per tutte le donne. Anche per le escluse, le dimenticate, quelle che non possono farlo. Come dice Anais Nin : “Non è solo la donna Anais che deve parlare, ma io devo parlare per molte donne”.

Infine, una considerazione sulla situazione di oggi. La donna che scrive non fa più notizia né scandalo anzi, fa tendenza. E moltissime sono le donne che pubblicano distinguendosi anche nei più prestigiosi premi letterari. Distanziato ormai il momento della rabbia, della rivendicazione, essa può affrontare ogni altro argomento, ogni tematica a cui regalare la ricchezza ineguagliabile della propria visione, della propria coloritura.
Siamo ormai arrivate, dopo tanti anni, con tutte le strade del pensiero aperte, là dove gli uomini erano già secoli fa. Potrebbe sembrare una situazione ideale. Ma è veramente così?
Io non so se davvero oggi le donne passeggiano libere nei viali della scrittura: riconoscere il proprio bisogno interiore e seguirlo senza curarsi delle convenienze e delle conseguenze, è trasgressione; poter seguire il proprio bisogno interiore senza conseguenze negative per sé e per gli altri, è libertà.
E non credo che questo, oggi, ci sia.

Credo che la parità tra i sessi non sia raggiunta e che la donna sia ancora troppo spesso “straniera”. Credo che l’uomo preferisca ancora una “geisha” a una compagna e guardi ancora con diffidenza alla donna intelligente e/o sessualmente libera.

E credo infine che nonostante si pubblichi molto, non sempre gli scritti delle donne si stacchino da quello status attribuito loro che si limita ad essere considerato di livello medio e banale.

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