... dalla Divina Commedia ad Harry Potter, passando per Gutenberg, gli e-books, i social-media, la grammatica italiana e le recensioni, la poesia e i classici, la letteratura per i bambini di ieri, oggi e domani, la fotografia e l'arte, le nuove forme di comunicazione... e giù giù fino all'editoria, alle biblioteche, agli incipit, agli appuntamenti letterari, alle mostre, alle novità, agli esordienti. Per i quali - non lo nego - ho un debole...
sabato 31 dicembre 2011
Le parole di cui avevamo bisogno...
CRESCITA
POLITICA
CAMBIAMENTO
PARLAMENTOFINANZIARIA
FONDO
STATOFIDUCIA
I T A L I A
LAVOROTEMPO
INSIEME
PAESEDIFFICOLTA'
SOCIALE
ANNISACRIFICI
MONDO
GIOVANICRISI
GRAZIE
FUTURO
questi i termini utilizzati con più frequenza dal Presidente Giorgio Napolitano in occasione del suo tradizionale discorso di fine anno...
La bambina che zittì il mondo per sei minuti...
Sono trascorsi vent'anni ma la sua voce è rimasta inascoltata...
L'augurio per noi ed i nostri figli è che il nuovo anno possa
vedere la realizzazione dei Sogni di tutti...
E che le parole della bambina che per sei minuti
fermò i cuori dei potenti del mondo
vengano finalmente ascoltate
venerdì 30 dicembre 2011
Parole di respiri...
Mi piace la gente che, quando fa l’amore, si parla fortemente coi respiri... e se ne dice così tante di parole che qualcuna rimane fra le lenzuola, sporche d’anima e di orgasmi di stelle, fino a contenere, nell’attesa della prossima volta, anche i silenzi e l’infarto di un’emozione che la rimette al mondo più viva di prima...
tratto da La luna blu di Massimo Bisotti www.massimobisotti.it
tratto da La luna blu di Massimo Bisotti www.massimobisotti.it
Passato, presente, futuro...
Anche se hai cercato di evitarlo il più possibile, prima o poi succede che ti ritrovi a guardare indietro. Volente o nolente, il resoconto arriva, e qualche frammento del passato riaffiora, portando ricordi.
Ed è in quel preciso istante che ti rendi conto, forse con una punta d'amarezza, del tempo che è trascorso, inesorabile, senza che tu potessi fermarlo, trattenerlo...
Ed è in quel preciso istante che ti rendi conto, forse con una punta d'amarezza, del tempo che è trascorso, inesorabile, senza che tu potessi fermarlo, trattenerlo...
Dura poco, un battito di ciglia, nulla più. Perché poi è la consapevolezza di quel che potrà venire ad avere la meglio. E ti lasci catturare dall'ottimismo, sorprendere da ciò che di bello la vita offre in quell'attimo che arriva subito dopo.
Sì, perché ormai ti rendi conto che la lezione l'hai memorizzata, ed ha fatto di te una persona migliore, nuova, positiva.
Hai imparato a lasciare andare le cose del passato e smesso di fare progetti a lungo termine... anche se, ogni tanto, anche se non vorresti, pensi a quello che farai o dovrai fare domani.
Sì, perché ormai ti rendi conto che la lezione l'hai memorizzata, ed ha fatto di te una persona migliore, nuova, positiva.
Hai imparato a lasciare andare le cose del passato e smesso di fare progetti a lungo termine... anche se, ogni tanto, anche se non vorresti, pensi a quello che farai o dovrai fare domani.
Quando finalmente riesci a vivere l'attimo presente, solo per ciò che è in quel momento, ti accorgi di essere vivo e di quanto più forti e vere siano le emozioni.
E' come se, ogni volta, ti risvegliassi da un lungo sonno, sempre più consapevole di ciò che sei, di dove sei... Che è ora, adesso, in questo preciso istante, qui. Dove non esiste né passato né futuro, ma solo un eterno sorprendente presente...
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Sull'abolizione dell'Ordine dei Pubblicisti... parte 3... ovvero il pensiero di Iacopino
Su molti siti circolano notizie sull’abolizione dell’Ordine dei giornalisti e in particolare sulla cancellazione dell’elenco dei pubblicisti. Al fine di chiarire la situazione, con i riferimenti alle normative vigenti, il presidente del Consiglio nazionale dell’Odg, Enzo Iacopino, ha scritto una nota esplicativa apparsa sul sito del Cnog
L’Italia è un Paese di giuristi, altro che di allenatori di calcio. Poteva il presidente dell’Ordine nazionale sottrarsi a tale esercizio? Poteva e doveva, in verità. Un po’ per ruolo e molto per carattere.
So che in giro c’è tanta gente che ritiene che basti apparire per esistere. Personalmente credo che le dichiarazioni vadano centellinate anche se rilasciarle costa la fatica di un fiato, mentre lavorare per costruire richiede un impegno energetico maggiore. Notti passate alla Camera dei Deputati per sollecitare ragionevolezza su aspetti non marginali; riunioni per spiegare le conseguenze di questa o quella parola. Niente medaglie, per carità: fa parte del dovere. Come quello di tacere davanti a qualche, troppe volgarità.
So anche che un numero ancor più consistente di persone afferra un microfono (o la tastiera di un computer), fa dichiarazioni roboanti sulla nave che affonda, ma subito dopo considera “inopportuna” una riunione per una riflessione comune sui problemi che riguardano l’Ordine: vengono prima torroni e panettone, cotechino e lenticchie!
Ma quando le dichiarazioni di alcuni determinano un turbamento crescente nella categoria, allora il presidente dell’Ordine ha il dovere di fare chiarezza. Con un pizzico di ironia (tanto per tentare di alleggerire la spiegazione, necessariamente lunga e noiosa, nonostante il mio modo di scrivere, e di parlare, poco istituzionale), finalizzata anche a tenere desta l’attenzione e con la consapevolezza che ci sarà qualche “giurista” (le virgolette sono volute) che polemizzerà, forte delle sue convinzioni, ovviamente più “fondate” degli studiosi del diritto ai quali il presidente dell’Ordine si è rivolto...
read more at http://precariato.odg.it/pubblicisti-e-riforma-ordine-il-presidente-iacopino-basta-allarmismi
L’Italia è un Paese di giuristi, altro che di allenatori di calcio. Poteva il presidente dell’Ordine nazionale sottrarsi a tale esercizio? Poteva e doveva, in verità. Un po’ per ruolo e molto per carattere.
So che in giro c’è tanta gente che ritiene che basti apparire per esistere. Personalmente credo che le dichiarazioni vadano centellinate anche se rilasciarle costa la fatica di un fiato, mentre lavorare per costruire richiede un impegno energetico maggiore. Notti passate alla Camera dei Deputati per sollecitare ragionevolezza su aspetti non marginali; riunioni per spiegare le conseguenze di questa o quella parola. Niente medaglie, per carità: fa parte del dovere. Come quello di tacere davanti a qualche, troppe volgarità.
So anche che un numero ancor più consistente di persone afferra un microfono (o la tastiera di un computer), fa dichiarazioni roboanti sulla nave che affonda, ma subito dopo considera “inopportuna” una riunione per una riflessione comune sui problemi che riguardano l’Ordine: vengono prima torroni e panettone, cotechino e lenticchie!
Ma quando le dichiarazioni di alcuni determinano un turbamento crescente nella categoria, allora il presidente dell’Ordine ha il dovere di fare chiarezza. Con un pizzico di ironia (tanto per tentare di alleggerire la spiegazione, necessariamente lunga e noiosa, nonostante il mio modo di scrivere, e di parlare, poco istituzionale), finalizzata anche a tenere desta l’attenzione e con la consapevolezza che ci sarà qualche “giurista” (le virgolette sono volute) che polemizzerà, forte delle sue convinzioni, ovviamente più “fondate” degli studiosi del diritto ai quali il presidente dell’Ordine si è rivolto...
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"Ma io devo parlare per molte donne..."
Esiste una specificità femminile nella scrittura?
Le donne scrivono in modo diverso dagli uomini? Esiste sempre, a prescindere dal tema trattato, un’ottica femminile?
Non sono domande semplici.
La parola è un’esigenza insopprimibile. Essa apre le porte dell’anima, è viaggio di noi e del nostro rapporto con gli altri. Eppure la parola, fatto usuale e normale per gli uomini, per la donna è conquista relativamente recente.
La donna da una parte ha un rapporto privilegiato con la parola, quello della chiacchiera, della narrazione, dell’affabulazione, ma esso si esplica su un territorio ininfluente, mentre la parola autorevole, quella che dà accesso alla comunicazione forte e alla decisionalità, le è preclusa.
La detentrice di parole che racchiudono una forma di potere, le parole delle formule, dei riti, in passato è stata vista come pericolosa. E la medichessa, la guaritrice, è diventata spesso “la strega”.
Per quanto riguarda la parola “forte” la donna è invece stata per molto tempo confinata nello spazio tra il silenzio dell’esclusione e il grido della follia. O muta, o matta.
E se la parola è già conquista, la scrittura, che “conferma” la parola e le dà durata e memoria, è la più forte e trasgressiva delle conquiste. La scrittura ha una straordinaria valenza simbolica: è il potere degli iniziati, dei sacerdoti, degli scribi,è potere non solo di espressione e comunicazione, ma di gestione dei “segni”, di interazione tra la mente e le cose. E per la donna è identificazione, conferma del Sé come individuo e come genere.
Ogni donna che matura una sua consapevolezza e riesce a darvi forma non parla solo per sé, ma parla per tutte le donne. Anche per le escluse, le dimenticate, quelle che non possono farlo. Come dice Anais Nin : “Non è solo la donna Anais che deve parlare, ma io devo parlare per molte donne”.
Infine, una considerazione sulla situazione di oggi. La donna che scrive non fa più notizia né scandalo anzi, fa tendenza. E moltissime sono le donne che pubblicano distinguendosi anche nei più prestigiosi premi letterari. Distanziato ormai il momento della rabbia, della rivendicazione, essa può affrontare ogni altro argomento, ogni tematica a cui regalare la ricchezza ineguagliabile della propria visione, della propria coloritura.
Siamo ormai arrivate, dopo tanti anni, con tutte le strade del pensiero aperte, là dove gli uomini erano già secoli fa. Potrebbe sembrare una situazione ideale. Ma è veramente così?
Io non so se davvero oggi le donne passeggiano libere nei viali della scrittura: riconoscere il proprio bisogno interiore e seguirlo senza curarsi delle convenienze e delle conseguenze, è trasgressione; poter seguire il proprio bisogno interiore senza conseguenze negative per sé e per gli altri, è libertà.
E non credo che questo, oggi, ci sia.
Credo che la parità tra i sessi non sia raggiunta e che la donna sia ancora troppo spesso “straniera”. Credo che l’uomo preferisca ancora una “geisha” a una compagna e guardi ancora con diffidenza alla donna intelligente e/o sessualmente libera.
E credo infine che nonostante si pubblichi molto, non sempre gli scritti delle donne si stacchino da quello status attribuito loro che si limita ad essere considerato di livello medio e banale.
Non sono domande semplici.
La parola è un’esigenza insopprimibile. Essa apre le porte dell’anima, è viaggio di noi e del nostro rapporto con gli altri. Eppure la parola, fatto usuale e normale per gli uomini, per la donna è conquista relativamente recente.
La donna da una parte ha un rapporto privilegiato con la parola, quello della chiacchiera, della narrazione, dell’affabulazione, ma esso si esplica su un territorio ininfluente, mentre la parola autorevole, quella che dà accesso alla comunicazione forte e alla decisionalità, le è preclusa.
La detentrice di parole che racchiudono una forma di potere, le parole delle formule, dei riti, in passato è stata vista come pericolosa. E la medichessa, la guaritrice, è diventata spesso “la strega”.
Per quanto riguarda la parola “forte” la donna è invece stata per molto tempo confinata nello spazio tra il silenzio dell’esclusione e il grido della follia. O muta, o matta.
E se la parola è già conquista, la scrittura, che “conferma” la parola e le dà durata e memoria, è la più forte e trasgressiva delle conquiste. La scrittura ha una straordinaria valenza simbolica: è il potere degli iniziati, dei sacerdoti, degli scribi,è potere non solo di espressione e comunicazione, ma di gestione dei “segni”, di interazione tra la mente e le cose. E per la donna è identificazione, conferma del Sé come individuo e come genere.
Ogni donna che matura una sua consapevolezza e riesce a darvi forma non parla solo per sé, ma parla per tutte le donne. Anche per le escluse, le dimenticate, quelle che non possono farlo. Come dice Anais Nin : “Non è solo la donna Anais che deve parlare, ma io devo parlare per molte donne”.
Infine, una considerazione sulla situazione di oggi. La donna che scrive non fa più notizia né scandalo anzi, fa tendenza. E moltissime sono le donne che pubblicano distinguendosi anche nei più prestigiosi premi letterari. Distanziato ormai il momento della rabbia, della rivendicazione, essa può affrontare ogni altro argomento, ogni tematica a cui regalare la ricchezza ineguagliabile della propria visione, della propria coloritura.
Siamo ormai arrivate, dopo tanti anni, con tutte le strade del pensiero aperte, là dove gli uomini erano già secoli fa. Potrebbe sembrare una situazione ideale. Ma è veramente così?
Io non so se davvero oggi le donne passeggiano libere nei viali della scrittura: riconoscere il proprio bisogno interiore e seguirlo senza curarsi delle convenienze e delle conseguenze, è trasgressione; poter seguire il proprio bisogno interiore senza conseguenze negative per sé e per gli altri, è libertà.
E non credo che questo, oggi, ci sia.
Credo che la parità tra i sessi non sia raggiunta e che la donna sia ancora troppo spesso “straniera”. Credo che l’uomo preferisca ancora una “geisha” a una compagna e guardi ancora con diffidenza alla donna intelligente e/o sessualmente libera.
E credo infine che nonostante si pubblichi molto, non sempre gli scritti delle donne si stacchino da quello status attribuito loro che si limita ad essere considerato di livello medio e banale.
Non tutti ricordano... ma accadde cinque anni fa...
Sottoposto a processo da un tribunale iracheno assieme ad altri sette imputati, fra cui il fratellastro, tutti gerarchi del suo regime, per crimini contro l'umanità, in relazione alla strage di Dujayl del 1982 (148 sciiti uccisi), il 5 novembre 2006 il dittatore Saddam Hussein fu condannato a morte per impiccagione (Saddam aveva richiesto la fucilazione) e il 26 dicembre 2006 la condanna fu confermata dalla Corte d'appello.
Con lui furono condannati a morte per impiccagione anche Awwad al-Bandar, presidente del tribunale rivoluzionario, e Ṭāhā Yāsīn Ramaḍān, vice presidente.
L'esecuzione per impiccagione avvenne alle 6 del mattino (ora irachena) del 30 dicembre 2006, data che coincideva con la festa del sacrificio, la maggiore solennità islamica.
In Iraq la sentenza provocò reazioni contrastanti: curdi e sciiti rallegrarono mentre i sunniti reagirono manifestando contro il verdetto. Anche in Vicino Oriente le reazioni furono contrastanti: i tradizionali nemici di Saddam (Iran e Kuwait) accolsero la sentenza con favore, mentre i governi del mondo sunnita mantennero un basso profilo, cercando di non dispiacere né agli Stati Uniti, né alle proprie opinioni pubbliche, eccezion fatta per la Libia.
In Occidente la notizia della condanna a morte dell'ex-raʾīs di Baghdad è stata oggetto di giudizi fortemente contrastanti. L'Amministrazione degli Stati Uniti ha più volte espresso la sua completa soddisfazione (Una pietra miliare sulla strada della democrazia, G.W. Bush). I governi dei Paesi dell'Unione Europea, incluso quello italiano (siamo contro la pena di morte sia come italiani che come europei, Massimo D'Alema), pur approvando il verdetto di colpevolezza, hanno invece ribadito la loro contrarietà di principio alla pena capitale. Molti di essi si sono spinti a suggerire all'Iraq di non eseguire la sentenza: una posizione non lontana da quella russa.
Numerose e autorevoli organizzazioni umanitarie (tra le quali Amnesty International[6] e Human Rights Watch[7]) hanno criticato non solo la condanna a morte, ma anche lo svolgimento del processo, in cui non sarebbero stati sufficientemente tutelati i diritti della difesa e il cui svolgimento sarebbe stato sottoposto a forti pressioni da parte del governo iracheno e, indirettamente, da parte dell'Amministrazione statunitense.
Secondo l'agenzia di stampa Reuters l'impiccagione di Saddam Hussein è stata eseguita alle 4:00 italiane (le 6:00 ora locale) del 30 dicembre 2006.
La trasmissione del video parziale dell'impiccagione, è stata oggetto di dure critiche da parte di molte forze politiche.
Con lui furono condannati a morte per impiccagione anche Awwad al-Bandar, presidente del tribunale rivoluzionario, e Ṭāhā Yāsīn Ramaḍān, vice presidente.
L'esecuzione per impiccagione avvenne alle 6 del mattino (ora irachena) del 30 dicembre 2006, data che coincideva con la festa del sacrificio, la maggiore solennità islamica.
In Iraq la sentenza provocò reazioni contrastanti: curdi e sciiti rallegrarono mentre i sunniti reagirono manifestando contro il verdetto. Anche in Vicino Oriente le reazioni furono contrastanti: i tradizionali nemici di Saddam (Iran e Kuwait) accolsero la sentenza con favore, mentre i governi del mondo sunnita mantennero un basso profilo, cercando di non dispiacere né agli Stati Uniti, né alle proprie opinioni pubbliche, eccezion fatta per la Libia.
In Occidente la notizia della condanna a morte dell'ex-raʾīs di Baghdad è stata oggetto di giudizi fortemente contrastanti. L'Amministrazione degli Stati Uniti ha più volte espresso la sua completa soddisfazione (Una pietra miliare sulla strada della democrazia, G.W. Bush). I governi dei Paesi dell'Unione Europea, incluso quello italiano (siamo contro la pena di morte sia come italiani che come europei, Massimo D'Alema), pur approvando il verdetto di colpevolezza, hanno invece ribadito la loro contrarietà di principio alla pena capitale. Molti di essi si sono spinti a suggerire all'Iraq di non eseguire la sentenza: una posizione non lontana da quella russa.
Numerose e autorevoli organizzazioni umanitarie (tra le quali Amnesty International[6] e Human Rights Watch[7]) hanno criticato non solo la condanna a morte, ma anche lo svolgimento del processo, in cui non sarebbero stati sufficientemente tutelati i diritti della difesa e il cui svolgimento sarebbe stato sottoposto a forti pressioni da parte del governo iracheno e, indirettamente, da parte dell'Amministrazione statunitense.
Secondo l'agenzia di stampa Reuters l'impiccagione di Saddam Hussein è stata eseguita alle 4:00 italiane (le 6:00 ora locale) del 30 dicembre 2006.
La trasmissione del video parziale dell'impiccagione, è stata oggetto di dure critiche da parte di molte forze politiche.
giovedì 29 dicembre 2011
Le ricette (afrodisiache) di Nefertiti...
E' un romanzo divertente, una farsa scatenata e maliziosa che attraverso il fascino dell'antico Egitto dipinge vizi e tic contemporanei.
Le ricette di Nefertiti di Bruno Gambarotta è l'evento archeologico dell'anno. Dai depositi del Museo egizio è emerso un documento straordinario: dodici ricette annotate su papiro, le uniche ricette dell'Antico Egitto giunte sino a noi.
È straordinario anche perché opera della regina Nefertiti, una tra le donne più belle e affascinanti di tutti i tempi. E secondo alcune indiscrezioni, queste ricette sarebbero addirittura i manicaretti che la regina preparava per accendere il desiderio del suo sposo Akhenaton!
I dodici papiri sono affidati all'egittologo Paolo Maria Barbarasa, ma proprio quando il presidente della Fondazione dei santi Pasquale e Scolastica, che sostiene le sue ricerche, ha deciso di presentarli al pubblico, scompaiono improvvisamente per poi riemergere, accompagnati da sconvenienti messaggi erotici, fra le mani di dodici rispettabili signore. Come farà il mite studioso a recuperare i preziosi reperti in una sola settimana? E che ruolo ha nell'intrigo la signora Angelica, sua moglie?
Nella sua frenetica indagine, Paolo Maria Barbarasa si ritrova al centro di un irresistibile girotondo di figure femminili della Torino bene, scossa da una comica e paradossale «guerra dei papiri» in cui ognuno cerca di cavalcare l'onda a proprio vantaggio...
Le ricette di Nefertiti di Bruno Gambarotta è l'evento archeologico dell'anno. Dai depositi del Museo egizio è emerso un documento straordinario: dodici ricette annotate su papiro, le uniche ricette dell'Antico Egitto giunte sino a noi.
È straordinario anche perché opera della regina Nefertiti, una tra le donne più belle e affascinanti di tutti i tempi. E secondo alcune indiscrezioni, queste ricette sarebbero addirittura i manicaretti che la regina preparava per accendere il desiderio del suo sposo Akhenaton!
I dodici papiri sono affidati all'egittologo Paolo Maria Barbarasa, ma proprio quando il presidente della Fondazione dei santi Pasquale e Scolastica, che sostiene le sue ricerche, ha deciso di presentarli al pubblico, scompaiono improvvisamente per poi riemergere, accompagnati da sconvenienti messaggi erotici, fra le mani di dodici rispettabili signore. Come farà il mite studioso a recuperare i preziosi reperti in una sola settimana? E che ruolo ha nell'intrigo la signora Angelica, sua moglie?
Nella sua frenetica indagine, Paolo Maria Barbarasa si ritrova al centro di un irresistibile girotondo di figure femminili della Torino bene, scossa da una comica e paradossale «guerra dei papiri» in cui ognuno cerca di cavalcare l'onda a proprio vantaggio...
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Il testo dell'intervento del presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti...
Signor Presidente,
assieme a Pierluca Terzulli, che guida l’Associazione della
stampa parlamentare, abbiamo organizzato questa tradizionale
conferenza stampa di fine anno che per la prima volta, per espresso
desiderio della Presidenza del Consiglio, vede la presenza formale
dei colleghi della stampa estera, qui rappresentati dal loro
presidente, Tobias Piller.
Il nostro obiettivo è offrire ai cittadini la possibilità di avere una
maggiore consapevolezza delle difficoltà del momento che viviamo
e più adeguati elementi per conoscere i progetti per dare speranza
di futuro a tutti.
Le parlerò brevemente, signor Presidente, della casta. Non di
quella della politica che spesso viene criticata con una certa
superficialità, contribuendo ad alimentare un qualunquismo che
personalmente non credo faccia bene al Paese. La politica è una
cosa nobile. Sono gli uomini che la rappresentano che possono
svilirne o esaltarne il ruolo.
La casta della quale le parlerò è quella dei giornalisti, cercando
di dare un contributo ad un’operazione verità che in questo
momento è essenziale per i cittadini, signor Presidente, ma se me
lo consente anche per il suo governo che si accinge ad assumere
decisioni importanti che riguardano le professioni e l’Ordine dei
giornalisti.
Quanti, signor Presidente, sanno che nel nostro INPGI non c'è
neanche un centesimo di fondi dello Stato? Quanti sono pienamente
consapevoli che l'Inpgi affronta gli interventi di solidarietà non con
danaro dello Stato, come avviene per altri settori, ma con quello dei
colleghi? Credo pochi lo sappiano signor Presidente e non solo tra i
cittadini.
Non le chiediamo privilegi né per noi né per altri. Non è il tempo
se mai ci sono stati.
Le chiediamo l’opportunità di un confronto vero prima di ogni
decisione. Non le chiediamo di essere ricevuti obbedendo a un
antico rituale, ma di essere ascoltati. Le chiediamo la possibilità di
far comprendere che la crisi che attraversa il mondo
dell'informazione rischia di spegnere voci che garantiscono il
pluralismo. E che certe norme ipotizzate, con una semplificazione
poco sostenibile dal punto di vista morale, potrebbero tutelare
alcuni, i professionisti, ma fare sparire i più, i pubblicisti, privando
di ogni diritto e dello stesso status chi è già penalizzato da scelte
che subisce da anni ma rappresenta linfa vitale per l'informazione.
I giornalisti vivono il loro mestiere come un dovere, sancito
dalla Costituzione, di fornire una informazione completa, corretta,
rispettosa delle persone, pacata e responsabile per usare parole
care al Presidente della Repubblica.
Non è compito facile, signor Presidente. Ci muoviamo tra le
minacce della criminalità d’ogni latitudine e gli interessi di troppi
mercanti che si occupano di informazione cercando di condizionare
il nostro lavoro. Sono 95 i giornalisti che in questo 2011 hanno
subito intimidazioni d’ogni genere; 10 vivono sotto scorta; 24,
rivela il rapporto Ossigeno, sono stati fisicamente aggrediti, un
numero quasi doppio rispetto al 2010; 323 hanno subito il tentativo
di intimidazione di chi non cerca il ristabilimento della verità, ma
con le citazioni in giudizio persegue un obiettivo subdolo: mettere il
bavaglio a chi è scomodo.
Non sono io a dirlo, sarebbe poca cosa e precipiterei in un
conflitto di interessi in un Paese nel quale ce ne sono fin troppi. Lo
afferma Freedom House che ha inserito l’Italia tra i Paesi in cui
l'informazione è solo "parzialmente libera".
E numerosi organismi internazionali – dalle Nazioni Unite, al
Consiglio d'Europa, all'OSCE - sollecitano le istituzioni italiane a
modificare alcune leggi - in particolare quella sulla diffamazione a
mezzo stampa - per rendere più sicuro il lavoro dei giornalisti e più
garantito il diritto dei cittadini italiani di essere informati in modo
completo.
Possiamo sperare che nell’agenda del suo governo rientri anche
questo? Possiamo sperare che si affrontino i problemi, senza
pregiudizi? Quanti, signor Presidente, sono consapevoli che nel
2010 il 62 per cento dei giornalisti che svolgono lavoro autonomo
ha ottenuto un reddito professionale inferiore a 5.000 euro l’anno?
Quanti, signor Presidente, sanno che aziende editoriali che
ricevono, direttamente o indirettamente, contributi per centinaia di
migliaia di euro dallo Stato, da tutti noi, compensano il lavoro
giornalistico con 2 euro lordi ad articolo e a volte anche meno? È
questa la casta. Sono i nostri figli, signor Presidente, costretti a
subire un caporalato non degno di un Paese civile. Sono quanti
dovranno garantire a questo Paese, in un futuro non lontano, il
diritto all’informazione, elemento essenziale della democrazia.
Qual è il futuro che, in queste condizioni, un giovane può
sognare di costruirsi?
Noi la nostra parte la faremo. Spezzeremo la catena delle
complicità grazie ad una carta deontologica, approvata dopo essere
stata creata a Firenze non da chi vive la professione da garantito,
ma da chi subisce queste mortificazioni ogni giorno sulla propria
pelle.
Mi permetta, concludendo signor Presidente, di farle anche a
nome del segretario e del presidente della Fnsi, Franco Siddi e
Roberto Natale, del vice presidente e del segretario dell’Odg, Enrico
Paissan e Giancarlo Ghirra, un regalo che non ha certo un valore
materiale – penso non lo accetterebbe – ma che almeno per noi
rappresenta un traguardo. E’ la tessera dell’Ordine dei giornalisti.
L'avevano in tasca Pippo Fava che predicava un concetto etico del
giornalismo; Maria Grazia Cutuli; Almerigo Griltz e i tanti, troppi
giornalisti morti per raccontare la verità ai cittadini. L'aveva in tasca
anche Giorgio Bocca la cui scomparsa ha reso triste per molti
questo Natale.
Ci piacerebbe essere rispettati da vivi non ricordati da morti.
Noi vogliamo continuare a servire i cittadini, speriamo di poterlo
fare con quel forte impegno deontologico che solo l'Ordine
professionale può garantire. Ma questo dipende anche da lei e dalle
scelte che il suo governo farà.
il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino
assieme a Pierluca Terzulli, che guida l’Associazione della
stampa parlamentare, abbiamo organizzato questa tradizionale
conferenza stampa di fine anno che per la prima volta, per espresso
desiderio della Presidenza del Consiglio, vede la presenza formale
dei colleghi della stampa estera, qui rappresentati dal loro
presidente, Tobias Piller.
Il nostro obiettivo è offrire ai cittadini la possibilità di avere una
maggiore consapevolezza delle difficoltà del momento che viviamo
e più adeguati elementi per conoscere i progetti per dare speranza
di futuro a tutti.
Le parlerò brevemente, signor Presidente, della casta. Non di
quella della politica che spesso viene criticata con una certa
superficialità, contribuendo ad alimentare un qualunquismo che
personalmente non credo faccia bene al Paese. La politica è una
cosa nobile. Sono gli uomini che la rappresentano che possono
svilirne o esaltarne il ruolo.
La casta della quale le parlerò è quella dei giornalisti, cercando
di dare un contributo ad un’operazione verità che in questo
momento è essenziale per i cittadini, signor Presidente, ma se me
lo consente anche per il suo governo che si accinge ad assumere
decisioni importanti che riguardano le professioni e l’Ordine dei
giornalisti.
Quanti, signor Presidente, sanno che nel nostro INPGI non c'è
neanche un centesimo di fondi dello Stato? Quanti sono pienamente
consapevoli che l'Inpgi affronta gli interventi di solidarietà non con
danaro dello Stato, come avviene per altri settori, ma con quello dei
colleghi? Credo pochi lo sappiano signor Presidente e non solo tra i
cittadini.
Non le chiediamo privilegi né per noi né per altri. Non è il tempo
se mai ci sono stati.
Le chiediamo l’opportunità di un confronto vero prima di ogni
decisione. Non le chiediamo di essere ricevuti obbedendo a un
antico rituale, ma di essere ascoltati. Le chiediamo la possibilità di
far comprendere che la crisi che attraversa il mondo
dell'informazione rischia di spegnere voci che garantiscono il
pluralismo. E che certe norme ipotizzate, con una semplificazione
poco sostenibile dal punto di vista morale, potrebbero tutelare
alcuni, i professionisti, ma fare sparire i più, i pubblicisti, privando
di ogni diritto e dello stesso status chi è già penalizzato da scelte
che subisce da anni ma rappresenta linfa vitale per l'informazione.
I giornalisti vivono il loro mestiere come un dovere, sancito
dalla Costituzione, di fornire una informazione completa, corretta,
rispettosa delle persone, pacata e responsabile per usare parole
care al Presidente della Repubblica.
Non è compito facile, signor Presidente. Ci muoviamo tra le
minacce della criminalità d’ogni latitudine e gli interessi di troppi
mercanti che si occupano di informazione cercando di condizionare
il nostro lavoro. Sono 95 i giornalisti che in questo 2011 hanno
subito intimidazioni d’ogni genere; 10 vivono sotto scorta; 24,
rivela il rapporto Ossigeno, sono stati fisicamente aggrediti, un
numero quasi doppio rispetto al 2010; 323 hanno subito il tentativo
di intimidazione di chi non cerca il ristabilimento della verità, ma
con le citazioni in giudizio persegue un obiettivo subdolo: mettere il
bavaglio a chi è scomodo.
Non sono io a dirlo, sarebbe poca cosa e precipiterei in un
conflitto di interessi in un Paese nel quale ce ne sono fin troppi. Lo
afferma Freedom House che ha inserito l’Italia tra i Paesi in cui
l'informazione è solo "parzialmente libera".
E numerosi organismi internazionali – dalle Nazioni Unite, al
Consiglio d'Europa, all'OSCE - sollecitano le istituzioni italiane a
modificare alcune leggi - in particolare quella sulla diffamazione a
mezzo stampa - per rendere più sicuro il lavoro dei giornalisti e più
garantito il diritto dei cittadini italiani di essere informati in modo
completo.
Possiamo sperare che nell’agenda del suo governo rientri anche
questo? Possiamo sperare che si affrontino i problemi, senza
pregiudizi? Quanti, signor Presidente, sono consapevoli che nel
2010 il 62 per cento dei giornalisti che svolgono lavoro autonomo
ha ottenuto un reddito professionale inferiore a 5.000 euro l’anno?
Quanti, signor Presidente, sanno che aziende editoriali che
ricevono, direttamente o indirettamente, contributi per centinaia di
migliaia di euro dallo Stato, da tutti noi, compensano il lavoro
giornalistico con 2 euro lordi ad articolo e a volte anche meno? È
questa la casta. Sono i nostri figli, signor Presidente, costretti a
subire un caporalato non degno di un Paese civile. Sono quanti
dovranno garantire a questo Paese, in un futuro non lontano, il
diritto all’informazione, elemento essenziale della democrazia.
Qual è il futuro che, in queste condizioni, un giovane può
sognare di costruirsi?
Noi la nostra parte la faremo. Spezzeremo la catena delle
complicità grazie ad una carta deontologica, approvata dopo essere
stata creata a Firenze non da chi vive la professione da garantito,
ma da chi subisce queste mortificazioni ogni giorno sulla propria
pelle.
Mi permetta, concludendo signor Presidente, di farle anche a
nome del segretario e del presidente della Fnsi, Franco Siddi e
Roberto Natale, del vice presidente e del segretario dell’Odg, Enrico
Paissan e Giancarlo Ghirra, un regalo che non ha certo un valore
materiale – penso non lo accetterebbe – ma che almeno per noi
rappresenta un traguardo. E’ la tessera dell’Ordine dei giornalisti.
L'avevano in tasca Pippo Fava che predicava un concetto etico del
giornalismo; Maria Grazia Cutuli; Almerigo Griltz e i tanti, troppi
giornalisti morti per raccontare la verità ai cittadini. L'aveva in tasca
anche Giorgio Bocca la cui scomparsa ha reso triste per molti
questo Natale.
Ci piacerebbe essere rispettati da vivi non ricordati da morti.
Noi vogliamo continuare a servire i cittadini, speriamo di poterlo
fare con quel forte impegno deontologico che solo l'Ordine
professionale può garantire. Ma questo dipende anche da lei e dalle
scelte che il suo governo farà.
il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino
Sull'abolizione dell'Ordine dei Pubblicisti... parte 2
Nell’imbarazzato silenzio del convitato di pietra, l’FNSI, e di quello di legno, l’OdG, la soppressione dei pubblicisti sta diventando una realtà. Le ipotesi sui rimedi e le alternative fioccano. Mentre tanti professionisti di fatto rischiano di finire per strada assieme ai dopolavoristi.
Che la colpa sia dell’Ue, che ha preteso la norma; di Berlusconi, che l’ha varata; o di Monti, che l’ha approvata, il risultato non cambia: a partire dal prossimo agosto, se non interverranno modifiche (siamo sempre in Italia, non dimentichiamocelo), i pubblicisti sono fritti. Aboliti, finiti, kaputt.
Diconsi pubblicisti, giova ricordarlo, quei giornalisti che, ai sensi della legge 69 del 1963, svolgono attività non occasionale e retribuita anche se contestualmente ad altre professioni o impieghi. Ovvero 80mila dei 110mila iscritti attualmente all’albo professionale.
Una falcidia insomma. Un doveroso e sano ripulisti secondo alcuni, un’infame e indiscriminata pulizia etnica secondo altri.
Ho già descritto qui, in un post di alcuni giorni orsono, lo scenario che si apre e il ventaglio delle possibili, teoriche soluzioni.
Ma naturalmente, nel frattempo, il variegato mondo dei colleghi non è rimasto fermo. Agitandosi viceversa parecchio. E portando alla luce, mediante le diverse posizioni assunte, anche l’anima ormai estremamente variegata di quella sfortunata categoria. Tanto variegata da vedere i pubblicisti porsi, in proposito, su punti di vista (e interessi) spesso diametralmente opposti.
L’interrogativo che inquieta però non solo le notti di chi è già iscritto all’elenco dei pubblicisti, ma anche di quelle di chi è in itinere per diventarlo (sono necessari 24 mesi di attività documentata e retribuita, nonchè la dimostrazione di un’acquisita capacità professionale), è il seguente: e ora che facciamo?
read more at http://blog.stefanotesi.it/?p=1310
Che la colpa sia dell’Ue, che ha preteso la norma; di Berlusconi, che l’ha varata; o di Monti, che l’ha approvata, il risultato non cambia: a partire dal prossimo agosto, se non interverranno modifiche (siamo sempre in Italia, non dimentichiamocelo), i pubblicisti sono fritti. Aboliti, finiti, kaputt.
Diconsi pubblicisti, giova ricordarlo, quei giornalisti che, ai sensi della legge 69 del 1963, svolgono attività non occasionale e retribuita anche se contestualmente ad altre professioni o impieghi. Ovvero 80mila dei 110mila iscritti attualmente all’albo professionale.
Una falcidia insomma. Un doveroso e sano ripulisti secondo alcuni, un’infame e indiscriminata pulizia etnica secondo altri.
Ho già descritto qui, in un post di alcuni giorni orsono, lo scenario che si apre e il ventaglio delle possibili, teoriche soluzioni.
Ma naturalmente, nel frattempo, il variegato mondo dei colleghi non è rimasto fermo. Agitandosi viceversa parecchio. E portando alla luce, mediante le diverse posizioni assunte, anche l’anima ormai estremamente variegata di quella sfortunata categoria. Tanto variegata da vedere i pubblicisti porsi, in proposito, su punti di vista (e interessi) spesso diametralmente opposti.
L’interrogativo che inquieta però non solo le notti di chi è già iscritto all’elenco dei pubblicisti, ma anche di quelle di chi è in itinere per diventarlo (sono necessari 24 mesi di attività documentata e retribuita, nonchè la dimostrazione di un’acquisita capacità professionale), è il seguente: e ora che facciamo?
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A Monti il tesserino dell'Ordine dei giornalisti...
Ora che il premier Monti ha ricevuto il tesserino da giornalista, chissà se sarà più sensibile al tema.
Secondo una norma contenuta nella “manovra Salva Italia” del suo governo da settembre 2012 l’albo dei giornalisti pubblicisti potrebbe infatti essere abolito. Un provvedimento che se andasse in porto rappresenterebbe una rivoluzione per il mondo dell'informazione.
La proposta di Monti in realtà non è una novità, ma una nuova norma che recepisce le direttive europee sulle professioni redatta già in passato da Berlusconi e confermata da questo governo. La norma che compare al punto “Riforma degli ordini professionali”, prevede infatti l’annullamento della distinzione tra giornalisti pubblicisti e professionisti. Il comma 5 dell'art 3 dl 138/2011 prevede che l'accesso a tutte le professioni intellettuali sia vincolato al superamento dell'esame di Stato previsto dalla Costituzione.
Risultato, chi non avrà conseguito il praticantato e sostenuto la prova di idoneità per accedere all’albo dei professionisti entro il prossimo settembre potrebbe non aver diritto a svolgere regolarmente il proprio lavoro.
fonte: Il Corriere della Sera online
read more at http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_29/albo-pubblicisti-abolizione_2d28b55a-31fe-11e1-848c-416f55ac0aa7.shtml
Secondo una norma contenuta nella “manovra Salva Italia” del suo governo da settembre 2012 l’albo dei giornalisti pubblicisti potrebbe infatti essere abolito. Un provvedimento che se andasse in porto rappresenterebbe una rivoluzione per il mondo dell'informazione.
La proposta di Monti in realtà non è una novità, ma una nuova norma che recepisce le direttive europee sulle professioni redatta già in passato da Berlusconi e confermata da questo governo. La norma che compare al punto “Riforma degli ordini professionali”, prevede infatti l’annullamento della distinzione tra giornalisti pubblicisti e professionisti. Il comma 5 dell'art 3 dl 138/2011 prevede che l'accesso a tutte le professioni intellettuali sia vincolato al superamento dell'esame di Stato previsto dalla Costituzione.
Risultato, chi non avrà conseguito il praticantato e sostenuto la prova di idoneità per accedere all’albo dei professionisti entro il prossimo settembre potrebbe non aver diritto a svolgere regolarmente il proprio lavoro.
fonte: Il Corriere della Sera online
read more at http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_29/albo-pubblicisti-abolizione_2d28b55a-31fe-11e1-848c-416f55ac0aa7.shtml
Sull'abolizione dell'Ordine dei Pubblicisti... parte 1
Giorni fa ho scritto una lettera aperta a Franco Abruzzo, esponente di rilievo del giornalismo lombardo e italiano, che di fronte all'imminente chiusura dell'albo dei pubblicisti propone di ammettere all'esame di stato da professionisti solo chi guadagna abbastanza per dimostrare che vive di giornalismo. Io gli ho fatto presente che c'e' gente sottopagata, pagata in nero o non pagata affatto, e che per molti precari sarebbe difficile dimostrare un reddito significativo associato alla propria attivita' giornalistica. Negargli l'accesso all'esame di stato sarebbe un'ulteriore immeritata penalizzazione. Di seguito la risposta in sei punti di Abruzzo, cosi' come l'ha pubblicata sul suo sito, intercalata dalle mie osservazioni:
a Carlo Gubitosa sfugge che quella di giornalista è una professione intellettuale che si può svolgere in due modi come ha affermato l'Europa per tutte le professioni: da dipendente o da autonomo. Dare del "mercenario" a chi svolge una professione è soltanto un fatto provocatorio, e, quindi, inutile. Lavorare gratuitamente si può, ma chi lo fa è un dilettante o un volontario.
Mia obiezione: questo ragionamento e' forte con i deboli e debole con i forti.
E' facile fare i forti con i deboli, e chiedere che sia proibito il lavoro giornalistico ai "dilettanti volontari", ignorando o facendo finta di ignorare che invece in molti casi i lavoratori sottopagati o non pagati del giornalismo sono seri professionisti che accettano condizioni di pagamento altrimenti inaccettabili, per mantenere il valore della propria firma e sperare che la visibilita' porti anche lavoro.
Esempio concreto: io ho scritto dodici libri, faccio il giornalista dal 1996, ho vinto due premi giornalistici di cui uno erogato dallo stesso Ordine dei Giornalisti che ora vorrebbe proibirmi di provare le mie competenze in un esame di stato da professionista, in tempi di vacche grasse avevo redditi significativi prima che i miei compensi da freelance venissero tagliati anche del 75% a parita' di prestazioni, ma ora secondo Abruzzo non dovrei essere ammesso come Pubblicista all'esame di Stato da Professionista pur avendo una rubrica fissa su un quotidiano nazionale dove ho scritto anche editoriali, e questo non perche' io sia indegno di vedere riconosciuta quella che e' la mia professione, ma perche' il quotidiano "Liberazione", in profonda crisi strutturale, ha deciso di chiedere ai suoi collaboratori un sostegno "militante" con la sospensione dei pagamenti per le collaborazioni, come ha fatto anche con i redattori della testata che hanno visto ridursi drasticamente le loro ore di lavoro e i loro compensi.
fonte: Carlo Gubitosa - read more at http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=45196
a Carlo Gubitosa sfugge che quella di giornalista è una professione intellettuale che si può svolgere in due modi come ha affermato l'Europa per tutte le professioni: da dipendente o da autonomo. Dare del "mercenario" a chi svolge una professione è soltanto un fatto provocatorio, e, quindi, inutile. Lavorare gratuitamente si può, ma chi lo fa è un dilettante o un volontario.
Mia obiezione: questo ragionamento e' forte con i deboli e debole con i forti.
E' facile fare i forti con i deboli, e chiedere che sia proibito il lavoro giornalistico ai "dilettanti volontari", ignorando o facendo finta di ignorare che invece in molti casi i lavoratori sottopagati o non pagati del giornalismo sono seri professionisti che accettano condizioni di pagamento altrimenti inaccettabili, per mantenere il valore della propria firma e sperare che la visibilita' porti anche lavoro.
Esempio concreto: io ho scritto dodici libri, faccio il giornalista dal 1996, ho vinto due premi giornalistici di cui uno erogato dallo stesso Ordine dei Giornalisti che ora vorrebbe proibirmi di provare le mie competenze in un esame di stato da professionista, in tempi di vacche grasse avevo redditi significativi prima che i miei compensi da freelance venissero tagliati anche del 75% a parita' di prestazioni, ma ora secondo Abruzzo non dovrei essere ammesso come Pubblicista all'esame di Stato da Professionista pur avendo una rubrica fissa su un quotidiano nazionale dove ho scritto anche editoriali, e questo non perche' io sia indegno di vedere riconosciuta quella che e' la mia professione, ma perche' il quotidiano "Liberazione", in profonda crisi strutturale, ha deciso di chiedere ai suoi collaboratori un sostegno "militante" con la sospensione dei pagamenti per le collaborazioni, come ha fatto anche con i redattori della testata che hanno visto ridursi drasticamente le loro ore di lavoro e i loro compensi.
fonte: Carlo Gubitosa - read more at http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=45196
mercoledì 28 dicembre 2011
Le parole che vorresti sentirti dire...
La biblioteca digitale sotto casa...
Da una decina di giorni anche le biblioteche di Arco, Riva, Ledro e Nago-Torbole offrono la possibilità di connettersi al sito MediaLibraryOnLine, la prima rete italiana di biblioteche pubbliche per il prestito digitale, cui fanno già riferimento duemila biblioteche per una popolazione di oltre 10 milioni di abitanti. Attraverso il portale è possibile consultare gratuitamente la collezione digitale della propria biblioteca: musica, film, e-book, giornali, banche dati, corsi di formazione online (e-learning), archivi di immagini e in prospettiva molto altro (ad esempio il materiale prodotto dalle associazioni o dagli enti culturali). Basta essere iscritti alla propria biblioteca; quindi è sufficiente creare un proprio account, fornito dal bibliotecario, per poter navigare su MediaLibraryOnLine (www.medialibrary.it o www.mlol.it) da qualunque postazione Internet.
MediaLibraryOnLine allarga alla disponibilità dell’utente le enormi possibilità della rete: è possibile prendere a prestito e-book di 170 editori italiani, consultare banche dati ed enciclopedie, leggere quotidiani e periodici (1.748 di tutto il mondo), ascoltare e scaricare audio musicali (50 mila album e mezzo milione di tracce musicali), visionare video in streaming, ascoltare e scaricare audiolibri, leggere libri digitalizzati attraverso tipologie diverse di e-book reader. Un patrimonio in continua crescita.
L’utente, dotato delle credenziali di accesso fornite dalla biblioteca, si connette al portale e scarica un e-book; la possibilità di utilizzo è di 14 giorni, passati i quali il file non è più leggibile. C’è inoltre la possibilità di assistere in live-casting ad eventi organizzati dalle biblioteche o dagli altri enti pubblici (ad esempio il Museo Alto Garda), oltre che dalle associazioni culturali locali.
MediaLibraryOnLine permette tramite le biblioteche italiane di attuare il prestito digitale; è possibile utilizzare il servizio di prestito sia dalle postazioni della biblioteca sia da casa, dall'ufficio, dalla scuola. Inoltre alcune tipologie, come Audio ed E-book, comprendono anche risorse in download che si possono scaricare e portare con sé sul proprio dispositivo mobile.
MediaLibraryOnLine allarga alla disponibilità dell’utente le enormi possibilità della rete: è possibile prendere a prestito e-book di 170 editori italiani, consultare banche dati ed enciclopedie, leggere quotidiani e periodici (1.748 di tutto il mondo), ascoltare e scaricare audio musicali (50 mila album e mezzo milione di tracce musicali), visionare video in streaming, ascoltare e scaricare audiolibri, leggere libri digitalizzati attraverso tipologie diverse di e-book reader. Un patrimonio in continua crescita.
L’utente, dotato delle credenziali di accesso fornite dalla biblioteca, si connette al portale e scarica un e-book; la possibilità di utilizzo è di 14 giorni, passati i quali il file non è più leggibile. C’è inoltre la possibilità di assistere in live-casting ad eventi organizzati dalle biblioteche o dagli altri enti pubblici (ad esempio il Museo Alto Garda), oltre che dalle associazioni culturali locali.
MediaLibraryOnLine permette tramite le biblioteche italiane di attuare il prestito digitale; è possibile utilizzare il servizio di prestito sia dalle postazioni della biblioteca sia da casa, dall'ufficio, dalla scuola. Inoltre alcune tipologie, come Audio ed E-book, comprendono anche risorse in download che si possono scaricare e portare con sé sul proprio dispositivo mobile.
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La mia recensione a "Gli angeli non si possono disegnare" di Maria Annita Baffa
C'è profumo di conserva di pomodoro e di caffè arrostito all'ombra delle acacie, di salgemma pestato col mortaio di rame per salare i prosciutti e di sole caldo del profondo Sud, in “Gli angeli non si possono disegnare”, romanzo che Maria Annita Baffa ha pubblicato recentemente con Curcu&Genovese.
C'è però anche il profumo di antiche tradizioni mediterranee e di un mondo rurale sospeso nell'aria arsa e surreale di agosto riservato a pochi. Agli arbëreshë, gli albanesi d'Italia delle comunità disseminate nello spazio tra gli Abruzzi fino alla Sicilia, arrivati tra la fine del XV secolo e la prima metà dell'Ottocento, quelli che oggi vengono indicati con il termine di shiqipëtarë. Quelle comunità che hanno conservato fino ad oggi l'uso della lingua albanese antica, che si è arricchita nel tempo di prestiti dall'italiano e che rischia di sparire, perché le nuove generazioni tendono a non usarla e «perché le scelte di politica scolastica sono state sempre inadeguate ai bisogni della comunità».
C'è pure la scuola tra gli ingredienti del romanzo dell'autrice nata a Santa Sofia D’Epiro, un paese arbëresh della provincia di Cosenza, ma che vive da mezza vita a Trento. Per scelta. Così come a Trento vive e lavora la protagonista del romanzo, Sofia, che scappa, con il figlio al seguito, verso il sud Italia. Solo qualche anno dopo compirà lo stesso viaggio al contrario. Un continuo spostamento e una repentina fuga da rifiuti, incomprensioni e servizi sociali che non funzionano, fino a che a Sofia l’Italia arriva ad apparire una sola, senza differenze. E in questo suo viaggio lungo la Penisola, la accompagna Lisandro, un ragazzo speciale che non finisce mai di sorprenderla: suo figlio. Prima, però, c'è spazio per scoprire il passato della protagonista, che affonda le radici nella cultura arbëresh.
Un passato fatto di piccole cose, di scenari abbaglianti, di profumi perduti, di grandi uomini e donne e di tutta una parata di personaggi indimenticabili. Gli anni passano, la vita cambia, così come i luoghi di appartenenza. Ciò che non cambierà mai, per Sofia e suo figlio, saranno gli incontri con persone in grado di trasmettere musica, emozioni, cultura, e di creare, magicamente, collegamenti tra la realtà e la fantasia: come gli angeli. Che non si possono spiegare. Né disegnare.
E' verosimilmente una sorta di (auto?)biografia quella dell'autrice che, tra le pagine della narrazione, spesso si sofferma - con soggettiva amarezza più che con obiettività - sulla burocrazia legata al mondo della scuola, sui muri che si innalzano di fronte ai genitori di alunni con difficoltà, la cui unica richiesta al sistema scolastico è spesso quella di veder riconosciuti i meriti ed i miglioramenti dei proprio figli. E non sempre e solo i limiti.
Quella di Baffa appare insomma come un accanimento nei confronti della scuola italiana, pubblica e privata, che invece, per contro, molto le ha dato in termini lavorativi.
La scrittura è fluida, per nulla impegnativa, e la lettura di conseguenza piacevole. Peccato che spesso i tempi verbali narrativi non vengano rispettati (un neo per un'insegnante!): la chiarezza della dilatazione temporale del racconto è minata.
Ne consiglio tuttavia la lettura. L'apporto culturale relativo al mondo degli arberesh che Maria Annita Baffa dona ai suoi lettori è notevole.
C'è copertina e copertina...
La copertina è l'abito di un libro. E visto che, come dice il proverbio, l'abito non fa il monaco, non è detto che il contenuto del libro si riveli più o meno accattivante rispetto alla copertina... Anzi, molto spesso la grafica non rispecchia la trama. O riveli qualcosa.
Stiamo parlando ovviamente dei volumi di narrativa. Per la saggistica copertina e contenuto devono per forza di cose essere coerenti...
Nonostante tutto, qual è la copertina che vi è piaciuta di più dei romanzi pubblicati nel 2011? E quella di meno? E quella che ha bluffato?
Qui quelle che m'hanno colpito...
2011: cosa prendere e cosa lasciare...
Cosa volete conservare dell’anno appena trascorso e di cosa invece vi liberate senza rimpianti?
Il 2011 è stato un anno vissuto pericolosamente per la politica e per l’economia, non solo in Italia. Ma i momenti critici possono indicarci nuovi percorsi e lasciarci insegnamenti inaspettati.
Per molti Italiani questo Natale arriva in una contingenza difficile, per alcuni drammatica. Secondo il “Sole24ore” ogni giorno 33 aziende italiane portano i libri in tribunale. I dati dei primi nove mesi dell’anno evidenziano quasi 9mila default aperti nel 2011.
A questo 2011 insomma in molti abbiamo dovuto consegnare un tributo importante.
Raccontatemi se siete risciti a trovare un piccolo tesoro da conservare alla fine di questo anno e di cosa invece non vedete l’ora di disfarvi.
Io qualche idea ce l'avrei...
Il 2011 è stato un anno vissuto pericolosamente per la politica e per l’economia, non solo in Italia. Ma i momenti critici possono indicarci nuovi percorsi e lasciarci insegnamenti inaspettati.
Per molti Italiani questo Natale arriva in una contingenza difficile, per alcuni drammatica. Secondo il “Sole24ore” ogni giorno 33 aziende italiane portano i libri in tribunale. I dati dei primi nove mesi dell’anno evidenziano quasi 9mila default aperti nel 2011.
A questo 2011 insomma in molti abbiamo dovuto consegnare un tributo importante.
Raccontatemi se siete risciti a trovare un piccolo tesoro da conservare alla fine di questo anno e di cosa invece non vedete l’ora di disfarvi.
Io qualche idea ce l'avrei...
Ad alcuni è concesso, ad altri no...
«Khadz Kamalov, un giornalista coraggioso, è stato ucciso. 70 giornalisti russi uccisi in Russia. Qual'è il peso specifico della libertà di parola?»
Il tweet (grammaticalmente errato) di Roberto Saviano ha infervorato gli animi in rete. Per la sostanza, ovviamente; ma anche e soprattutto per quell'apostrofo di troppo. Poi l'ha corretto, ma non deve vergognarsi: anzi. Tutti sbagliamo, e su Twitter non esistono correttori automatici (per fortuna) come in word. Non solo: quell'apostrofo è la prova che Saviano, i tweet, se li scrive da solo. E quando non è così, vengono firmati «staff». Un compromesso accettabile, anche se Twitter dovrebbe restare il luogo del confronto diretto. Senza filtro.
Eppure mi sorge un dubbio: per quale motivo agli scrittori affermati tutto è concesso (compresi i madornali errori grammaticali) mentre ai comuni mortali non è dato questo "privilegio"?
Un altro dubbio refuso passato alla storia (e ampiamente discusso anche dall'Accademia della Crusca) è stato quello del titolo del libro postumo di Oriana Fallaci "Un cappello pieno di ciliege": ma a scuola non ci avevano insegnato che al plurale ciliegia fa ciliegie? Che are-ere-ire l'acca fa sparire? Che su qui, quo, qua l'accento non va?
Non si tratta di essere puristi bensì, semplicemente, di chiedere che la nostra patria lingua non venga bistrattata: ci pensano già gli adolescenti di oggi e di domani con il loro linguaggio criptato in funzione degli sms...
Salviamo il nostro idioma e, se siete d'accordo, evitate di chiudere un occhio di fronte agli errori grammaticali dei grandi (perché comunque grandi sono) scrittori: errare è umano, farlo così platealmente no...
Il tweet (grammaticalmente errato) di Roberto Saviano ha infervorato gli animi in rete. Per la sostanza, ovviamente; ma anche e soprattutto per quell'apostrofo di troppo. Poi l'ha corretto, ma non deve vergognarsi: anzi. Tutti sbagliamo, e su Twitter non esistono correttori automatici (per fortuna) come in word. Non solo: quell'apostrofo è la prova che Saviano, i tweet, se li scrive da solo. E quando non è così, vengono firmati «staff». Un compromesso accettabile, anche se Twitter dovrebbe restare il luogo del confronto diretto. Senza filtro.
Eppure mi sorge un dubbio: per quale motivo agli scrittori affermati tutto è concesso (compresi i madornali errori grammaticali) mentre ai comuni mortali non è dato questo "privilegio"?
Un altro dubbio refuso passato alla storia (e ampiamente discusso anche dall'Accademia della Crusca) è stato quello del titolo del libro postumo di Oriana Fallaci "Un cappello pieno di ciliege": ma a scuola non ci avevano insegnato che al plurale ciliegia fa ciliegie? Che are-ere-ire l'acca fa sparire? Che su qui, quo, qua l'accento non va?
Non si tratta di essere puristi bensì, semplicemente, di chiedere che la nostra patria lingua non venga bistrattata: ci pensano già gli adolescenti di oggi e di domani con il loro linguaggio criptato in funzione degli sms...
Salviamo il nostro idioma e, se siete d'accordo, evitate di chiudere un occhio di fronte agli errori grammaticali dei grandi (perché comunque grandi sono) scrittori: errare è umano, farlo così platealmente no...
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martedì 27 dicembre 2011
Il modello "public library"...
La biblioteca è un bene comune indispensabile. Sempre più. Nessun Google e nessun Amazon potrà mai sostituirla. E nessuna crisi dovrebbe mai sacrificarla.
È una lunga lettera ai sindaci delle città e dei paesi italiani il nuovo libro di Antonella Agnoli, già autrice di un saggio sull'utilità delle biblioteche al tempo di Internet, Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà (Laterza): l'idea era quella di promuovere lo spazio della pubblica lettura come luogo di libertà, di incontro e di opportunità.
Il nuovo titolo, Caro sindaco, parla di biblioteche e non tradisce le attese nel portare innanzi la ferma convinzione che la cultura è il primo fattore che permette di vincere la crisi e che la biblioteca, in una fase come questa di depressione economica (forse non solo), può diventare un'opportunità di welfare.
Nel Paese della lettura a livelli minimi europei, nel Paese in cui solo un terzo dei cittadini ha comperato almeno un libro nell'ultimo trimestre 2010, nel Paese in cui l'analfabetismo di ritorno è un fenomeno diffuso e la comprensione dei testi più semplici è un privilegio per pochi, le biblioteche potrebbero diventare un presidio di cultura e di socialità.
All'estero lo sono già da tempo. In Gran Bretagna ci sono gli Idea Store, in Danimarca le Living Library, a Helsinki si fanno esperienze-modello come la Information Gas Station, negli Usa sono stati realizzati progetti d'avanguardia persino in mezzo al deserto dell'Arizona, con comode postazioni informatiche ovunque. Sono punti di ritrovo per gruppi di cittadini disparati, in cui si ospitano iniziative culturali e sociali di ogni tipo, dall'assistenza ai consumatori ai corsi di yoga, ai dibattiti pubblici con il consigliere comunale. Gli esempi sarebbero numerosi.
E in Italia? L'Italia è sede di grandi patrimoni librari anche antichi, si sa: ci sono dunque le prestigiose istituzioni universitarie, statali e nazionali, per la verità maltrattate anche quelle dall'indifferenza dei governi e prese di mira dai tagli economici.
Le esperienze di biblioteche di pubblica lettura non mancano, anche se il nostro Paese ha una scarsa tradizione al riguardo: non parliamo delle biblioteche di conservazione per ricercatori e studiosi, ma di spazi accessibili a tutti, magari dotati di poltrone e divani, di giardini e terrazze, di Internet point, di caffetterie e di luoghi di incontro per bambini oltre che di sale per gruppi di lettura...
fonte: Il Corriere della Sera online
read more at http://www.corriere.it/cultura/11_dicembre_23/distefano_biblioteche_054ccad0-2d67-11e1-8aef-f6cc58616bde.shtml
È una lunga lettera ai sindaci delle città e dei paesi italiani il nuovo libro di Antonella Agnoli, già autrice di un saggio sull'utilità delle biblioteche al tempo di Internet, Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà (Laterza): l'idea era quella di promuovere lo spazio della pubblica lettura come luogo di libertà, di incontro e di opportunità.
Il nuovo titolo, Caro sindaco, parla di biblioteche e non tradisce le attese nel portare innanzi la ferma convinzione che la cultura è il primo fattore che permette di vincere la crisi e che la biblioteca, in una fase come questa di depressione economica (forse non solo), può diventare un'opportunità di welfare.
Nel Paese della lettura a livelli minimi europei, nel Paese in cui solo un terzo dei cittadini ha comperato almeno un libro nell'ultimo trimestre 2010, nel Paese in cui l'analfabetismo di ritorno è un fenomeno diffuso e la comprensione dei testi più semplici è un privilegio per pochi, le biblioteche potrebbero diventare un presidio di cultura e di socialità.
All'estero lo sono già da tempo. In Gran Bretagna ci sono gli Idea Store, in Danimarca le Living Library, a Helsinki si fanno esperienze-modello come la Information Gas Station, negli Usa sono stati realizzati progetti d'avanguardia persino in mezzo al deserto dell'Arizona, con comode postazioni informatiche ovunque. Sono punti di ritrovo per gruppi di cittadini disparati, in cui si ospitano iniziative culturali e sociali di ogni tipo, dall'assistenza ai consumatori ai corsi di yoga, ai dibattiti pubblici con il consigliere comunale. Gli esempi sarebbero numerosi.
E in Italia? L'Italia è sede di grandi patrimoni librari anche antichi, si sa: ci sono dunque le prestigiose istituzioni universitarie, statali e nazionali, per la verità maltrattate anche quelle dall'indifferenza dei governi e prese di mira dai tagli economici.
Le esperienze di biblioteche di pubblica lettura non mancano, anche se il nostro Paese ha una scarsa tradizione al riguardo: non parliamo delle biblioteche di conservazione per ricercatori e studiosi, ma di spazi accessibili a tutti, magari dotati di poltrone e divani, di giardini e terrazze, di Internet point, di caffetterie e di luoghi di incontro per bambini oltre che di sale per gruppi di lettura...
fonte: Il Corriere della Sera online
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"Era una notte buia e tempestosa..."
Era una notte buia e tempestosa (originariamente, in inglese, It was a dark and stormy night) è una celebre frase scritta da Edward Bulwer-Lytton nel racconto Paul Clifford, pubblicato nel 1830.
Divenne molto diffusa per l'ampio uso che ne fece Snoopy, il personaggio dei Peanuts disegnato da Charles Schulz, come incipit dei suoi numerosi racconti battuti a macchina...
Molti dei momenti memorabili dei Peanuts sono infatti legati al sogno di Snoopy di fare lo scrittore (di cui peraltro nessun editore vuol pubblicare gli scritti).
Il suo immutabile incipit "Era una notte buia e tempestosa..." è un punto fermo, quasi un must nei confronti di tutti gli scrittori del pianeta. Da lì il personaggio delle strisce di Schulz non si è mai mosso: elogio al blocco della pagina bianca?
Fatto sta che lo Snoopy scrittore è stato certamente caro al suo creatore, che lo ha scelto per dare l'addio ai lettori (pubblicato il 13 febbraio del 2000). Ed l'ormai famoso incipit è oggi riconducibile più al bracchetto che dorme sul tetto della sua cuccia che non ad altri scritti del mondo della letteratura...
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La rivincita dello scrittore-sceneggiatore...
Regalo di Natale postumo per Dalton Trumbo. Dopo ben 58 anni, il nome del leggendario sceneggiatore scomparso nel 1976 finalmente apparirà nei credit di uno dei capolavori della cinematografia di tutti i tempi, Vacanze romane.
La commedia romantica del 1953 diretta da William Wyler venne girata interamente tra le vie di Roma e Cinecittà e sancì la consacrazione a icona del cinema di Audrey Hepburn nei panni della principessa Anna in missione diplomatica per l'Europa, che si lascia conquistare dalle meraviglie della città eterna a bordo della Vespa - da quel momento in poi famosa nel mondo - guidata da Gregory Peck, nel ruolo del giornalista americano Joe Bradley alla ricerca dello scoop che possa cambiare la sua vita.
Dietro quel successo c'era la penna di Trumbo, sceneggiatore figlio di immigrati franco-svizzeri, costretto all'epoca, in pieno maccartismo, a lavorarci su, in maniera anonima, dal suo esilio volontario in Messico. Trumbo fu solo una delle tante vittime della persecuzione in atto in quel periodo. Il suo nome venne infatti inserito nella «Hollywood Ten», una delle liste nere volute dal senatore Joseph McCarthy, con i nomi di noti registi, musicisti, attori e scrittori. La sua colpa? Essersi rifiutato nel 1947 di comparire davanti al Comitato per le attività anti-americane per testimoniare sulle influenze comuniste nel mondo del cinema.
Per questo motivo fu accusato di oltraggio al Congresso, spedito in prigione e interdetto. La persecuzione che subì sulla sua pelle non riuscì però a scalfire il suo amore per la scrittura. Infatti, continuò a lavorare a Hollywood celando la sua identità dietro amici scrittori che accettarono di fargli da prestanome. Uno di questi fu McLellan Hunter, caro amico e co-sceneggiatore di "Vacanze romane", che ne ricevette, al suo posto, l'Academy Award.
McLellan addirittura accettò anche incarichi per suo conto, consegnandogli poi i compensi guadagnati. Trumbo dovette ricorrere anche all'uso di pseudonimi per continuare a scrivere. L'altro suo capolavoro La più grande corrida del 1956, per cui vinse nuovamente l'Oscar per la sceneggiatura, venne scritto dietro il nome di Robert Rich. Soltanto nel 1975, l'Academy riconobbe che il vero nome del vincitore era Trumbo.
«Non abbiamo il potere di cancellare gli errori e la sofferenza del passato», ha affermato Chris Keyser, presidente del sindacato degli scrittori Usa Wgoa, «ma possiamo promettere che non saremo più vittime della paura e della censura». In realtà la storica decisione non sarebbe stata presa senza la ferma volontà di Christopher Trumbo, scrittore come suo padre, scomparso lo scorso gennaio, deciso a vendicare il celebre genitore.
Insieme al suo amico Tim Hunter, figlio di McLellan Hunter, Christopher era da sempre al corrente della verità dietro il film "Vacanze romane". Per tale ragione, nel 2010, dopo l'aggravarsi della malattia, decise di presentare una richiesta formale. «Per Christopher era una crociata importante», afferma Tim Hunter. «Purtroppo ci ha lasciati prima di vedere il suo sogno realizzato».
fonte: Alessandra Farkas - Il Corriere della Sera online
La commedia romantica del 1953 diretta da William Wyler venne girata interamente tra le vie di Roma e Cinecittà e sancì la consacrazione a icona del cinema di Audrey Hepburn nei panni della principessa Anna in missione diplomatica per l'Europa, che si lascia conquistare dalle meraviglie della città eterna a bordo della Vespa - da quel momento in poi famosa nel mondo - guidata da Gregory Peck, nel ruolo del giornalista americano Joe Bradley alla ricerca dello scoop che possa cambiare la sua vita.
Dietro quel successo c'era la penna di Trumbo, sceneggiatore figlio di immigrati franco-svizzeri, costretto all'epoca, in pieno maccartismo, a lavorarci su, in maniera anonima, dal suo esilio volontario in Messico. Trumbo fu solo una delle tante vittime della persecuzione in atto in quel periodo. Il suo nome venne infatti inserito nella «Hollywood Ten», una delle liste nere volute dal senatore Joseph McCarthy, con i nomi di noti registi, musicisti, attori e scrittori. La sua colpa? Essersi rifiutato nel 1947 di comparire davanti al Comitato per le attività anti-americane per testimoniare sulle influenze comuniste nel mondo del cinema.
Per questo motivo fu accusato di oltraggio al Congresso, spedito in prigione e interdetto. La persecuzione che subì sulla sua pelle non riuscì però a scalfire il suo amore per la scrittura. Infatti, continuò a lavorare a Hollywood celando la sua identità dietro amici scrittori che accettarono di fargli da prestanome. Uno di questi fu McLellan Hunter, caro amico e co-sceneggiatore di "Vacanze romane", che ne ricevette, al suo posto, l'Academy Award.
McLellan addirittura accettò anche incarichi per suo conto, consegnandogli poi i compensi guadagnati. Trumbo dovette ricorrere anche all'uso di pseudonimi per continuare a scrivere. L'altro suo capolavoro La più grande corrida del 1956, per cui vinse nuovamente l'Oscar per la sceneggiatura, venne scritto dietro il nome di Robert Rich. Soltanto nel 1975, l'Academy riconobbe che il vero nome del vincitore era Trumbo.
«Non abbiamo il potere di cancellare gli errori e la sofferenza del passato», ha affermato Chris Keyser, presidente del sindacato degli scrittori Usa Wgoa, «ma possiamo promettere che non saremo più vittime della paura e della censura». In realtà la storica decisione non sarebbe stata presa senza la ferma volontà di Christopher Trumbo, scrittore come suo padre, scomparso lo scorso gennaio, deciso a vendicare il celebre genitore.
Insieme al suo amico Tim Hunter, figlio di McLellan Hunter, Christopher era da sempre al corrente della verità dietro il film "Vacanze romane". Per tale ragione, nel 2010, dopo l'aggravarsi della malattia, decise di presentare una richiesta formale. «Per Christopher era una crociata importante», afferma Tim Hunter. «Purtroppo ci ha lasciati prima di vedere il suo sogno realizzato».
fonte: Alessandra Farkas - Il Corriere della Sera online
Scribacchiando e curiosando...
Leggo troppo quello che scrivono gli altri e intanto scrivo poco io. Curioso qua e là in Internet e trovo sempre qualcosa dove soffermarmi per riflettere, gli spunti sono infiniti.
Ma la mia creatività? Giro intorno ai capitoli del nuovo romanzo stando ben attenta a non avvicinarmi troppo, neanche fosse una mina ben mimetizzata in un campo.
Come mai? A saperlo... avrò bisogno di disintossicarmi dai fumi del lavoro che ho lasciato.
E poi sempre di più mi rendo conto che bisogna stare attenti a quello che si scrive. Chi legge non può essere aggredito. Far provare emozioni è una bella cosa ma a volte mi sfiora la paura di attraversare in modo negativo la vita degli altri...
Non dovrei, lo so. Sembrano scupoli eccessivi: intendiamoci, se ci fossero i grandi numeri di cui preoccuparsi allora? Un autore di calibro internazionale cosa dovrebbe dire?
Comunque resto dell'idea che una penna dovrebbe portare del buono.
In questo caso può permettersi di essere incisiva in virtù del fatto che il vecchio scripta manent non è ancora passato di moda...
di Vilma Cretti
Ma la mia creatività? Giro intorno ai capitoli del nuovo romanzo stando ben attenta a non avvicinarmi troppo, neanche fosse una mina ben mimetizzata in un campo.
Come mai? A saperlo... avrò bisogno di disintossicarmi dai fumi del lavoro che ho lasciato.
E poi sempre di più mi rendo conto che bisogna stare attenti a quello che si scrive. Chi legge non può essere aggredito. Far provare emozioni è una bella cosa ma a volte mi sfiora la paura di attraversare in modo negativo la vita degli altri...
Non dovrei, lo so. Sembrano scupoli eccessivi: intendiamoci, se ci fossero i grandi numeri di cui preoccuparsi allora? Un autore di calibro internazionale cosa dovrebbe dire?
Comunque resto dell'idea che una penna dovrebbe portare del buono.
In questo caso può permettersi di essere incisiva in virtù del fatto che il vecchio scripta manent non è ancora passato di moda...
di Vilma Cretti
lunedì 26 dicembre 2011
Per ridere (a denti stretti) del Capodanno...
Attenti, le feste non sono mica finite! Incombe Capodanno. E stavolta, con la crisi, sarà veramente dura.
Ad esempio, sapete perchè si usano le lenticchie a san Silvestro? Meglio, sapete cosa sono le lenticchie? Cereali? No. Con i primi rintocchi del 2012 le lenticchie si trasformeranno per incantesimo in piccole lenti: vi aiuteranno a cercare nei vostri portafogli i soldi per il conto del cenone. Se non ne trovate abbastanza potrete sempre dire al ristoratore che voi le lenticchie non le avete mangiate perchè erano dure come il vetro. Poi fate la faccia da ebete (basta che restiate con il cappellino, le stelle filanti e il fischietto di carta in bocca) e ditegli: "Qua lo zampone, vecchio, si stà a scherzà!"... E gli date il cinque con il due di picche. Se è briscola vincete voi e andate subito a lavare i piatti. Conviene sempre perchè in cucina qualcosa a Capodanno avanza.
Avete voglia di salmone? Ho un amico che li sa tutti. Può tirare un salmo anche per un'ora, fino all'Apocalisse. Che succede sempre quando gli altri si svegliano di colpo e scoprono che si sta festeggiando già il 2013.
Siete a corto di fuochi d'artificio? Vorreste stupire gli amici con uno spettacolo pirotecnico da una notte da "l'otto per mille"?
Ma non ne avete abbastanza di quello che ha fatto il governo Monti? Volete proprio finire nel baratro?
Allora basta che noleggiate un film di guerra. Mettete il televisore sul terrazzo... e ogni tanto inseritevi anche voi tra un bengala e un M18, gridando a squarciagola: spreaaad spreaaad spreaaddd piiiiil piiiil piiilllll deffault default default... Potete fare di più ,con un po' di fantasia.
Quella ad esempio che hanno i napoletani. Negli anni scorsi il primo dell'anno buttavano giù le robe vecchie dalla finestra. Adesso fanno il pieno di sacchetti di rifiuti e buttano tutto di sotto una volta sola. Doppio risparmio: anche della fatica a far le scale.
L'altro giorno ho visto poi un tizio che indossava quattro giacche a vento. Ho pensato: "vabbè, le hai rubate". Adesso però puoi anche toglierne qualcuna. E lui: "Quest'anno per le feste ho deciso di andare in un centro wellness mobile: l'unico problema è quando ti scappa la pipì... non si fa mai in tempo".
E che dire dello zio Mario? Di solito prenotava hotel, veglione, cenone con due mesi di anticipo. Quest'anno niente. "Ma come zio, non festeggi Capodanno?".
"Si, ma lo faccio quando arrivano i saldi, costa meno"...
di C.G.
Ad esempio, sapete perchè si usano le lenticchie a san Silvestro? Meglio, sapete cosa sono le lenticchie? Cereali? No. Con i primi rintocchi del 2012 le lenticchie si trasformeranno per incantesimo in piccole lenti: vi aiuteranno a cercare nei vostri portafogli i soldi per il conto del cenone. Se non ne trovate abbastanza potrete sempre dire al ristoratore che voi le lenticchie non le avete mangiate perchè erano dure come il vetro. Poi fate la faccia da ebete (basta che restiate con il cappellino, le stelle filanti e il fischietto di carta in bocca) e ditegli: "Qua lo zampone, vecchio, si stà a scherzà!"... E gli date il cinque con il due di picche. Se è briscola vincete voi e andate subito a lavare i piatti. Conviene sempre perchè in cucina qualcosa a Capodanno avanza.
Avete voglia di salmone? Ho un amico che li sa tutti. Può tirare un salmo anche per un'ora, fino all'Apocalisse. Che succede sempre quando gli altri si svegliano di colpo e scoprono che si sta festeggiando già il 2013.
Siete a corto di fuochi d'artificio? Vorreste stupire gli amici con uno spettacolo pirotecnico da una notte da "l'otto per mille"?
Ma non ne avete abbastanza di quello che ha fatto il governo Monti? Volete proprio finire nel baratro?
Allora basta che noleggiate un film di guerra. Mettete il televisore sul terrazzo... e ogni tanto inseritevi anche voi tra un bengala e un M18, gridando a squarciagola: spreaaad spreaaad spreaaddd piiiiil piiiil piiilllll deffault default default... Potete fare di più ,con un po' di fantasia.
Quella ad esempio che hanno i napoletani. Negli anni scorsi il primo dell'anno buttavano giù le robe vecchie dalla finestra. Adesso fanno il pieno di sacchetti di rifiuti e buttano tutto di sotto una volta sola. Doppio risparmio: anche della fatica a far le scale.
L'altro giorno ho visto poi un tizio che indossava quattro giacche a vento. Ho pensato: "vabbè, le hai rubate". Adesso però puoi anche toglierne qualcuna. E lui: "Quest'anno per le feste ho deciso di andare in un centro wellness mobile: l'unico problema è quando ti scappa la pipì... non si fa mai in tempo".
E che dire dello zio Mario? Di solito prenotava hotel, veglione, cenone con due mesi di anticipo. Quest'anno niente. "Ma come zio, non festeggi Capodanno?".
"Si, ma lo faccio quando arrivano i saldi, costa meno"...
di C.G.
Why did humans invent words?
Why did humans invent words?
I have a special relationship with words. I've had one ever since I started using the internet.
It's like words have feelings. I guess that's why there are different fonts and formats, and different types of punctuation marks, and different ways to phrase words to express different things.
But really, words attempt to explain. And words are meaningless without an author; indeed, all words have authors, somewhere in time.
Words are merely shadows of the soul. Little black symbols that your eyes see, and that your brain then interprets.
I get affected by these shadows so easily. Sometimes the authors, though they don't intend to, cause me pain with their shadows.
And though I could reciprocate the shadows with even more shadows, like I so often did in the past, I just end up with too much darkness and I never feel better in the end.
One of my favourite characters from one of my favourite games, League of Legends, has this quote: "The eyes never lie!".
And it's true. The problem with my world right now is that the screen in front of me hides my eyes, and hides yours as well, reader.
I could be lying to you when I write that I feel incredibly lonely at this hour of the night, and that my loneliness has been with me for many, many years, never being quite able to let me go when I'm in the real world.
But if you saw my eyes, you'd truly see that I'm incredibly lonely, and that I long for real...
by Gabriel Gervais-Houle, Toronto - Canada
I have a special relationship with words. I've had one ever since I started using the internet.
It's like words have feelings. I guess that's why there are different fonts and formats, and different types of punctuation marks, and different ways to phrase words to express different things.
But really, words attempt to explain. And words are meaningless without an author; indeed, all words have authors, somewhere in time.
Words are merely shadows of the soul. Little black symbols that your eyes see, and that your brain then interprets.
I get affected by these shadows so easily. Sometimes the authors, though they don't intend to, cause me pain with their shadows.
And though I could reciprocate the shadows with even more shadows, like I so often did in the past, I just end up with too much darkness and I never feel better in the end.
One of my favourite characters from one of my favourite games, League of Legends, has this quote: "The eyes never lie!".
And it's true. The problem with my world right now is that the screen in front of me hides my eyes, and hides yours as well, reader.
I could be lying to you when I write that I feel incredibly lonely at this hour of the night, and that my loneliness has been with me for many, many years, never being quite able to let me go when I'm in the real world.
But if you saw my eyes, you'd truly see that I'm incredibly lonely, and that I long for real...
by Gabriel Gervais-Houle, Toronto - Canada
Libertà di espressione: nuova condanna in Cina...
Chen Xi, dissidente del Guizhou, è stato condannato questa mattina, il giorno di Santo Stefano, a dieci anni di prigione, con altri tre anni in cui sarà privato dei diritti politici: di nuovo, una pesantissima sentenza per “incitazione sovversione del potere statale”, a causa di articoli pubblicati sul web (36), e di nuovo una pena comminata proprio intorno alle vacanze natalizie, quando la comunità internazionale è distratta da altre cose.
Il premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, che sta scontando una pena ad 11 anni di carcere, venne condannato proprio il giorno di Natale del 2009. E due giorni prima, invece, fu la volta di Chen Wei, l'attivista sichuanese che ha appena ricevuto nove anni di prigione (il 23 dicembre) per quattro scritti postati online in cui parlava del bisogno di libertà di espressione nel Paese.
Secondo Renée Xia, direttrice del gruppo Chinese Human Rights Defenders, una ONG di attivisti cinesi in esilio, ha dichiarato: “il panico del governo su scintille che somigliano alle rivolte arabe sta indubbiamente determinando la severità di queste pene ai critici del regime. Ma la soppressione delle opinioni e della loro espressione non sta certo affrontando le cause dei problemi”.
Il processo di oggi è durato appena due ore e mezza, e quando Chen Xi (anche chiamato Chen Youcai), e il suo avvocato Sun Guangquan, hanno cercato di perorare la causa di Chen e portarne avanti la difesa, sono stati ripetutamente interrotti dal giudice e Chen Xi non è stato autorizzato a fare una dichiarazione finale, come previsto dalla legge cinese. Mentre veniva scortato via dalla polizia, però, Chen ha mantenuto la sua innocenza, ed ha dichiarato che, visti i palesi problemi giudiziari cinesi e l'impossibilità di ottenere un processo giusto, non farà ricorso all'appello.
Il caso di Chen Xi, di 57 anni, è quasi un parallelo di quello di Chen Wei: entrambi, infatti, hanno cercato di portare avanti un lavoro per maggiore libertà di espressione da regioni lontane dal centro – il Sichuan e il Guizhou – ed entrambi erano stati coinvolti con le manifestazioni di Tiananmen, a Pechino, nel 1989, ed avevano scontato lunghe sentenze in precedenza. Chen Wei aveva già trascorso sei anni in prigione per le sue attività di dissidenza, mentre Chen Xi ne ha già trascorsi 13 dietro le sbarre. Chen era stato arrestato in novembre, e le prove contro di lui sono state le sue parole in difesa dei diritti umani negli articoli che ha pubblicato online.
fonte: La Stampa online
Il premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, che sta scontando una pena ad 11 anni di carcere, venne condannato proprio il giorno di Natale del 2009. E due giorni prima, invece, fu la volta di Chen Wei, l'attivista sichuanese che ha appena ricevuto nove anni di prigione (il 23 dicembre) per quattro scritti postati online in cui parlava del bisogno di libertà di espressione nel Paese.
Secondo Renée Xia, direttrice del gruppo Chinese Human Rights Defenders, una ONG di attivisti cinesi in esilio, ha dichiarato: “il panico del governo su scintille che somigliano alle rivolte arabe sta indubbiamente determinando la severità di queste pene ai critici del regime. Ma la soppressione delle opinioni e della loro espressione non sta certo affrontando le cause dei problemi”.
Il processo di oggi è durato appena due ore e mezza, e quando Chen Xi (anche chiamato Chen Youcai), e il suo avvocato Sun Guangquan, hanno cercato di perorare la causa di Chen e portarne avanti la difesa, sono stati ripetutamente interrotti dal giudice e Chen Xi non è stato autorizzato a fare una dichiarazione finale, come previsto dalla legge cinese. Mentre veniva scortato via dalla polizia, però, Chen ha mantenuto la sua innocenza, ed ha dichiarato che, visti i palesi problemi giudiziari cinesi e l'impossibilità di ottenere un processo giusto, non farà ricorso all'appello.
Il caso di Chen Xi, di 57 anni, è quasi un parallelo di quello di Chen Wei: entrambi, infatti, hanno cercato di portare avanti un lavoro per maggiore libertà di espressione da regioni lontane dal centro – il Sichuan e il Guizhou – ed entrambi erano stati coinvolti con le manifestazioni di Tiananmen, a Pechino, nel 1989, ed avevano scontato lunghe sentenze in precedenza. Chen Wei aveva già trascorso sei anni in prigione per le sue attività di dissidenza, mentre Chen Xi ne ha già trascorsi 13 dietro le sbarre. Chen era stato arrestato in novembre, e le prove contro di lui sono state le sue parole in difesa dei diritti umani negli articoli che ha pubblicato online.
fonte: La Stampa online
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Ecco i personaggi letterari preferiti...
Non c'è gara: i più numerosi sono gli chef e gli assassini.
Le librerie, trasformate in commissariati e in scuole di cucina, li hanno accolti negli ultimi anni con grandi onori. Non eravamo stufi dell'Italia spaghetti-e-pistola sbeffeggiata dalle copertine straniere di trent'anni fa? E soprattutto: gli altri? Quelli che non vanno oltre l'uovo al tegamino e hanno la fedina penale limpida? Il rischio è perderli di vista.
I personaggi letterari sono una folla in perenne incremento, anche nei paesi a natalità zero. Schedarli è un'impresa impossibile.
I dizionari – come il benemerito Bompiani – restano sempre e comunque indietro: non fanno in tempo a mettere al sicuro Agostino, Marcovaldo e Pereira, che ne hanno lasciati per strada il triplo.
Le librerie, trasformate in commissariati e in scuole di cucina, li hanno accolti negli ultimi anni con grandi onori. Non eravamo stufi dell'Italia spaghetti-e-pistola sbeffeggiata dalle copertine straniere di trent'anni fa? E soprattutto: gli altri? Quelli che non vanno oltre l'uovo al tegamino e hanno la fedina penale limpida? Il rischio è perderli di vista.
I personaggi letterari sono una folla in perenne incremento, anche nei paesi a natalità zero. Schedarli è un'impresa impossibile.
I dizionari – come il benemerito Bompiani – restano sempre e comunque indietro: non fanno in tempo a mettere al sicuro Agostino, Marcovaldo e Pereira, che ne hanno lasciati per strada il triplo.
Così, anche chi volesse – a fine anno – fare la conta di quelli recenti, dovrà arrendersi all'ipotesi che i più interessanti potrebbero essergli sfuggiti.
Va come negli incontri fra esseri umani: casualità e stati d'animo hanno la meglio sulla volontà di controllo...
di Paolo Di Paolo - Il Sole 24 Ore - read more at http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-12-22/ecco-personaggi-letterari-2011-131218.shtml?uuid=AaucrgWE
di Paolo Di Paolo - Il Sole 24 Ore - read more at http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-12-22/ecco-personaggi-letterari-2011-131218.shtml?uuid=AaucrgWE
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Letterari doni..
Va bene, come dice una persona saggia "... e anche quest'anno ci siamo lasciati la festa per eccellenza alle spalle... a Capodanno un'altra spallata e via: liberi e freschi come la rugiada..."
Ma alla fin fine, tornando a noi, quanti e quali libri avete regalato? Quanti e quali avete ricevuto? Da chi?
Qui lo spazio per un resoconto dei letterari doni...
domenica 25 dicembre 2011
Giorgio Bocca e il suo contributo al giornalismo...
Si è spento oggi, alla bella età di 91 anni, Giorgio Valentino Bocca, giornalista e scrittore italiano.
La sua storia: studiò alla facoltà di Giurisprudenza a Torino; si iscrisse al Gruppo Universitario Fascista (Guf), in cui divenne piuttosto noto a livello provinciale, anche per i suoi risultati nelle competizioni sciistiche. Allo scoppio della guerra, ormai ventenne, venne chiamato alle armi come allievo ufficiale negli Alpini.
Giorgio Bocca iniziò a scrivere da adolescente, dalla seconda metà degli anni Trenta, su periodici a diffusione locale. Successivamente, dal 1938 al 1943, scrisse per la testata cuneese La Provincia Grande, Sentinella d'Italia.
Alla fine della lotta partigiana, riprense l'attività giornalistica, scrivendo per il giornale di Giustizia e Libertà. Dopo la guerra lavorò per la Gazzetta del Popolo, quindi per L'Europeo e Il Giorno. Negli anni Sessanta si affermò come inviato speciale con inchieste sulla realtà italiana.
Nel 1975 sostenne che l'esistenza delle Brigate Rosse fosse in realtà una favola raccontata agli italiani dagli inquirenti e dai servizi segreti. Qualche anno più tardi rivide pubblicamente queste sue posizioni.
Nel 1976 fu tra i fondatori del quotidiano la Repubblica, con cui da allora collaborò ininterrottamente.
Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta ebbe anche un'esperienza nel giornalismo televisivo: a partire dal 1983 ideò e condusse una serie di trasmissioni per le reti Fininvest: Prima pagina, Protagonisti, 2000 e dintorni, Il cittadino e il potere.
È stato anche opinionista per i programmi Dovere di cronaca e Dentro la notizia. Nel 1989 ha condotto per Canale 5 un'inchiesta sul terrorismo italiano e internazionale degli anni '70-'80 dal titolo «Il mondo del terrore».
L'11 aprile 2008 gli è stato consegnato nella sua casa milanese con una cerimonia privata dal presidente della Giuria Italo Moretti, il Premio Ilaria Alpi alla carriera 2008, giunto ora alla sua quarta edizione (i vincitori delle passate edizioni, sono stati Enzo Biagi (2005), Ryszard Kapuscinski (2006) ed Emilio Rossi (2007)).
Dalla pratica del giornalismo nacque la sua attività di scrittore, con i suoi libri a sfondo sociale e di costume. Il suo interesse si spostò sulla crisi sociale, che - nella sua interpretazione dei fatti - generava il terrorismo, di cui scrisse la storia e intervistò i protagonisti. Si interessò frequentemente di aspetti relativi al divario geografico dell'economia e del sociale d'Italia, scrivendo di fatti inerenti la questione meridionale e l'avvento del fenomeno leghista all'inizio degli anni anni Novanta.
Bocca scrisse anche diverse importanti opere storiche, tra cui alcune sulla sua esperienza partigiana.
Nel 2000 vinse il premio letterario Gandovere-Franciacorta nella sezione testimonianze.
L'orientamento politico nel corso del tempo si è rivelato variegato e percorso da un'analisi acuta ma originale dei fenomeni italiani. Ha fatto molto discutere, e sono stati scritti al riguardo articoli di fuoco, nella prima metà degli anni Novanta, la sua adesione ad alcune mozioni della nascente Lega Nord, che poi contrasterà, tra le menti più lucide al riguardo, con tutta la politica della destra italiana al potere. All'inizio dell'ascesa di Bettino Craxi ai vertici del Partito Socialista Italiano, si ricordano alcuni articoli elogiativi di Bocca, che poi però fu uno dei più accerrimi nemici del modo di fare politica amorale e della cosiddetta Milano da bere incarnata in Craxi. Profondamente critico nei confronti della globalizzazione, nelle sue ultime opere dà una lettura assai negativa dell'ascesa politica di Silvio Berlusconi e della politica statunitense di stampo conservatore.
Negli ultimi anni Bocca - oltre ad essere pervaso da un pessimismo cosmico sulla capacità del suo Paese di rialzare la testa e di riconquistare il pudore perduto - si è contrapposto anche ad alcuni tentativi di revisione critica della Resistenza; in particolare, si ricorda una sua polemica con Giampaolo Pansa, che pure era stato suo compagno d'avventura prima a La Repubblica, poi a l'Espresso. Lancia per questo, dalle pagine del quotidiano la Repubblica, numerosi moniti rivolti alle nuove generazioni perché ricordino i valori fondanti della nostra Repubblica.
Intervistato da l'Espresso, nel 2007, dichiarò: «Sono certo che morirò avendo fallito il mio programma di vita: non vedrò l’emancipazione civile dell’Italia. Sono passato per alcuni innamoramenti, la Resistenza, Mattei, il miracolo economico, il centro-sinistra. Non è che allora la politica fosse entusiasmante, però c’erano principi riconosciuti: i giudici fanno giustizia, gli imprenditori impresa. Invece mi trovo un paese in condominio con la mafia. E il successo di chi elogia i vizi, i tipi alla Briatore».
Nel 2011 in un'intervista ha affermato che nel meridione d'Italia vi sarebbe un "contrasto tra paesaggi meravigliosi e gente orrenda, un'umanità repellente.
fonte: Wikipedia
La sua storia: studiò alla facoltà di Giurisprudenza a Torino; si iscrisse al Gruppo Universitario Fascista (Guf), in cui divenne piuttosto noto a livello provinciale, anche per i suoi risultati nelle competizioni sciistiche. Allo scoppio della guerra, ormai ventenne, venne chiamato alle armi come allievo ufficiale negli Alpini.
Giorgio Bocca iniziò a scrivere da adolescente, dalla seconda metà degli anni Trenta, su periodici a diffusione locale. Successivamente, dal 1938 al 1943, scrisse per la testata cuneese La Provincia Grande, Sentinella d'Italia.
Alla fine della lotta partigiana, riprense l'attività giornalistica, scrivendo per il giornale di Giustizia e Libertà. Dopo la guerra lavorò per la Gazzetta del Popolo, quindi per L'Europeo e Il Giorno. Negli anni Sessanta si affermò come inviato speciale con inchieste sulla realtà italiana.
Nel 1975 sostenne che l'esistenza delle Brigate Rosse fosse in realtà una favola raccontata agli italiani dagli inquirenti e dai servizi segreti. Qualche anno più tardi rivide pubblicamente queste sue posizioni.
Nel 1976 fu tra i fondatori del quotidiano la Repubblica, con cui da allora collaborò ininterrottamente.
Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta ebbe anche un'esperienza nel giornalismo televisivo: a partire dal 1983 ideò e condusse una serie di trasmissioni per le reti Fininvest: Prima pagina, Protagonisti, 2000 e dintorni, Il cittadino e il potere.
È stato anche opinionista per i programmi Dovere di cronaca e Dentro la notizia. Nel 1989 ha condotto per Canale 5 un'inchiesta sul terrorismo italiano e internazionale degli anni '70-'80 dal titolo «Il mondo del terrore».
L'11 aprile 2008 gli è stato consegnato nella sua casa milanese con una cerimonia privata dal presidente della Giuria Italo Moretti, il Premio Ilaria Alpi alla carriera 2008, giunto ora alla sua quarta edizione (i vincitori delle passate edizioni, sono stati Enzo Biagi (2005), Ryszard Kapuscinski (2006) ed Emilio Rossi (2007)).
Dalla pratica del giornalismo nacque la sua attività di scrittore, con i suoi libri a sfondo sociale e di costume. Il suo interesse si spostò sulla crisi sociale, che - nella sua interpretazione dei fatti - generava il terrorismo, di cui scrisse la storia e intervistò i protagonisti. Si interessò frequentemente di aspetti relativi al divario geografico dell'economia e del sociale d'Italia, scrivendo di fatti inerenti la questione meridionale e l'avvento del fenomeno leghista all'inizio degli anni anni Novanta.
Bocca scrisse anche diverse importanti opere storiche, tra cui alcune sulla sua esperienza partigiana.
Nel 2000 vinse il premio letterario Gandovere-Franciacorta nella sezione testimonianze.
L'orientamento politico nel corso del tempo si è rivelato variegato e percorso da un'analisi acuta ma originale dei fenomeni italiani. Ha fatto molto discutere, e sono stati scritti al riguardo articoli di fuoco, nella prima metà degli anni Novanta, la sua adesione ad alcune mozioni della nascente Lega Nord, che poi contrasterà, tra le menti più lucide al riguardo, con tutta la politica della destra italiana al potere. All'inizio dell'ascesa di Bettino Craxi ai vertici del Partito Socialista Italiano, si ricordano alcuni articoli elogiativi di Bocca, che poi però fu uno dei più accerrimi nemici del modo di fare politica amorale e della cosiddetta Milano da bere incarnata in Craxi. Profondamente critico nei confronti della globalizzazione, nelle sue ultime opere dà una lettura assai negativa dell'ascesa politica di Silvio Berlusconi e della politica statunitense di stampo conservatore.
Negli ultimi anni Bocca - oltre ad essere pervaso da un pessimismo cosmico sulla capacità del suo Paese di rialzare la testa e di riconquistare il pudore perduto - si è contrapposto anche ad alcuni tentativi di revisione critica della Resistenza; in particolare, si ricorda una sua polemica con Giampaolo Pansa, che pure era stato suo compagno d'avventura prima a La Repubblica, poi a l'Espresso. Lancia per questo, dalle pagine del quotidiano la Repubblica, numerosi moniti rivolti alle nuove generazioni perché ricordino i valori fondanti della nostra Repubblica.
Intervistato da l'Espresso, nel 2007, dichiarò: «Sono certo che morirò avendo fallito il mio programma di vita: non vedrò l’emancipazione civile dell’Italia. Sono passato per alcuni innamoramenti, la Resistenza, Mattei, il miracolo economico, il centro-sinistra. Non è che allora la politica fosse entusiasmante, però c’erano principi riconosciuti: i giudici fanno giustizia, gli imprenditori impresa. Invece mi trovo un paese in condominio con la mafia. E il successo di chi elogia i vizi, i tipi alla Briatore».
Nel 2011 in un'intervista ha affermato che nel meridione d'Italia vi sarebbe un "contrasto tra paesaggi meravigliosi e gente orrenda, un'umanità repellente.
fonte: Wikipedia
Tutto ebbe inizio con il cembalo...
Se oggi possiamo scrivere dei testi velocemente sulla tastiera del nostro pc, il merito va a Giuseppe Ravizza, un avvocato italiano che, nel 1837, iniziò a costruire il primo prototipo del "cembalo scrivano", così chiamato per via della forma dei tasti, simili a quelli dello strumento musicale. Utilizzò infatti i tasti di un pianoforte.
Nel 1855 brevettò la sua invenzione migliorata e dotata di 32 tasti, e nel 1856 ne presentò una versione ormai definitiva all'Esposizione Industriale di Torino e ad una mostra analoga a Novara dedicate alle "Arti e alla Tecnica", dove fu premiato con la medaglia d'oro.
All'Esposizione, la macchina da scrivere con tasti venne posta in vendita al prezzo di 200 lire. Gli acquirenti furono pochi.
«Chiamare la meccanica in aiuto all'estesa e importante operazione dello scrivere, sostituire nell'uso generale della mano che traccia le lettere, l'azione d'un meccanismo, in cui le lettere sono già formate perfette e uniformi, invece che operare con una sola mano, operare con ciascuna delle dieci dita, ecco il problema che io mi sono proposto e alla cui soluzione attendo da 19 anni». (Giuseppe Ravizza)
All'Esposizione, la macchina da scrivere con tasti venne posta in vendita al prezzo di 200 lire. Gli acquirenti furono pochi.
«Chiamare la meccanica in aiuto all'estesa e importante operazione dello scrivere, sostituire nell'uso generale della mano che traccia le lettere, l'azione d'un meccanismo, in cui le lettere sono già formate perfette e uniformi, invece che operare con una sola mano, operare con ciascuna delle dieci dita, ecco il problema che io mi sono proposto e alla cui soluzione attendo da 19 anni». (Giuseppe Ravizza)
sabato 24 dicembre 2011
Nella lettera a Babbo Natale tutti i sogni dei bambini...
C'è chi chiede un regalo piccolo piccolo perché nel mondo ci sono tanti bambini che non hanno niente.
Ce ne sono altri che fanno un interminabile e per certi versi assurdo elenco di giochi. C'è chi chiede pace nel mondo e chi una sorellina meno dispettosa. Chi un fratellino e chi un animaletto col quale giocare.
Nelle lettere che i bambini trentini hanno scritto a Babbo Natale ci sono mille sogni e mille desideri.
Nelle lettere che i bambini trentini hanno scritto a Babbo Natale ci sono mille sogni e mille desideri.
Molte lettere sono state prese dai genitori e infilate in qualche cassetto nascosto della casa.
Altre, per rendere tutto più credibile, sono state imbucate nella cassetta delle lettere.
Quanto al destinatario c'è tutta la fantasia dei bambini. Considerato che di Babbo Natale ce n'è uno solo, molti si sono limitati al nome. Altri come indirizzo hanno messo Polo Nord, altri ancora via del Cielo, piuttosto che via della Galassia. Da qualche anno le Poste non cestinano questa corrispondenza. Anzi.
Anche per il 2012 la società ha realizzato il progetto «Postini di Babbo Natale» per portare ai bambini la gioia di ricevere una risposta personalizzata ed un piccolo dono che sarà consegnato dal portalettere del quartiere.
Desideri e speranze affidati a messaggi di carta vengono recuperati, raccolti e letti dai «postini di Babbo Natale» di Poste Italiane.
Si stima che quest'anno ne arriveranno oltre 150mila in tutta Italia e circa 10.000 nel Nordest. Naturalmente risposta e dono potranno essere recapitati solo se i bimbi non avranno dimenticato di indicare il mittente. Il dono inviato, ovviamente, nulla ha a che fare con i desideri espressi nelle lettere dai bambini altrimenti il bilancio della società andrebbe ben presto in rosso, soprattutto se arrivassero molte lettere come quella di Gigliola di 8 anni di Trento, la cui richiesta a Babbo Natale sembra più un catalogo dei giocattoli che una reale lista dei desideri.
Edoardo invece, vorrebbe un unico regalo. La Wii anche perché - dice - «sono abbastanza bravo e a me basta solo questo perché ci sono bambini poveri che hanno poco da mangiare». Elisa è un'appassionata di musica e chiede, se per favore, Babbo Natale gli potrebbe portare un paio di cuffie. Indica marca e modello e poi aggiunge anche una macchina telecomandata. «Infine - dice - ti lascio scegliere il mio terzo regalo. Firmato: la tua birichina Elisa». Anche Nicol 12 anni , che a Babbo Natale probabilmente già non crede più da un po', chiede «un po' di pace e serenità» e pensa ai bambini meno fortunati. Nonostante età e buoni propositi, però, anche lei non resiste alla tentazione di chiedere un regalino. «Portami quello che vuoi tu», scrive al termine della letterina.
Zeno ha inviato una rettifica alla sua prima lettera. «Caro Babbo Natale, scusa se ho cambiato idea ma non voglio giochi con le pile. Scusa se faccio i capricci, so che mi guardi con il cannocchiale. Cercherò di migliorare». E per evitare che Babbo Natale faccia errori nella consegna ha aggiunto anche un bel p.s: «Come sempre saremo dalla nonna».
Commuovente Adam di 3 anni che per aggrazziarsi le simpatie di Babbo Natale mette subito in chiaro che lui non usa più il ciuccio e che di notte non piange grazie alla pecorella Nora. Poi via alle richieste che fanno sospettare una certa passione per la professione medica considerato che ai primi due posti della lista c'è l'ambulanza con il chirurgo e l'infermiera con le punture. E la vena salutista non si esaurisce qui considerato che il piccolo ha chiesto anche carote, mele, mandarini e poi infine una stella. Dolcissimo come solo i bambini sanno esserlo, Francesco di quasi sette anni che, prima di lasciarsi andare ai desideri, assicura a Babbo Natale che lui è un bambino quasi bravo ma promette che diventerà bravissimo. Matilde invece, la lettera l'ha indirizzata a S. Nicolò. «Lo so che certe volte mi comporto male con le mie sorelle - ammette - . Quindi portami un po' di carbone ma anche due cosine».
fonte: Patrizia Todesco - l'Adige online
Quanto al destinatario c'è tutta la fantasia dei bambini. Considerato che di Babbo Natale ce n'è uno solo, molti si sono limitati al nome. Altri come indirizzo hanno messo Polo Nord, altri ancora via del Cielo, piuttosto che via della Galassia. Da qualche anno le Poste non cestinano questa corrispondenza. Anzi.
Anche per il 2012 la società ha realizzato il progetto «Postini di Babbo Natale» per portare ai bambini la gioia di ricevere una risposta personalizzata ed un piccolo dono che sarà consegnato dal portalettere del quartiere.
Desideri e speranze affidati a messaggi di carta vengono recuperati, raccolti e letti dai «postini di Babbo Natale» di Poste Italiane.
Si stima che quest'anno ne arriveranno oltre 150mila in tutta Italia e circa 10.000 nel Nordest. Naturalmente risposta e dono potranno essere recapitati solo se i bimbi non avranno dimenticato di indicare il mittente. Il dono inviato, ovviamente, nulla ha a che fare con i desideri espressi nelle lettere dai bambini altrimenti il bilancio della società andrebbe ben presto in rosso, soprattutto se arrivassero molte lettere come quella di Gigliola di 8 anni di Trento, la cui richiesta a Babbo Natale sembra più un catalogo dei giocattoli che una reale lista dei desideri.
Edoardo invece, vorrebbe un unico regalo. La Wii anche perché - dice - «sono abbastanza bravo e a me basta solo questo perché ci sono bambini poveri che hanno poco da mangiare». Elisa è un'appassionata di musica e chiede, se per favore, Babbo Natale gli potrebbe portare un paio di cuffie. Indica marca e modello e poi aggiunge anche una macchina telecomandata. «Infine - dice - ti lascio scegliere il mio terzo regalo. Firmato: la tua birichina Elisa». Anche Nicol 12 anni , che a Babbo Natale probabilmente già non crede più da un po', chiede «un po' di pace e serenità» e pensa ai bambini meno fortunati. Nonostante età e buoni propositi, però, anche lei non resiste alla tentazione di chiedere un regalino. «Portami quello che vuoi tu», scrive al termine della letterina.
Zeno ha inviato una rettifica alla sua prima lettera. «Caro Babbo Natale, scusa se ho cambiato idea ma non voglio giochi con le pile. Scusa se faccio i capricci, so che mi guardi con il cannocchiale. Cercherò di migliorare». E per evitare che Babbo Natale faccia errori nella consegna ha aggiunto anche un bel p.s: «Come sempre saremo dalla nonna».
Commuovente Adam di 3 anni che per aggrazziarsi le simpatie di Babbo Natale mette subito in chiaro che lui non usa più il ciuccio e che di notte non piange grazie alla pecorella Nora. Poi via alle richieste che fanno sospettare una certa passione per la professione medica considerato che ai primi due posti della lista c'è l'ambulanza con il chirurgo e l'infermiera con le punture. E la vena salutista non si esaurisce qui considerato che il piccolo ha chiesto anche carote, mele, mandarini e poi infine una stella. Dolcissimo come solo i bambini sanno esserlo, Francesco di quasi sette anni che, prima di lasciarsi andare ai desideri, assicura a Babbo Natale che lui è un bambino quasi bravo ma promette che diventerà bravissimo. Matilde invece, la lettera l'ha indirizzata a S. Nicolò. «Lo so che certe volte mi comporto male con le mie sorelle - ammette - . Quindi portami un po' di carbone ma anche due cosine».
fonte: Patrizia Todesco - l'Adige online
Con un tablet in cartella...
Immaginiamo la scuola 2.0 del futuro prossimo: un tablet al posto dei libri di testo, un'unica tavoletta elettronica per contenere in un centimetro di spessore le migliaia di pagine dei volumi che accompagnano gli studenti nell'arco della carriera. E che, oltre il contenuto, hanno anche un peso importante, in chilogrammi, sorretto da zaini sempre più rinforzati: un fardello che dalle scuole raccontate da Collodi e De Amicis è diventato sempre più grande, e che finalmente la tecnologia può contribuire ad alleviare. Aumentando nello stesso tempo la quantità di informazioni disponibili a chi studia.
Una scuola touch. Le possibilità di integrazione delle nuove tecnologie già nella scuola di oggi sono molto alte. Certo in un'istituzione piagata dalla cronica mancanza di risorse, il prezzo per l'acquisto di un tablet per ogni studente potrebbe essere un ostacolo serio. Ma in India, il tablet da 30 dollari è una realtà, e nasce specificamente come strumento didattico. Ciò che offre un tablet più di un notebook è la possibilità di essere usato oltre che come libro di testo, come quaderno, blocco appunti, strumento di precisione grazie ai giroscopi, estensione di un banco-desktop gestibile senza una tastiera o un mouse. Caratteristiche che si ritrovano in tutti i modelli disponibili sul mercato, certo migliore è l'hardware e più ampie saranno le possibilità di applicazione. Ma per far diventare i compiti "touch", è necessario che l'infrastruttura scolastica venga adeguata. Questo significa come minimo, accesso alla banda larga per gli studenti in classe e a casa.
La scuola diventa una app. Con l'introduzione della tecnologia come strumento didattico, non si può prescindere da un cambiamento dell'istituzione. Che non può terminare con il semplice adattamento, ma deve diventare una trasformazione. Di più: la trasformazione dei modi, degli strumenti e delle catergorie della scuola deve diventare un elemento strutturale, per permettere un'evoluzione costante e sistematica della scuola e degli studenti stessi, oltre alle modalità didattiche. E soprattutto dei docenti, per cui il lavoro di insegnamento diverrebbe giocoforza e proficuamente anche una ricerca e un aggiornamento costante.
Studiare è social. Il tablet è solo il più vicino degli orizzonti, anche per la velocità con cui le tecnologie cambiano, e con loro i relativi costi. Dopo le lavagne elettroniche, non è lontano il giorno in cui ogni studente potrà avere un banco-tablet, come quello che oggi vediamo nei telegiornali, sincronizzato con il proprio dispositivo mobile e con il computer a casa. Lo spazio della scuola si estenderebbe insomma, per superare i confini dell'edificio ed entrare nella vita dello studente con dinamiche di intervento e condivisione che arrivano dal mondo del web sociale, piuttosto che dai videogiochi, un universo di stimoli e verifiche riconvogliabili nella didattica. Tutti elementi da non sottovalutare.
Una scuola touch. Le possibilità di integrazione delle nuove tecnologie già nella scuola di oggi sono molto alte. Certo in un'istituzione piagata dalla cronica mancanza di risorse, il prezzo per l'acquisto di un tablet per ogni studente potrebbe essere un ostacolo serio. Ma in India, il tablet da 30 dollari è una realtà, e nasce specificamente come strumento didattico. Ciò che offre un tablet più di un notebook è la possibilità di essere usato oltre che come libro di testo, come quaderno, blocco appunti, strumento di precisione grazie ai giroscopi, estensione di un banco-desktop gestibile senza una tastiera o un mouse. Caratteristiche che si ritrovano in tutti i modelli disponibili sul mercato, certo migliore è l'hardware e più ampie saranno le possibilità di applicazione. Ma per far diventare i compiti "touch", è necessario che l'infrastruttura scolastica venga adeguata. Questo significa come minimo, accesso alla banda larga per gli studenti in classe e a casa.
La scuola diventa una app. Con l'introduzione della tecnologia come strumento didattico, non si può prescindere da un cambiamento dell'istituzione. Che non può terminare con il semplice adattamento, ma deve diventare una trasformazione. Di più: la trasformazione dei modi, degli strumenti e delle catergorie della scuola deve diventare un elemento strutturale, per permettere un'evoluzione costante e sistematica della scuola e degli studenti stessi, oltre alle modalità didattiche. E soprattutto dei docenti, per cui il lavoro di insegnamento diverrebbe giocoforza e proficuamente anche una ricerca e un aggiornamento costante.
Studiare è social. Il tablet è solo il più vicino degli orizzonti, anche per la velocità con cui le tecnologie cambiano, e con loro i relativi costi. Dopo le lavagne elettroniche, non è lontano il giorno in cui ogni studente potrà avere un banco-tablet, come quello che oggi vediamo nei telegiornali, sincronizzato con il proprio dispositivo mobile e con il computer a casa. Lo spazio della scuola si estenderebbe insomma, per superare i confini dell'edificio ed entrare nella vita dello studente con dinamiche di intervento e condivisione che arrivano dal mondo del web sociale, piuttosto che dai videogiochi, un universo di stimoli e verifiche riconvogliabili nella didattica. Tutti elementi da non sottovalutare.
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Gli ultimi libri dell'umanità?
Che cosa leggeremo nell'anno che, secondo la profezia maya, segnerà la fine del mondo?
Tra autori collaudati e esordienti, ecco una lista di romanzi (ma non solo!) da cui scegliere per passare bene il tempo che ci rimane...
- "Zia Antonia sapeva di menta" di Andrea Vitali
- "Il marchio del diavolo" di Glenn Cooper
- "Il dono incantato del brigante" di Rafik Schami
- "Livelli di guardia" di Claudio Magris
- "Le ricette di Nefertiti" di Bruno Gambarotta
- "Non molto lontano da qui" di Massimo Cacciapuoti
- "Nel libro della vita" di Stuart Nadler
- "Il bacio e il sortilegio" di Jacqueline Carey
- "Se non ora, adesso" di don Andrea Gallo
- "Minorenni in vendita" di Iana Matei
- "Silenzio, si ruba" di Marco Travaglio
- "La cucina degli ingredienti magici" di Jael McHenry
- "Schegge di eternità" di Raymond Moody
- "Venivamo tutte per mare" di Julie Otsuka
- "Il colore della memoria" di Care Santos
- "La quinta costellazione del cuore" di Monika Peetz
- "Controsole" di Roberto Parodi
- "La forza del destino" di Marco Vichi
- "Ricomincio da te" di Eloy Moreno
- "Se fosse per sempre" di Tara Hudson
- "L'eretico" di Carlo Martigli
- "Lo sguardo oltre le dune" di Carla Perrotti
... e la lista potrebbe continuare... Ogni libro ha una storia da raccontare, un'idea da spiegare, un sogno da alimentare e per ogni lettore c'è un libro giusto che tra le sue pagine può offrire una risposta, una speranza, o semplicemente un momento di relax e di divertimento...
Quindi non mi resta che augurare Buone Letture a tutti quanti!
Tra autori collaudati e esordienti, ecco una lista di romanzi (ma non solo!) da cui scegliere per passare bene il tempo che ci rimane...
- "Zia Antonia sapeva di menta" di Andrea Vitali
- "Il marchio del diavolo" di Glenn Cooper
- "Il dono incantato del brigante" di Rafik Schami
- "Livelli di guardia" di Claudio Magris
- "Le ricette di Nefertiti" di Bruno Gambarotta
- "Non molto lontano da qui" di Massimo Cacciapuoti
- "Nel libro della vita" di Stuart Nadler
- "Il bacio e il sortilegio" di Jacqueline Carey
- "Se non ora, adesso" di don Andrea Gallo
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- "Silenzio, si ruba" di Marco Travaglio
- "La cucina degli ingredienti magici" di Jael McHenry
- "Schegge di eternità" di Raymond Moody
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- "L'eretico" di Carlo Martigli
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... e la lista potrebbe continuare... Ogni libro ha una storia da raccontare, un'idea da spiegare, un sogno da alimentare e per ogni lettore c'è un libro giusto che tra le sue pagine può offrire una risposta, una speranza, o semplicemente un momento di relax e di divertimento...
Quindi non mi resta che augurare Buone Letture a tutti quanti!
La fiamma...
Sia che tu vada a ballare tutta agghindata
sia che il tuo cuore si maceri negli affanni
quotidianamente rivivi il miracolo
che la fiamma della vita arte in te.
Taluno si lascia ardere e dissipare,
pago dell'attimo inebriante,
altri consegnano premurosi e distaccati
a figli e nipoti la propria sorte.
Eppure perduti sono soltanto i giorni di colui
il cui cammino percorre un cupo crepuscolo,
di chi si appaga del tormento quotidiano
e mai percepisce la fiamma della vita.
Hermann Hesse
2012, a svegliarci saranno i sogni...
Il mio amico Joe Maya, esperto in profezie terrorizzanti, si è licenziato ieri da Wall Street per aprire un’agenzia di sopravvivenza, «Occupy Yourself». Occupa te stesso. A volte è più difficile che occupare una piazza. Mi ha mandato l’opuscolo pubblicitario.
«Caro compagno d’avventura, sono orgoglioso di anticiparti che il 2012 ti romperà le scatole. Non potrai più fare quello che hai sempre fatto. Se vorrai sopravvivere, sarai costretto a cambiare. Ho preparato una griglia di incroci che la vita ti getterà fra i piedi nei prossimi mesi. Gli incroci non li hai decisi tu, e questo si chiama destino. Ma quale strada prendere a ogni svolta dipende solo da te. E questa si chiama libertà. Protesta o subisci. Non credo sia più tempo di scrollare le spalle. Se ti tirano uno schiaffo, passati pure una parola di perdono sulla ferita. Ma non avere paura di urlare il tuo dolore.
Accetta o rifiuta. Il mondo è cambiato. Se non sei un cinese o un indiano, probabilmente in peggio. Per provare a cambiarlo daccapo, prima devi prenderlo com’è. Conosci la favola dei due topolini che un giorno non trovarono la fetta di formaggio al solito posto? Uno solo morì di fame: quello che restò ad aspettarla. Scappa o rimani. Puoi cercare altrove (ti suggerisco l’Australia per il clima e il Brasile per la compagnia) oppure cercarti dentro di te. A volte le scoperte più importanti si trovano a chilometro zero. Però ogni tanto alza le chiappe dal computer e azzarda una passeggiata fra gli umani. I sentimenti sono fatti di odori che neppure Jobs era riuscito a mettere in scatola. Delega o agisci. I politici non ti odiano e non ti vogliono bene: semplicemente se ne infischiano di te. Puoi provare a cambiarli, ma ricorda che non c’è limite al peggio, come disse un mio amico prima di conoscere Scilipoti. Oppure puoi provare a ricambiarli. Infischiandotene di loro. La nuova politica è il progetto che farai tu, associandoti con i tuoi simili per un obiettivo comune.
Diffida o credi. Puoi credere che tutto sia un complotto contro di te. Oppure credere in te. (Berlusconi riesce a fare entrambe le cose, ma è un caso unico). La prima strada è più sicura: troverai sempre qualcuno disposto a fornirti le prove della congiura. La seconda è piena di spifferi. Una via per eletti. Ti piacerebbe essere eletto, per una volta? Arretra o evolvi. Arretrare ha i suoi vantaggi, specie se ti trovi a un passo dal baratro. Evolvere ha il suo fascino: la perdita delle sicurezze può farti vincere un rischio, oltre il quale ci sei tu in un modo che adesso non puoi neanche immaginare. Scegli: avanti o indietro. Basta che ti muovi.
Rimpiangi o ricostruisci. Il torcicollo emotivo ha un effetto calmante sui pessimisti. Altri preferiscono guardare oltre le macerie. Il trucco è ripartire da un sogno piccolo. Aiuta a combattere la sensazione di non contare nulla e di non poter cambiare mai nulla, neanche se stessi». Sui deliri di Joe Maya non mi pronuncio. Ma l’ultima frase la sottoscrivo: non sono gli schiaffi a svegliarci, ma i sogni. E poiché il prossimo anno di schiaffi ne arriveranno parecchi, auguro a tutti un risveglio pieno di sogni.
sublime Massimo Gramellini-pensiero tratto da La Stampa online
«Caro compagno d’avventura, sono orgoglioso di anticiparti che il 2012 ti romperà le scatole. Non potrai più fare quello che hai sempre fatto. Se vorrai sopravvivere, sarai costretto a cambiare. Ho preparato una griglia di incroci che la vita ti getterà fra i piedi nei prossimi mesi. Gli incroci non li hai decisi tu, e questo si chiama destino. Ma quale strada prendere a ogni svolta dipende solo da te. E questa si chiama libertà. Protesta o subisci. Non credo sia più tempo di scrollare le spalle. Se ti tirano uno schiaffo, passati pure una parola di perdono sulla ferita. Ma non avere paura di urlare il tuo dolore.
Accetta o rifiuta. Il mondo è cambiato. Se non sei un cinese o un indiano, probabilmente in peggio. Per provare a cambiarlo daccapo, prima devi prenderlo com’è. Conosci la favola dei due topolini che un giorno non trovarono la fetta di formaggio al solito posto? Uno solo morì di fame: quello che restò ad aspettarla. Scappa o rimani. Puoi cercare altrove (ti suggerisco l’Australia per il clima e il Brasile per la compagnia) oppure cercarti dentro di te. A volte le scoperte più importanti si trovano a chilometro zero. Però ogni tanto alza le chiappe dal computer e azzarda una passeggiata fra gli umani. I sentimenti sono fatti di odori che neppure Jobs era riuscito a mettere in scatola. Delega o agisci. I politici non ti odiano e non ti vogliono bene: semplicemente se ne infischiano di te. Puoi provare a cambiarli, ma ricorda che non c’è limite al peggio, come disse un mio amico prima di conoscere Scilipoti. Oppure puoi provare a ricambiarli. Infischiandotene di loro. La nuova politica è il progetto che farai tu, associandoti con i tuoi simili per un obiettivo comune.
Diffida o credi. Puoi credere che tutto sia un complotto contro di te. Oppure credere in te. (Berlusconi riesce a fare entrambe le cose, ma è un caso unico). La prima strada è più sicura: troverai sempre qualcuno disposto a fornirti le prove della congiura. La seconda è piena di spifferi. Una via per eletti. Ti piacerebbe essere eletto, per una volta? Arretra o evolvi. Arretrare ha i suoi vantaggi, specie se ti trovi a un passo dal baratro. Evolvere ha il suo fascino: la perdita delle sicurezze può farti vincere un rischio, oltre il quale ci sei tu in un modo che adesso non puoi neanche immaginare. Scegli: avanti o indietro. Basta che ti muovi.
Rimpiangi o ricostruisci. Il torcicollo emotivo ha un effetto calmante sui pessimisti. Altri preferiscono guardare oltre le macerie. Il trucco è ripartire da un sogno piccolo. Aiuta a combattere la sensazione di non contare nulla e di non poter cambiare mai nulla, neanche se stessi». Sui deliri di Joe Maya non mi pronuncio. Ma l’ultima frase la sottoscrivo: non sono gli schiaffi a svegliarci, ma i sogni. E poiché il prossimo anno di schiaffi ne arriveranno parecchi, auguro a tutti un risveglio pieno di sogni.
sublime Massimo Gramellini-pensiero tratto da La Stampa online
venerdì 23 dicembre 2011
Buoni propositi per il 2012: qui la lista...
Va bene, sarà anche un periodaccio, con la crisi, la recessione, lo spread, la manovra, le tasse e quanto di più deprimente ci possa essere...
Eppure, eppure... avremo ben una lista di buoni propositi (economicamente abbordabili) per il 2012, o no!? Che so? A esempio, il proposito di iniziare quel benedetto corso di pilates che le nostre amiche frequentano già da mesi? Leggere quel libro (forse riciclato) che ci aveva regalato la zia? Imparare le basi del cinese, utile per quel viaggio da sempre sognato ma che forse non faremo mai? Terminare di sferruzzare quella sciarpa di lana iniziata due inverni fa e che ormai ha cumulato tanta polvere? Svuotare la cantina di tutte le cose inutili accatastate nel corso degli ultimi cinque anni dalle quali non siamo mai stati capaci di separarci?
Allora ecco che questo mio spazio virtuale diventa il vostro... lasciamo qui un segno di quelle che sono le nostre buone intenzioni per l'anno nuovo, che è ormai alle porte: vedremo poi, nel corso dei mesi che verranno, se saremo stati capaci di metterli in atto...
Eppure, eppure... avremo ben una lista di buoni propositi (economicamente abbordabili) per il 2012, o no!? Che so? A esempio, il proposito di iniziare quel benedetto corso di pilates che le nostre amiche frequentano già da mesi? Leggere quel libro (forse riciclato) che ci aveva regalato la zia? Imparare le basi del cinese, utile per quel viaggio da sempre sognato ma che forse non faremo mai? Terminare di sferruzzare quella sciarpa di lana iniziata due inverni fa e che ormai ha cumulato tanta polvere? Svuotare la cantina di tutte le cose inutili accatastate nel corso degli ultimi cinque anni dalle quali non siamo mai stati capaci di separarci?
Allora ecco che questo mio spazio virtuale diventa il vostro... lasciamo qui un segno di quelle che sono le nostre buone intenzioni per l'anno nuovo, che è ormai alle porte: vedremo poi, nel corso dei mesi che verranno, se saremo stati capaci di metterli in atto...
E se non saremo stati capaci, fa nulla... quel che conta è il buon proposito...
Libri in cucina, per grandi e piccoli golosi...
Uno dei regali evergreen, di cui approfittare in libreria soprattutto nel periodo natalizio, sono i ricettari.
Non c'è che l'imbarazzo della scelta: dai volumi omnicomprensivi, a quelli tematici... passando per i libri di cucina etnica, vegetariana, mediterranea, macrobiotica, ecc.
Personalmente adoro quelli arricchiti con fotografie accattivanti: non c'è modo migliore per stuzzicare la creatività e coinvolgere una cuoca (o un cuoco) nella preparazione di qualcosa da mettere sotto i denti... E state certi che anche un banalissimo piatto può raggiungere la massima valorizzazione editoriale con il semplice e sapiente uso di uno scatto ad effetto...
Ieri, con grande sorpresa e gioia, mi è stato recapitato un dono: la raccolta - splendidamente pubblicata a lucido e rilegata - di alcune ricette proposte nella mensa di una scuola dell'infanzia a me cara... Ricette che ovviamente i bambini, aiutati dal cuoco e dalle maestre, hanno avuto modo nel corso dell'anno di sperimentare personalmente...
Credo che questo sia stato per me uno dei più bei regali ricevuti, non solo perché originale e fantasioso, fuori dagli schemi convenzionali, ma soprattutto perché donato con affetto...
Grazie di cuore: felici mani-in-pasta a tutti!
La battaglia dei dispositivi reader...
Si sta facendo sempre più ricca l’offerta di ebook reader con tecnologia eink (inchiostro elettronico), mentre avanza all’orizzonte - ma resta una promessa - la grande rivoluzione a colori. Esistono in commercio anche lettori retroilluminati (lcd) ma l’inchiostro elettronico ha il vantaggio sia di simulare il libro stampato sia di essere leggibile in tutte le condizioni di luce, buio escluso, proprio come un libro di carta.
I lettori in commercio offrono una serie di funzioni simili, quali - per elencare quelle più significative - la connessione wifi per scaricare nuovi libri (o per una navigazione personale, sia pure con grafica spartana e senza vari plugin), la disponibilità di una connessione telefonica umts per accedere al negozio online, una capacità di storage interno di 2-4 gb e slot di espansione microsd.
Con riferimento ai testi (ma i lettori supportano anche audio e video), vanno poi tenuti in considerazione i formati supportati. In genere i principali standard tradizionali si possono leggere, anche se non sempre comodamente (html, rtf, pdf, doc, txt). I migliori sono invece i formati nativi per ebook, che occupano meno spazio e sopratutto si adattano perfettamente al display.
Qualche inconveniente deriva dalle caratteristiche proprietarie di molti formati che dunque non sono supportati nativamente da tutti i dispositivi (ma esistono software liberi come Calibre per la conversione). Aperto è il diffuso formato epub, mentre Mobipocket (mobi) è quello utilizzato da Amazon Kindle. Proprio Amazon ha aperto da poche settimane il Kindle Store italiano e il nuovo lettore (a 99 euro, non è touchscreen) è già il prodotto più venduto nel sito, dove sono pure disponibili già oltre 50 mila titoli. Il lancio del Kindle in Italia ha provocato un rapido riposizionamento della concorrenza. Dopo il nuovo Biblet di Telecom Italia (anch’esso all’accattivante prezzo di 99 euro), da pochi giorni in commercio, ora è Leggo Ibs a presentare due nuovi reader touch screen, compatibili con i formati standard e che integrano il dizionario Zingarelli.
Arrivano Leggo Ibs wi-fi (169 euro), già disponibile, e Leggo 9,7, dal 10 gennaio. Caratteristica dei lettori del gruppo Giunti e Messaggerie è la piena compatibilità dei vari formati, insieme allo schermo e-ink touch tramite stilo, il text-to-speech in cinque lingue, il lettore Mp3 e l’interfaccia bluetooth per il trasferimento dei file.
La battaglia sui dispositivi ha finalmente scatenato anche una grande corsa nella produzione di titoli disponibili in formato elettronico, anche a prezzi molto bassi (fino a un euro e meno in qualche caso) o gratis per una serie di classici non più protetti da copyright.
Arrivano Leggo Ibs wi-fi (169 euro), già disponibile, e Leggo 9,7, dal 10 gennaio. Caratteristica dei lettori del gruppo Giunti e Messaggerie è la piena compatibilità dei vari formati, insieme allo schermo e-ink touch tramite stilo, il text-to-speech in cinque lingue, il lettore Mp3 e l’interfaccia bluetooth per il trasferimento dei file.
La battaglia sui dispositivi ha finalmente scatenato anche una grande corsa nella produzione di titoli disponibili in formato elettronico, anche a prezzi molto bassi (fino a un euro e meno in qualche caso) o gratis per una serie di classici non più protetti da copyright.
fonte: Zenone Sovilla - l'Adige di oggi, 23 dicembre 2011
E' Natale...
E' Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano
E' Natale ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare l'altro
E' Natale ogni volta che non accetti quei principi che relegano gli
oppressi ai margini della società
E' Natale ogni volta che speri con quelli che disperano nella povertà
fisica e spirituale
E' Natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua
debolezza.
(Madre Teresa di Calcutta)
Sala stampa digitale: tra innovazione e tradizione...
Digital First editors are caught in transition.
Many are longtime print editors. However much they have been embracing and resisting the digital transformation the past couple decades (and most of us have been doing some of both), they understand now that the future is digital and they want to help lead that newsroom of the future. Even the editors who are digital natives who’ve worked more online than in print are caught in this transition because they are leading staffs through the transition.
Don’t look at the suggestions here as an exact checklist for the Digital First editor. We want editors who don’t need checklists, who find creative solutions for their newsrooms. The staff dynamic, size and abilities, the community’s needs and the editor’s own strengths, weaknesses and creativity will determine the right leadership approach for each newsroom. And the challenges and opportunities for each newsroom are unique, at least in their details, and leadership must respond to them with solutions that are unique, at least in their details.
Don’t look at this checklist as a yardstick by which to measure the success or failings of a particular editor. Perhaps some editor excels in all of these areas (I wouldn’t, if I were still leading a newsroom), but that would be a rare editor.
View these as my suggestions for Digital First editors trying to meet the challenges and opportunities this transition...
read more at http://stevebuttry.wordpress.com/2011/12/22/leading-a-digital-first-newsroom/
Many are longtime print editors. However much they have been embracing and resisting the digital transformation the past couple decades (and most of us have been doing some of both), they understand now that the future is digital and they want to help lead that newsroom of the future. Even the editors who are digital natives who’ve worked more online than in print are caught in this transition because they are leading staffs through the transition.
Don’t look at the suggestions here as an exact checklist for the Digital First editor. We want editors who don’t need checklists, who find creative solutions for their newsrooms. The staff dynamic, size and abilities, the community’s needs and the editor’s own strengths, weaknesses and creativity will determine the right leadership approach for each newsroom. And the challenges and opportunities for each newsroom are unique, at least in their details, and leadership must respond to them with solutions that are unique, at least in their details.
Don’t look at this checklist as a yardstick by which to measure the success or failings of a particular editor. Perhaps some editor excels in all of these areas (I wouldn’t, if I were still leading a newsroom), but that would be a rare editor.
View these as my suggestions for Digital First editors trying to meet the challenges and opportunities this transition...
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L'altra lettura: inchiostro elettronico per Natale
Prendono sempre più piede anche in Italia i libri digitali. E dicembre è il mese per eccellenza dello shopping editoriale. Tante le proposte scaricabili in diversi formati di file che gli stores online propongono ai lettori. Dopo settimane di permanenza al primo posto nella classifica dei più venduti da Ibs (la più grande libreria italiana per acquisti in Rete) “Il mercante dei libri maledetti” di Marcello Simoni ha ceduto il posto a “Miglio 81” di Stephen King (entrambi a € 4,99), seguito da “Tre atti e due tempi” di Giorgio Faletti (€ 6,99). Prezzi accessibili a tutti i lettori. Ma ci sono anche le eccezioni: “Steve Jobs” di Walter Isaacson è in vetrina a € 12,99 mentre “Inherithange” di Christopher Paolini costa € 13,99. Forse un po' troppo. Allora meglio buttarsi sugli eBook scontati (tutti in formato ePub) degli autori di casa nostra: l'intramontabile “Bar Sport” di Stefano Benni (€ 3,40) e l'ultima creatura di Alessandro Baricco “Mr Gwyn” (€ 8,50). Prezzi più alti di qualche euro per quel che riguarda gli scaricabili (nei formati ePub e Pdf) da www.illibraio.it, il sito del Gruppo editoriale Mauri Spagnol: Beppe Grillo in testa ai più venduti con il suo “Siamo in guerra” seguito da “Zia Antonia sapeva di menta” di Andrea Vitali (entrambi a € 9,99) e da “Il teschio sacro” di James Rollins (€ 13,99).
E se il portafoglio piange, si può cliccare su diversi classici in promozione a € 1,99 o addirittura, solo per il periodo natalizio, scaricare gratis cinque racconti inediti di altrettanti autori Garzanti: Andrea Vitali, Bruno Gambarotta, Giuseppe Pederiali, Roberto Barbolini e Peppe Lanzetta. E' un omaggio che illibraio.it, Garzanti Libri e gli stessi scrittori fanno ai loro lettori per far scoprire a chi ancora non li conosce questi maestri dell'arte del racconto.
Ma forse il regalo di Natale più inaspettato e gradito per gli amanti degli eBook è stato quello di Amazon: il Kindle, l’oggetto del desiderio, quello di cui tanto si è parlato ma che fino ad oggi era difficile avere tra le mani. Atteso in Italia per l’Epifania, dal primo dicembre l'ereader di Amazon ha sorpreso tutti, perfettamente in tempo per l’abete addobbato, allo stesso prezzo delle versione tedesche e francesi: € 99 per il modello dotato di tasti mentre, per quello con touchscreen, bisognerà attendere ancora un po'. Intanto ci si può sbizzarrire: su Kindlestore sono già disponibili 16.000 titoli in lingua italiana, oltre alla scelta di quasi un milione di eBook in inglese, francese e tedesco. Se si ha tempo e pazienza, le occasioni per far provvista a piccoli prezzi non mancano: dai grandi classici della letteratura mondiale scaricabili a soli 99 centesimi, ai bestseller in promozione fino a Natale. Decine i titoli selezionati tra i grandi autori contemporanei: Sophie Kinsella, Licia Troisi, Diego De Silva, Philip Roth, Jo Nesbø, Vauro Senesi, Pierre Dukan, Oliver Bowden, Pierre Lemaitre e Margaret Mazzantini, per un tempo limitato tutti a € 3,99.
La Feltrinelli e Ultimabooks iniziano a far emergere i loro trend: la prima propone ogni settimana, insieme ai bestseller, un eBook tecnico legato all’informatica e all’editoria, mentre la seconda suggerisce autopubblicazioni digitali di autori esordienti. Quindi gli stores di MediaWorld e Rizzoli che, seppur con titoli diversi, seguono la classifica dei libri di carta.
Infine www.biblet.it, con oltre 10mila titoli in versione digitale a scelta tra il meglio della narrativa italiana e straniera e la saggistica; e www.bol.it del Gruppo Mondadori, il maggiore polo editoriale italiano che, con sette milioni di prodotti a catalogo, e uno dei più grossi mediastore online.
fonte: Paola Malcotti - l'Adige di oggi, venerdì 23 dicembre 2011
fonte: Paola Malcotti - l'Adige di oggi, venerdì 23 dicembre 2011
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