La poetica basata sul difficile rapporto tra corpo e anima è già stata trattata, anche in tempi non lontani, da diversi artisti. Il fascino dell'inedita rassegna fotografica, realizzata con le immagini di Michela Goretti, Carlo Ferrara, Laura Zinetti, e dei tre autori di CrazyClick (alias Paola Santoni, Germana Frizzi e Christian Rossi), interamente curata da Enrico Fuochi e dall'associazione culturale Art Vision, che verrà inaugurata sabato 17 novembre alle ore 17 presso la Galleria "Torre Mirana" - Palazzo Thun - di via Belenzani a Trento, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, del Comune di Trento e di Riva del Garda, sta non tanto nell'originalità della tematica trattata ma nell'interpretazione che ne viene data dai singoli autori. Che, nel difficile e delicato ruolo di curatore e autore, Enrico Fuochi ha selezionato dopo aver visionato e valutato la capacità interpretativa che emerge da alcune loro immagini.
"Il surrealismo in esse contenuto - spiega - ha fatto nascere in me l'idea di riunirle in una raccolta che, avvalendosi del medium fotografico, affronti una tematica indubbiamente impegnativa e che dia voce alle forze della fantasia, del sogno e dell'irrazionale. Sono fotografie in cui è manifesto il funzionamento reale del pensiero che, al di fuori di ogni vincolo razionale, estetico, morale, s'ispira all'inconscio dell'uomo. L'aver sviluppato questa mia idea, che ha portato ad assemblare la rassegna fotografica, è per me una sfida ai luoghi comuni. Il privilegiare l'aspetto concettuale, parlando del corpo inteso come figura e utilizzarlo come medium per indagare nel contempo l'anima attraverso le sue forme più velate, le sue attività, le sue posture, gli sguardi infantili e non, i giochi, le angosce, la sua voglia di evadere, è cosa non sempre presente nelle contemporanee rassegne".
E' così che nelle immagini dei singoli autori coinvolti nel progetto, il corpo è rappresentato sì come una semplice entità materiale ma anche come un'essenza che fa trasparire un'anima intesa solo come un palpabile ritratto interiore di un sentimento o di un desiderio, che a volte è vera utopia o visione onirica, ma che in ogni caso costituisce una costellazione di micro-narrazioni connesse tra loro da memoria episodica, gestuale o biografica.
"Questa rassegna rappresenta inoltre un originale percorso di approfondimento concettuale del rapporto tra l'etereo e il materiale - scrive il presidente del Consiglio provinciale di Trento Bruno Dorigatti nella prefazione del catalogo - Gli scatti degli autori hanno infatti una valenza che rimanda anche al linguaggio della memoria della nostra storia dell'Autonomia. Una memoria che deve essere sempre rivitalizzata, rinforzata ed evocata su un piano di raccordo costante con la realtà di tutti i giorni. Il concetto di anima ci riporta ad una visione soggettiva dell'Io, quasi a simbolizzare il massimo grado di espressività laddove si unisce alla creatività degli altri".
La mostra fotografica "Il corpo e l'anima" rimarrà visitabile fino al 9 dicembre, con orario 16-19 da martedì a domenica.
... dalla Divina Commedia ad Harry Potter, passando per Gutenberg, gli e-books, i social-media, la grammatica italiana e le recensioni, la poesia e i classici, la letteratura per i bambini di ieri, oggi e domani, la fotografia e l'arte, le nuove forme di comunicazione... e giù giù fino all'editoria, alle biblioteche, agli incipit, agli appuntamenti letterari, alle mostre, alle novità, agli esordienti. Per i quali - non lo nego - ho un debole...
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lunedì 12 novembre 2018
"Il corpo e l'anima" - si inaugura a Trento la rassegna fotografica che esplora l'Io, tra sogno e realtà
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martedì 3 luglio 2018
Sei un giovane fotografo e hai un progetto nel cassetto? Ecco il concorso che fa per te!
Hai meno di 30 anni e nel tuo cassetto c'è un progetto fotografico che racconta di "Diritti e conflitti"? E' giunto il momento di usarlo! Hai tempo fino al 15 luglio per partecipare alla 6° edizione della Biennale dei giovani fotografi italiani, organizzata dal CIFA-Centro Italiano della Fotografia d’Autore di Bibbiena (AR) in collaborazione con FIAF-Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e riservata ai giovani fotografi nati a partire dal 01/01/1988, sia con iscrizione individuale (sezione A) che attraverso Scuole di fotografia (sezione B).
Tema della Biennale è, appunto, "Diritti e conflitti - Lavoro, casa, salute, istruzione: il ridimensionamento dello stato sociale".
La partecipazione è gratuita e non è necessario essere soci FIAF. Agli autori selezionati la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche garantirà un contributo economico fino ad un massimo di 200 euro per l’allestimento della propria mostra/istallazione e ampia visibilità sui media e canali social nazionali.
Il bando di concorso è scaricabile a questo link: www.centrofotografia.org/informations/attivita/189
Tema della Biennale è, appunto, "Diritti e conflitti - Lavoro, casa, salute, istruzione: il ridimensionamento dello stato sociale".
La partecipazione è gratuita e non è necessario essere soci FIAF. Agli autori selezionati la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche garantirà un contributo economico fino ad un massimo di 200 euro per l’allestimento della propria mostra/istallazione e ampia visibilità sui media e canali social nazionali.
Il bando di concorso è scaricabile a questo link: www.centrofotografia.org/informations/attivita/189
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giovedì 31 maggio 2018
"Feed the Change 2.0" - dagli studenti dell'Alberghiera una mostra fotografica sui disturbi alimentari
Un tema delicato, doloroso e più attuale di quel che si pensi, affrontato con un linguaggio semplice, diretto, immediato, mai invasivo né biasimevole, da chi, con quel tema, molto spesso è chiamato a confrontarsi - per via dell'età, la più bella e la più critica, per via di quegli sguardi cui una professione può alle volte portare ad avere un occhio di riguardo.
E' l'ampia sfera dei disturbi alimentari quella trattata nel progetto "Feed the Change 2.0" elaborato dagli studenti delle classi quinte del Centro di formazione professionale-Alberghiero di Riva del Garda, che attraverso un percorso fotografico sviluppato durante l'attività didattica sulla piattaforma più amata e usata dai giovani, Instagram, hanno sapientemente costruito una mostra vera e propria, restituita in questi giorni sia ai compagni di scuola che alla comunità altogardesana e trentina.
Mettendosi in gioco in prima persona, i ragazzi hanno prodotto un sapiente ed indovinato mix di contributi video, di didascalici spunti di riflessione, di immagini chiare e dirette, di figure simboliche, con l'intento di invitare il visitatore - adolescente o adulto che sia - a soffermarsi sia sugli aspetti sociali che su quelli sanitari di anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata, senza tuttavia dimenticare mai di focalizzare l'attenzione sulle fragilità, sulla solitudine, sulle insicurezze e su tutte quelle emozioni che costituiscono il bagaglio con cui i giovani di oggi devono con-vivere.
La bontà del progetto, cui va tutto il mio plauso per l'idea e la realizzazione, può essere riassunta in un intelligente messaggio di speranza e bellezza che dimostra quanto le nuove generazioni siano capaci di generare grazie agli strumenti 2.0, loro congeniali, e al fiducioso appoggio del mondo degli adulti - un messaggio che faccio mio e rilancio in rete a quanti vogliano condividere, riconoscendosi nelle parole: "Migliorare è sempre possibile ma è bene anche imparare ad amarsi e accettarsi!"
E' l'ampia sfera dei disturbi alimentari quella trattata nel progetto "Feed the Change 2.0" elaborato dagli studenti delle classi quinte del Centro di formazione professionale-Alberghiero di Riva del Garda, che attraverso un percorso fotografico sviluppato durante l'attività didattica sulla piattaforma più amata e usata dai giovani, Instagram, hanno sapientemente costruito una mostra vera e propria, restituita in questi giorni sia ai compagni di scuola che alla comunità altogardesana e trentina.
Mettendosi in gioco in prima persona, i ragazzi hanno prodotto un sapiente ed indovinato mix di contributi video, di didascalici spunti di riflessione, di immagini chiare e dirette, di figure simboliche, con l'intento di invitare il visitatore - adolescente o adulto che sia - a soffermarsi sia sugli aspetti sociali che su quelli sanitari di anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata, senza tuttavia dimenticare mai di focalizzare l'attenzione sulle fragilità, sulla solitudine, sulle insicurezze e su tutte quelle emozioni che costituiscono il bagaglio con cui i giovani di oggi devono con-vivere.
La bontà del progetto, cui va tutto il mio plauso per l'idea e la realizzazione, può essere riassunta in un intelligente messaggio di speranza e bellezza che dimostra quanto le nuove generazioni siano capaci di generare grazie agli strumenti 2.0, loro congeniali, e al fiducioso appoggio del mondo degli adulti - un messaggio che faccio mio e rilancio in rete a quanti vogliano condividere, riconoscendosi nelle parole: "Migliorare è sempre possibile ma è bene anche imparare ad amarsi e accettarsi!"
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martedì 15 maggio 2018
"La lista di Candido" - ovvero la storia di una fabbrica tra magnesia, amianto e lavoro
Venerdì 18 maggio alle 18.00 al Museo di Riva del Garda avranno luogo l'inaugurazione della mostra e la presentazione del libro "La lista di Candido. I lavoratori della Collotta & Cis di Molina di Ledro tra magnesia, amianto e lavoro", frutto di una ricerca storica, socio-economica e sanitaria realizzata nel corso degli ultimi due anni dall'associazione Araba Fenice in collaborazione con il medico Giuseppe Parolari e il Circolo Fotoamatori Valle di Ledro, da cui è nato un volume di oltre duecento pagine edito da MAG-Museo Alto Garda che ripercorre la storia della fabbrica Collotta Cis & Figli di Molina, attiva tra il 1900 e il 1979, e di tutto ciò che riguarda l’epopea "della magnesia” in Valle di Ledro.
Data la preziosa quantità di materiali raccolti nel corso della ricerca e la disponibilità di una rilevante documentazione fotografica sia storica che contemporanea, si è voluto rendere conto di questo importante spaccato di storia industriale e umana anche attraverso una mostra, nella quale verrà esposta una parte significativa di materiali documentali e fotografici, di video-interviste e reperti raccolti, affiancati da un percorso fotografico contemporaneo realizzato dal Circolo Fotoamatori Valle di Ledro e curato da Luca Chistè.
Domenica 20 maggio sono previste invece due visite guidate gratuite alla mostra, alle 14.00 e alle 16.00, in occasione dell'iniziativa "Palazzi Aperti".
La mostra rimarrà poi visitabile fino all'8 luglio 2018.
Data la preziosa quantità di materiali raccolti nel corso della ricerca e la disponibilità di una rilevante documentazione fotografica sia storica che contemporanea, si è voluto rendere conto di questo importante spaccato di storia industriale e umana anche attraverso una mostra, nella quale verrà esposta una parte significativa di materiali documentali e fotografici, di video-interviste e reperti raccolti, affiancati da un percorso fotografico contemporaneo realizzato dal Circolo Fotoamatori Valle di Ledro e curato da Luca Chistè.
Domenica 20 maggio sono previste invece due visite guidate gratuite alla mostra, alle 14.00 e alle 16.00, in occasione dell'iniziativa "Palazzi Aperti".
La mostra rimarrà poi visitabile fino all'8 luglio 2018.
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domenica 17 dicembre 2017
Libri: sotto l'albero di Natale di quest'anno, mettete Tempo e Qualità
Stavo pensando ad un nuovo post, in tema natalizio. Uno di quelli "cosa regalare e cosa regalarsi". Uno di quelli sulle strenne, per intenderci - perché anche in vista delle feste con un libro non si sbaglia mai (più o meno).
Ho dato un'occhiata alla rete, alle proposte, ai suggerimenti, ai consigli, alle novità. Niente da fare, è più forte di me: non vi propinerò l'ultimo romanzo di Camilleri, di Dan Brown, di Jovanotti. E soprattutto, lungi da me l'idea di spingervi a comperare qualcosa - che sia il primo o l'ultimo libro - di Fabio Volo. Piuttosto, nessun regalo!
E allora, cosa consigliare per andare a colpo sicuro e non fare figuracce? Partirei da un paio di presupposti: non è detto che quel che piace a voi, genere letterario o autore che sia, piaccia anche agli altri, così come non è detto che i best-seller alla fin dei conti così "best" in fatto di qualità lo siano per davvero.
Certo, i classici sono un evergreen, ma tenete bene a mente che lo sono anche sotto l'albero. E se ad un classico non si può mai dire di no, è altrettanto vero che non sarete gli unici a ripiegare su questa scelta (con il rischio magari di trovarvi tra le mani un Piccolo principe che il nipotino ha già ricevuto tre volte negli ultimi tre Natali!).
Un evergreen lo sono pure i manuali, sia che si tratti di cucina, di bricolage, di giardinaggio, di fotografia. Ma attenzione: prima di lanciarvi nell'acquisto di un volume su come potare correttamente le rose o come realizzare immagini digitali da copertina, tastate il terreno, per capire se il destinatario del regalo non sia già qualche livello più avanti rispetto quanto contenuto nel volume da voi individuato.
Cosa regalare, dunque? Guardandomi in giro, leggendo molto (quest'anno ho superato la soglia dei 70 libri), navigando in rete, due cose mi son saltate all'occhio: la qualità dei libri proposti in libreria è sempre più scadente (sintomo non di scelte dovute ai singoli librai, o per lo meno non a quelli piccoli e indipendenti - cosa diversa invece per quanto riguarda le grandi catene, che puntano ovviamente ad un vasto pubblico omologato e al commercio fine a se stesso), il valore che diamo al tempo - per noi stessi e per gli altri - va sempre più riducendosi al lumicino.
Quest'anno, per Natale, regalate dunque Tempo e Qualità. Prendetevi Tempo, per parlare con chi vi sta di fronte, capire i gusti, gli interessi, condividere i sogni e i desideri: solo così, entrando in libreria, saprete esattamente cosa acquistare (ricordate, che quello del Tempo è e rimane sempre il regalo migliore). E donate Qualità, nei rapporti con gli altri e con voi stessi: non affidate i vostri auguri ad un banale, freddo, impersonale (e molto spesso, ahimè grammaticalmente scorretto) messaggio in chat - ma telefonate, presentatevi alla porta, stringete la mano: gli auguri saranno sinceri e il libro che donerete racconterà qualcosa di voi.
Auguri di cuore, allora - ma di Cuore davvero.
Ho dato un'occhiata alla rete, alle proposte, ai suggerimenti, ai consigli, alle novità. Niente da fare, è più forte di me: non vi propinerò l'ultimo romanzo di Camilleri, di Dan Brown, di Jovanotti. E soprattutto, lungi da me l'idea di spingervi a comperare qualcosa - che sia il primo o l'ultimo libro - di Fabio Volo. Piuttosto, nessun regalo!
E allora, cosa consigliare per andare a colpo sicuro e non fare figuracce? Partirei da un paio di presupposti: non è detto che quel che piace a voi, genere letterario o autore che sia, piaccia anche agli altri, così come non è detto che i best-seller alla fin dei conti così "best" in fatto di qualità lo siano per davvero.
Certo, i classici sono un evergreen, ma tenete bene a mente che lo sono anche sotto l'albero. E se ad un classico non si può mai dire di no, è altrettanto vero che non sarete gli unici a ripiegare su questa scelta (con il rischio magari di trovarvi tra le mani un Piccolo principe che il nipotino ha già ricevuto tre volte negli ultimi tre Natali!).
Un evergreen lo sono pure i manuali, sia che si tratti di cucina, di bricolage, di giardinaggio, di fotografia. Ma attenzione: prima di lanciarvi nell'acquisto di un volume su come potare correttamente le rose o come realizzare immagini digitali da copertina, tastate il terreno, per capire se il destinatario del regalo non sia già qualche livello più avanti rispetto quanto contenuto nel volume da voi individuato.
Cosa regalare, dunque? Guardandomi in giro, leggendo molto (quest'anno ho superato la soglia dei 70 libri), navigando in rete, due cose mi son saltate all'occhio: la qualità dei libri proposti in libreria è sempre più scadente (sintomo non di scelte dovute ai singoli librai, o per lo meno non a quelli piccoli e indipendenti - cosa diversa invece per quanto riguarda le grandi catene, che puntano ovviamente ad un vasto pubblico omologato e al commercio fine a se stesso), il valore che diamo al tempo - per noi stessi e per gli altri - va sempre più riducendosi al lumicino.
Quest'anno, per Natale, regalate dunque Tempo e Qualità. Prendetevi Tempo, per parlare con chi vi sta di fronte, capire i gusti, gli interessi, condividere i sogni e i desideri: solo così, entrando in libreria, saprete esattamente cosa acquistare (ricordate, che quello del Tempo è e rimane sempre il regalo migliore). E donate Qualità, nei rapporti con gli altri e con voi stessi: non affidate i vostri auguri ad un banale, freddo, impersonale (e molto spesso, ahimè grammaticalmente scorretto) messaggio in chat - ma telefonate, presentatevi alla porta, stringete la mano: gli auguri saranno sinceri e il libro che donerete racconterà qualcosa di voi.
Auguri di cuore, allora - ma di Cuore davvero.
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domenica 24 settembre 2017
Considerazioni #pt.1
.sempre più libri
ma sempre meno Libri.
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sabato 27 maggio 2017
"Il futuro? Sarà un agrodisastro"
«Un tempo la chiamavamo agricoltura. Oggi, quella che si beve il 70% dell’acqua dolce presente sulla Terra, che ha ormai sconvolto i cicli geochimici planetari, che sta portando il nostro pianeta all'agrodisastro, è un'industria vera e propria, riconosciuta come una delle cause del riscaldamento globale».
È un quadro clinico serio quello che Mauro Balboni - bolzanino di origini altogardesane, per 30 anni dirigente di aziende internazionali del settore industriale - descrive nel suo «Il pianeta mangiato-La guerra dell'agricoltura contro la Terra» (ed. Dissensi, pp. 247, 18 euro), un chiaro, denso, profondo tentativo di sintesi sulle criticità insite nel modello di sviluppo alimentare contemporaneo, fonte di interessi di multinazionali più che riferimento alla promozione della sostenibilità, che anziché restituire un senso di sterile catastrofismo invoglia il lettore affinché si faccia carico della propria parte di responsabilità verso la salvaguardia della Terra, pianeta malandato e bellissimo insieme. «Siamo talmente ossessionati dagli effetti che il nostro cibo può aver su noi da aver dimenticato che al momento, più che nutrirlo, il pianeta ce lo stiamo mangiando - spiega l'autore con evidente cognizione di causa, forte della propria esperienza professionale nel campo della ricerca - L’umanità è a un punto di non-ritorno: sta prendendo congedo dall’Olocene (l’Era geologica in cui è nata l’agricoltura, che ci ha fatto proliferare e prosperare) per varcare le soglie di una nuova Era, l’Antropocene, caratterizzata dall’impatto negativo delle attività umane sulla Terra per mezzo di un’alterazione massiccia e sistematica dei processi naturali. Produzione insostenibile, esplosione demografica, uso sregolato di risorse limitate come acqua e terra fertile, deforestazione e degrado ambientale, incapacità di percepire il cambiamento climatico, estinzione delle specie viventi, superamento della metà dei limiti di sopravvivenza della biosfera classificati dagli scienziati, ci stanno conducendo ad uno scenario in cui la Terra appare ormai un pianeta “tossico”. Quello che abbiamo fatto per più di 10.000 anni non è più replicabile e prima di rimanere senz’acqua o terra fertile dobbiamo iniziare a pensare in modo diverso al cibo, a come procurarcelo».
E Il pianeta mangiato ce lo spiega? «Va detto che il libro non dà ricette salva-umanità: è piuttosto un volume che analizza il nostro “pane quotidiano” e il suo costo in termini ambientali, che presenta dati, fa riflettere, capire, che lascia sgomenti, fa domande scomode ma stimolanti, ma che propone anche soluzioni». In poche parole, un’investigazione sui motivi che hanno condotto la Terra allo stato attuale nonché un invito a cercare alternative condivisibili per permettere all'uomo di fronteggiare l’enorme sforzo di adattamento al quale sarà chiamato per raggiungere la sicurezza alimentare nel mondo di domani. Stringendo il focus sul suo ambito d’elezione, Mauro Balboni osserva infatti come già oggi il mercato del cibo sia incompatibile con il pianeta e come a mangiare con regolarità siano già 6 miliardi e mezzo di persone, «... numero che entro 35 anni e in un contesto climatico cambiato salirà a quasi 10 miliardi, di cui buona parte in Paesi con economie emergenti (già oggi, ad esempio, in Cina il consumo di carne è triplicato rispetto al passato e il numero di pasti consumati in fast food sestuplicato). Appare quindi molto poco probabile che si possa continuare a produrre le stesse cose di ora e negli stessi posti: in un prossimo futuro il grano per la pasta potrebbe arrivare dalla Siberia, i pomodori dai tetti del nostro quartiere e le proteine dai batteri di un laboratorio. Dovremo parlare di agricoltura verticale o urbana».
Ma siamo consapevoli della portata dell’agrodisastro? Quanti conoscono il ruolo esercitato su di esso dalla nostra alimentazione? E soprattutto: ci sono alternative? Per rispondere l'autore sfata miti ormai radicati, quali le virtù dell’agricoltura, l’intoccabilità della tradizione contadina e la retorica del buon tempo andato secondo cui il cibo deve essere naturale. «Dopo l’invenzione dell’agricoltura non c’è più stato nulla di “naturale” - conclude Balboni - Oggi, per produrre carni bianche in Europa e Cina, si usano mangimi di soia sudamericana, proveniente anche dalle aree deforestate del Mato Grosso. Così come, per una quantità indefinita di usi alimentari e non, si continua ad impiegare olio di palma, altra causa di deforestazione. Eppure né soia né palma da olio sono insostituibili. Bene la filiera corta, bene i gruppi di acquisto solidale, bene i no-Ogm: le singole azioni volontarie però non bastano. Ogni giorno un miliardo e mezzo di tonnellate di ghiaccio finiscono in mare e ogni anno vengono battuti record di alte temperature. La scala dei problemi è ormai tale che abbiamo solo una scelta: creare una massa critica impattante al punto da far sì che questi temi entrino a far parte delle agende politiche, dalle singole comunità fino all'UE e alle Nazioni unite, non solo sotto forma di accordi ma di governance globale del cibo in grado di limitare il disastro. Bisogna insomma tornare a riconoscere i limiti fisico-chimici e biologici dell’ecosistema terrestre. Il nostro pianeta l'abbiamo già spremuto abbastanza, ora dobbiamo inventare qualcosa di nuovo. Le risorse per farlo ci sarebbero: ogni giorno i Paesi dell'Ocse versano quasi un miliardo di dollari in sussidi ad agricoltori e allevatori. Dovremmo cominciare ad usare quel denaro per cambiare le filiere alimentari, renderle resilienti al cambiamento climatico, produrre il nostro “pane quotidiano” assieme alla biosfera, non più contro di essa come abbiamo fatto finora».
L'autore: per oltre trent’anni, Mauro Balboni (bolzanino, laureato in Scienze Agrarie all’Università di Bologna) è stato dirigente nel settore dell’agroindustria internazionale. Si è occupato sia di ricerca e sviluppo che di politiche governative, muovendosi soprattutto tra Austria e Inghilterra. Oggi vive in Svizzera. «Il pianeta mangiato» è il suo secondo libro (dopo aver pubblicato nel 1996 «Il paese alto») e verrà presentato presso la Biblioteca di Bezzecca il 17 agosto prossimo.
fonte: Paola Malcotti - giornale l'Adige di venerdì 26 maggio 2017
E Il pianeta mangiato ce lo spiega? «Va detto che il libro non dà ricette salva-umanità: è piuttosto un volume che analizza il nostro “pane quotidiano” e il suo costo in termini ambientali, che presenta dati, fa riflettere, capire, che lascia sgomenti, fa domande scomode ma stimolanti, ma che propone anche soluzioni». In poche parole, un’investigazione sui motivi che hanno condotto la Terra allo stato attuale nonché un invito a cercare alternative condivisibili per permettere all'uomo di fronteggiare l’enorme sforzo di adattamento al quale sarà chiamato per raggiungere la sicurezza alimentare nel mondo di domani. Stringendo il focus sul suo ambito d’elezione, Mauro Balboni osserva infatti come già oggi il mercato del cibo sia incompatibile con il pianeta e come a mangiare con regolarità siano già 6 miliardi e mezzo di persone, «... numero che entro 35 anni e in un contesto climatico cambiato salirà a quasi 10 miliardi, di cui buona parte in Paesi con economie emergenti (già oggi, ad esempio, in Cina il consumo di carne è triplicato rispetto al passato e il numero di pasti consumati in fast food sestuplicato). Appare quindi molto poco probabile che si possa continuare a produrre le stesse cose di ora e negli stessi posti: in un prossimo futuro il grano per la pasta potrebbe arrivare dalla Siberia, i pomodori dai tetti del nostro quartiere e le proteine dai batteri di un laboratorio. Dovremo parlare di agricoltura verticale o urbana».
Ma siamo consapevoli della portata dell’agrodisastro? Quanti conoscono il ruolo esercitato su di esso dalla nostra alimentazione? E soprattutto: ci sono alternative? Per rispondere l'autore sfata miti ormai radicati, quali le virtù dell’agricoltura, l’intoccabilità della tradizione contadina e la retorica del buon tempo andato secondo cui il cibo deve essere naturale. «Dopo l’invenzione dell’agricoltura non c’è più stato nulla di “naturale” - conclude Balboni - Oggi, per produrre carni bianche in Europa e Cina, si usano mangimi di soia sudamericana, proveniente anche dalle aree deforestate del Mato Grosso. Così come, per una quantità indefinita di usi alimentari e non, si continua ad impiegare olio di palma, altra causa di deforestazione. Eppure né soia né palma da olio sono insostituibili. Bene la filiera corta, bene i gruppi di acquisto solidale, bene i no-Ogm: le singole azioni volontarie però non bastano. Ogni giorno un miliardo e mezzo di tonnellate di ghiaccio finiscono in mare e ogni anno vengono battuti record di alte temperature. La scala dei problemi è ormai tale che abbiamo solo una scelta: creare una massa critica impattante al punto da far sì che questi temi entrino a far parte delle agende politiche, dalle singole comunità fino all'UE e alle Nazioni unite, non solo sotto forma di accordi ma di governance globale del cibo in grado di limitare il disastro. Bisogna insomma tornare a riconoscere i limiti fisico-chimici e biologici dell’ecosistema terrestre. Il nostro pianeta l'abbiamo già spremuto abbastanza, ora dobbiamo inventare qualcosa di nuovo. Le risorse per farlo ci sarebbero: ogni giorno i Paesi dell'Ocse versano quasi un miliardo di dollari in sussidi ad agricoltori e allevatori. Dovremmo cominciare ad usare quel denaro per cambiare le filiere alimentari, renderle resilienti al cambiamento climatico, produrre il nostro “pane quotidiano” assieme alla biosfera, non più contro di essa come abbiamo fatto finora».
L'autore: per oltre trent’anni, Mauro Balboni (bolzanino, laureato in Scienze Agrarie all’Università di Bologna) è stato dirigente nel settore dell’agroindustria internazionale. Si è occupato sia di ricerca e sviluppo che di politiche governative, muovendosi soprattutto tra Austria e Inghilterra. Oggi vive in Svizzera. «Il pianeta mangiato» è il suo secondo libro (dopo aver pubblicato nel 1996 «Il paese alto») e verrà presentato presso la Biblioteca di Bezzecca il 17 agosto prossimo.
fonte: Paola Malcotti - giornale l'Adige di venerdì 26 maggio 2017
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martedì 14 marzo 2017
Con "La grande via" di Luigi Fontana e Franco Berrino i segreti della longevità
«Vivere
più a lungo si può». Come? Secondo Luigi
Fontana
(medico
e scienziato di origini altogardesane, tra i massimi esperti mondiali
nel campo della nutrizione), che con il contributo di
Franco
Berrino
(medico
ed epidemiologo, direttore del Dipartimento di medicina preventiva
dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano) ha
da poco pubblicato “La
grande via”,
il segreto della longevità consisterebbe
nella combinazione di buone abitudini, volte da un lato a nutrire il
corpo con la giusta quantità di cibo sano e dall'altro a mantenerlo
in forma, sia con un esercizio fisico regolare sia con tecniche per
coltivare la mente e lo spirito.

«L'intento
è stato semplicemente quello di proporre ciò che l'antica saggezza
dei popoli ha tramandato fino a noi e che la ricerca scientifica ha
oggi potuto confermare - spiega Luigi Fontana, che assieme a Franco
Berrino e alla
giornalista Enrica Bortolazzi già
un paio di anni fa ha fondato l'associazione
da cui il libro prende il titolo -
Traendo spunto dal Codice europeo contro il cancro e da recenti studi
sperimentali, in questo volume abbiamo dunque illustrato come alcune
conoscenze empiriche di molte tradizioni culturali e le attuali
conoscenze scientifiche stiano oggi convergendo tra loro, dimostrando
così che la chiave della longevità non sia altro che il giusto mix
tra un'alimentazione sana e di qualità, un esercizio fisico costante
ed un training cognitivo che ci permetta di nutrire la mente, vivere
il presente in armonia con noi stessi. Le
cause della maggior parte delle malattie croniche si nascondono
infatti nella nostra vita quotidiana. In tutto il mondo le
istituzioni scientifiche e sanitarie sono chiamate però a rispondere
a leggi di mercato che hanno interesse a mantenerci in vita ma non in
salute; ci sono tuttavia sempre più prove scientifiche che indicano
come opportune alcune scelte nutrizionali e di attività fisica che,
se associate a tecniche di training cognitivo, di respirazione e
meditazione, diventano quanto mai essenziali per rallentare i
processi d'invecchiamento, favorire una longevità in salute,
prevenire le malattie tipiche della nostra era o facilitarne la
guarigione».
Senza dimenticare
però tutto ciò che ci circonda.
«La
salute personale è importante ma solo se vista in un contesto più
ampio - continua Fontana - Penso
che quel che manca al giorno d'oggi sia la consapevolezza del fatto
che abbiamo le conoscenze per vivere in un mondo fantastico e per
aumentare le nostre probabilità di giungere in salute a un’età
avanzata vivendo in un mondo sano e pulito: per migliorare lo stato
di salute dell’uomo e dell’ambiente ognuno di noi dovrebbe però
fare qualcosa, a partire da se stesso, il modo in cui pensa e vive.
Tutti insieme possiamo infatti collaborare per ridisegnare un nuovo
sistema di sviluppo economico e industriale incentrato
sull’efficienza e resilienza energetica e la salvaguardia della
salute, e non del capitale finanziario delle multinazionali. E per
farlo, basterebbe semplicemente abbandonare il paradigma che mira a
produrre più cibo ed energia a basso costo a favore di un nuovo
modello che opti per la creazione di prodotti e servizi di alta
qualità, che rispettino il benessere dell’uomo e dell’ambiente:
la felicità e il benessere non dipendono solo dall’acquisizione di
beni materiali e dalla crescita economica ma vengono alimentati dal
nostro stato di salute fisica, psicologica e spirituale, dalla
ricchezza delle nostre relazioni sociali e culturali, oltre che dalla
qualità dell’ambiente che sostiene tutta la vita sulla Terra, il
nostro vero, grande ed unico capitale. Abbiamo
dunque scritto questo libro in base sì alla nostra esperienza
scientifica e clinica - conclude Luigi Fontana - ma con gratitudine e
rispetto verso le migliaia di persone che hanno partecipato agli
studi e i pazienti che ci hanno affidato la loro speranza di
guarigione: ci auguriamo dunque che “La
grande via”
contribuisca a proteggere i lettori da informazioni distorte e
interessate, dai venditori di magici piani nutrizionali o integratori
miracolosi ma soprattutto inviti tutti noi ad un'articolata
riflessione personale e collettiva attorno al concetto di salute».
Gli autori:
Originario di Riva del Garda (TN), Luigi Fontana è medico e scienziato, professore
Franco Berrino è medico, epidemiologo, direttore del Dipartimento di Medicina preventiva dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano. Nella sua attività quarantennale di ricerca e prevenzione ha promosso lo sviluppo dei registri tumori in Italia e coordinato i registri tumori europei per lo studio della sopravvivenza dei malati. Ha coinvolto decine di migliaia di persone in studi sulle cause delle malattie croniche: i risultati gli hanno consentito di promuovere sperimentazioni per modificare lo stile di vita allo scopo di prevenire l'incidenza e la progressione dei carcinomi.
fonte: Paola Malcotti - giornale l'Adige di domenica 12 marzo 2017
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lunedì 23 gennaio 2017
Giorno della Memoria: leggere, per non dimenticare
Il 27 gennaio sarà il "Giorno della Memoria". Per non dimenticare l'Olocausto, ecco una breve selezione di libri da leggere.

Cominciamo dal "Diario" di Anne Frank, una testimonianza tra le più famose e terribili: nella Bur-Rizzoli esce ora una nuova versione, in cui il curatore Matteo Corradini armonizza le due stesure originarie, accompagnato da approfondimenti finora inediti e dalla testimonianza di Sami Modiano.
Realizzato con il Centro Primo Levi, "Opere complete" è invece il corpus leviano più esaustivo mai editato. Propone pure la tesi di laurea e le versioni radiofoniche di «Se questo è un uomo» e «La tregua».
A pochi giorni dalla morte di Zygmunt Bauman, il grande pensatore, teorico della società liquida scomparso il 9 gennaio, Il Mulino ripropone le sue riflessioni. Per Bauman l'Olocausto è inestricabilmente connesso alla logica della "Modernità" così come si è sviluppata in Occidente.
Nessun orrore è «comparabile ai campi di sterminio». Aharon Appelfeld, tra gli ultimi grandi testimoni viventi della Shoah, lo ha mostrato nei suoi libri e lo ribadisce anche di fronte alle atrocità a cui assistiamo oggi. «I campi di concentramento sono stati un omicidio organizzato, un assassinio industrializzato, un terribile veicolo per lo sterminio del popolo ebraico. Sono stati una colonia penale senza pietà. Ciò che sta accadendo in Siria, in Sudan, sono terribili orrori, ma non sono campi di concentramento. È incomparabile» dice lo scrittore. E "L'ultimo sopravvissuto", di fatto, è un libro autobiografico sulla sua esperienza da ragazzino quando si legò ai partigiani vivendo nella foresta.
Ricca di informazioni, fotografie e mappe, arriva "Visitare Auschwitz", una guida all'ex campo di concentramento e del sito memoriale. Anno dopo anno stanno crescendo i visitatori del lager. Solo dall'Italia sono almeno 60 mila le persone in visita, per lo più studenti e insegnanti. Ma chi si reca a Oswiecim e visita il Lager di Auschwitz, che ha sede nel campo base, e poi raggiunge Birkenau, il campo di sterminio poco distante, spesso non riesce a capire come funzionava. Ecco un libro ricco di mappe e informazioni.
"Il farmacista del ghetto di Cracovia": quando in un quartiere periferico della città polacca viene creato d'autorità il ghetto ebraico, il 3 marzo 1941, Tadeusz Pankiewicz ne diventa suo malgrado un abitante. Pur senza essere ebreo, infatti, gestisce l'unica farmacia del quartiere: contro ogni previsione e contro ogni logica di sopravvivenza, decide di rimanere e di tenere aperta la sua bottega. Grazie a questa sua condizione anomala, coinvolto ed estraneo allo stesso tempo, Pankiewicz diventa una figura cardine del ghetto: si fa testimone delle brutalità del nazismo, fedele cronista dei fatti e silenzioso soccorritore.
Cominciamo dal "Diario" di Anne Frank, una testimonianza tra le più famose e terribili: nella Bur-Rizzoli esce ora una nuova versione, in cui il curatore Matteo Corradini armonizza le due stesure originarie, accompagnato da approfondimenti finora inediti e dalla testimonianza di Sami Modiano.
Realizzato con il Centro Primo Levi, "Opere complete" è invece il corpus leviano più esaustivo mai editato. Propone pure la tesi di laurea e le versioni radiofoniche di «Se questo è un uomo» e «La tregua».
A pochi giorni dalla morte di Zygmunt Bauman, il grande pensatore, teorico della società liquida scomparso il 9 gennaio, Il Mulino ripropone le sue riflessioni. Per Bauman l'Olocausto è inestricabilmente connesso alla logica della "Modernità" così come si è sviluppata in Occidente.
Nessun orrore è «comparabile ai campi di sterminio». Aharon Appelfeld, tra gli ultimi grandi testimoni viventi della Shoah, lo ha mostrato nei suoi libri e lo ribadisce anche di fronte alle atrocità a cui assistiamo oggi. «I campi di concentramento sono stati un omicidio organizzato, un assassinio industrializzato, un terribile veicolo per lo sterminio del popolo ebraico. Sono stati una colonia penale senza pietà. Ciò che sta accadendo in Siria, in Sudan, sono terribili orrori, ma non sono campi di concentramento. È incomparabile» dice lo scrittore. E "L'ultimo sopravvissuto", di fatto, è un libro autobiografico sulla sua esperienza da ragazzino quando si legò ai partigiani vivendo nella foresta.
Ricca di informazioni, fotografie e mappe, arriva "Visitare Auschwitz", una guida all'ex campo di concentramento e del sito memoriale. Anno dopo anno stanno crescendo i visitatori del lager. Solo dall'Italia sono almeno 60 mila le persone in visita, per lo più studenti e insegnanti. Ma chi si reca a Oswiecim e visita il Lager di Auschwitz, che ha sede nel campo base, e poi raggiunge Birkenau, il campo di sterminio poco distante, spesso non riesce a capire come funzionava. Ecco un libro ricco di mappe e informazioni.
"Il farmacista del ghetto di Cracovia": quando in un quartiere periferico della città polacca viene creato d'autorità il ghetto ebraico, il 3 marzo 1941, Tadeusz Pankiewicz ne diventa suo malgrado un abitante. Pur senza essere ebreo, infatti, gestisce l'unica farmacia del quartiere: contro ogni previsione e contro ogni logica di sopravvivenza, decide di rimanere e di tenere aperta la sua bottega. Grazie a questa sua condizione anomala, coinvolto ed estraneo allo stesso tempo, Pankiewicz diventa una figura cardine del ghetto: si fa testimone delle brutalità del nazismo, fedele cronista dei fatti e silenzioso soccorritore.
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martedì 15 novembre 2016
"Le parole che non riesco a dire" e l'autismo visto da dentro
Nel libro Andrea spiega a bambini, genitori ed insegnanti che cosa significhi essere autistici, vedere il mondo al contrario, essere speciali, difficili, divertenti, essere opera diversa. Le parole prendono forma di poesia, semplici e al contempo profonde, rivelando una consapevolezza fuori dal comune.
Il volume si struttura in tre parti: nella prima Andrea racconta le sue emozioni; nella seconda il suo rapporto con gli altri; nella terza chi è e come ha fatto a scrivere questo libro.
Per ogni argomento trattato si trovano sulla pagina di sinistra le parole del ragazzo, accompagnate da illustrazioni delicate, e sulla destra un breve testo di commento con consigli per i bambini e i loro educatori su come affrontare i comportamenti di un ragazzo autistico come lui. Una lettura preziosa, che favorisce la riflessione in classe su un tema delicato, ma anche sulle emozioni che toccano tutti i bambini e sull’importanza delle relazioni positive.
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venerdì 9 settembre 2016
"Il rosso vivo del rabarbaro", quasi come uno scampolo di sogno
Quasi come in uno scampolo di sogno, rimasto sospeso negli occhi tra il buio della notte e la luce del giorno, Audur Ava Olafsdottir porta ad accarezzare il cielo azzurro, l'oceano in tempesta, il gelo del fiordo, il sapore e i profumi dei piatti tipici di una terra dimenticata dalla vita, l'Islanda.
E quasi come nel rumore assordante di un silenzio, urlato e graffiato per troppo tempo sulla pelle matura, "Il rosso vivo del rabarbaro" prende per mano, con inaspettata dolcezza, ed accosta all'orecchio una conchiglia. In cui il mondo, sussurra parole nuove.

mercoledì 31 agosto 2016
I giusti secondo Borges
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere un'etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore ed una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragionegli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
- J. L. Borges
lunedì 27 giugno 2016
Nulla accade per caso. Nemmeno "Il giardino segreto" di B. Yoshimoto
Un giardino, una storia d'amore, degli amici sinceri. E la presa di coscienza che le cose possono cambiare, che una rinascita non può che dipendere da noi stessi. Che nulla accade mai per caso. Come un libro, come questo libro...
Banana Yoshimoto è un'autrice che in realtà non è mai riuscita a stuzzicare granché il mio interesse, tranne forse in un paio di occasioni, con un paio di romanzi. E' semplicemente successo che qualche giorno fa sono entrata in biblioteca, alla ricerca di un libro che - almeno per qualche ora - mi portasse fuori dalla quotidianità, che mi spingesse a guardarmi dentro, a riflettere su alcune cose, molte cose importanti, della mia vita. Senza alcun titolo preciso da cercare. Ho lasciato fare "al caso", asssecondandolo e permettendo che i suoi fili nascosti mi attirassero a quel qualcosa. Qualunque cosa fosse. Così è stato. Dopo una prima e dubbia occhiata al nome dell'autrice, lo sguardo si è fermato sul titolo e sulla copertina de "Il giardino segreto". Con un po' di scetticismo, l'ho portato a casa.
E lasciandomi prendere per mano dalla protagonista, ho iniziato il mio viaggio...
Banana Yoshimoto è un'autrice che in realtà non è mai riuscita a stuzzicare granché il mio interesse, tranne forse in un paio di occasioni, con un paio di romanzi. E' semplicemente successo che qualche giorno fa sono entrata in biblioteca, alla ricerca di un libro che - almeno per qualche ora - mi portasse fuori dalla quotidianità, che mi spingesse a guardarmi dentro, a riflettere su alcune cose, molte cose importanti, della mia vita. Senza alcun titolo preciso da cercare. Ho lasciato fare "al caso", asssecondandolo e permettendo che i suoi fili nascosti mi attirassero a quel qualcosa. Qualunque cosa fosse. Così è stato. Dopo una prima e dubbia occhiata al nome dell'autrice, lo sguardo si è fermato sul titolo e sulla copertina de "Il giardino segreto". Con un po' di scetticismo, l'ho portato a casa.
E lasciandomi prendere per mano dalla protagonista, ho iniziato il mio viaggio...
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