martedì 21 febbraio 2012

De rerum natura...


Madre degli Enèadi, piacere degli uomini e degli dèi, Venere vivificante, che sotto le mobili costellazioni celesti ravvivi il mare portatore di navi, la terra che reca le messi, poiché grazie a te ogni genere di esseri animati è concepito e vede, nato, la luce del sole: te, dea, te fuggono i venti, te ed il tuo arrivo le nuvole del cielo, per te la terra industriosa fa crescere i fiori soavi, per te sorridono le distese marine, e, rasserenato, brilla di una luce diffusa il cielo.
Infatti, non appena la bellezza del giorno primaverile si svela, ed il soffio del favonio vivificatore, dischiuso, prende forza, per prima cosa gli uccelli del cielo annunciano te e il tuo arrivo, o dea, colpiti in cuore dalla tua potenza.
Quindi le bestie feroci balzano qua e là per i pascoli rigogliosi ed attraversano i fiumi vorticosi: così ciascuna bestia, presa dal tuo fascino, ti segue desiderosa ovunque tu voglia condurla.
Infine per i mari ed i monti ed i fiumi impetuosi e per le frondose dimore degli uccelli ed i campi verdeggianti, ispirando a tutti nel cuore un soave sentimento d’amore, fai sì che con desiderio propaghino le loro generazioni stirpe per stirpe.
E poiché tu sola governi la natura, e senza di te nulla nasce nelle divine plaghe del giorno, e nulla diviene lieto né amabile, desidero che tu mi sia compagna nello scrivere questi versi, che tento di comporre sulla natura per il nostro discendente di Memmio, che tu, o dea, hai voluto eccellesse in ogni tempo, adorno di ogni qualità.
Tanto più, dunque, concedi, o dea, un piacere inestinguibile alle mie parole. Fa’ che frattanto le feroci occupazioni della guerra, per ogni mare ed ogni terra, spente, si acquetino. Infatti tu sola puoi giovare ai mortali con una tranquilla pace, perché le feroci occupazioni della guerra le governa Marte bellicoso, che spesso si abbandona sul tuo grembo, vinto dall’eterna ferita d’amore, e così levando lo sguardo, reclinato il morbido collo, nutre d’amore gli avidi sguardi, anelando a te, o dea, e dalla tua bocca pende il respiro abbandonato. E tu, o dea, abbracciando con il tuo santo corpo lui così disteso, emetti dalla bocca soavi parole, chiedendo per i Romani, o ìnclita, una tranquilla pace.

Infatti né io posso fare questo con animo sereno in un tempo nefasto per la patria...


Lucrezio

Nessun commento:

Posta un commento