sabato 7 aprile 2012

L'arte di sfornare

Cucinare è il modo migliore per “scacciare la solitudine e la nostalgia”, scrive Annia Ciezadlo nel suo I giorni del miele e dello zenzero. Sarà, certo è che raccontare di antichi ricettari riemersi inaspettatamente dal cassetto o dalla memoria sembra un ottimo modo per poter vendere una storia, e non solo il solito manuale di cucina.

A dare un occhio alla produzione editoriale degli ultimi tre mesi si scopre infatti che sul tema (dai manuali ai romanzi, passando per divertissement come Parlami d’amore ragù) sono stati stampati oltre 120 titoli, più di uno al giorno. Ma non è solo una questione di numero di uscite. In ballo, soprattutto, ci sono le vendite.

Prendete il caso di Simonetta Agnello Hornby. Di libri ne ha sfornati due in poco meno di un anno. L’ultimo si intitola La cucina del buon gusto  ed è in classifica da diverse settimane. Chiuso il quaderno “un po’ sbiadito” e macchiato da “ditate di strutto della nonna” che nel precedente Un filo d’olio aveva garantito fasti notevoli alle casse, la scrittrice ha continuato a pescare nella memoria familiare, convincendosi che preparare tramezzini da servire col tè delle cinque non è affatto male. Dedicarvisi, al contrario, è “uno sfogo di rabbia, energia repressa, dolore nascosto”, un tentativo di ripescare i ricordi di un tempo. Quasi meglio di una seduta di analisi.

Il ricettario come feticcio dunque? Forse. Se non altro è una petit madeleine cui aggrapparsi, come nelle Ricette di famiglia di Roberto Barbolini, il più sobrio e letterario di questi romanzi, dove fra una lepre arrosto e una torta di riso si racconta la storia di una provincia che non c’è più, animata da nonne coi capelli bianchi tinti di azzurro e baby-sitter che si chiamano ancora tate...

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fonte: Filippomaria Battaglia - Panorama.it

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