sabato 14 luglio 2012

Quando è il lettore a certificare la qualità di un libro

Sulla quarta di copertina di "Rosa candida" (Einaudi), terzo romanzo della scrittrice islandese Audur Ava Olafsdottir, sono riportate, dopo una sintetica presentazione editoriale, due citazioni a scopo promozionale. Una, molto breve, è tratta da un articolo apparso su Elle (il libro è stato un caso letterario in Francia). L'altra consiste in un lungo brano (oltre cinque righe) e tra l'altro dice: «Questo è un libro più grande della vita. Inizi a leggere e ti ritrovi in un uno stato di grazia. L'opposto dei libri che vuoi finire in fretta...». Ma la cosa che colpisce è la firma di questa seconda citazione: «Dal commento di una lettrice su Amazon». Straordinario! Credo che la cosa, inimmaginabile fino a pochi anni fa, segni un evento epocale. Sulla quarta di un libro di un grande editore, allo scopo di invogliare il lettore, viene riportata l'opinione di una lettrice comune, con cui tutti possono identificarsi (e deve restare rigorosamente anonima, non può neanche godere del famoso quarto d'ora di celebrità).

È la fine della critica, o almeno di qualsiasi pretesa di autorevolezza e prestigio della critica tradizionale. Quello che certifica socialmente la qualità di un romanzo non è il parere di un critico letterario, di un «esperto» - figura ormai obsoleta, verso la quale anzi si tende a nutrire una certa diffidenza (anche i critici infatti sono una casta incline a autoriprodursi, con i propri privilegi e poteri, usano un gergo corporativo) -, ma il commento estemporaneo in Rete dell'uomo qualunque, commento che soprattutto ha l'aria di essere molto viscerale e che viene formulato in modo enfatico, irresistibilmente ingenuo («un libro più grande della vita...»).
La democrazia ha vinto, inverandosi nel Web e nella società di massa. Siamo tutti esattamente sullo stesso piano, tutti lettori anonimi di Amazon. Certo, un conto sono gli «strilli» sulla quarta di copertina e un conto il discorso critico vero e proprio, per il quale continuo a pensare che l'unica «autorità» non eliminabile sia quella dell'argomentazione, del saper argomentare bene i propri giudizi di valore.
fonte: Filippo La Porta @ Il Corriere della Sera online

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