lunedì 30 gennaio 2012

Tre colpi di pistola, 64 anni fa...


Il 30 gennaio 1948, presso la Birla House, a New Delhi, mentre si recava nel giardino per la consueta preghiera ecumenica delle ore 17, accompagnato dalle sue due pronipoti Abha e Manu, Gandhi viene assassinato con tre colpi di pistola da Nathuram Godse, un fanatico indù radicale che ha legami anche con il gruppo estremista indù Mahasabha.
Godse riteneva Gandhi responsabile di cedimenti al nuovo governo del Pakistan e alle fazioni musulmane, non da ultimo il pagamento del debito dovuto al Pakistan.
Prima di sparare, Godse si piega in segno di reverenza di fronte a Gandhi e, dopo l'uccisione, cerca di confondersi tra la folla e di fuggire; quando si accorge di essere braccato e di rischiare il linciaggio, però, rallenta il passo permettendo alle forze dell'ordine di catturarlo.

Il giorno prima del suo assassinio, alla consueta preghiera serale, lo stesso Gandhi aveva detto: «Se qualcuno dovesse porre fine alla mia vita trapassandomi con una pallottola - come qualcuno tentò di fare con una bomba l'altro giorno - e io ricevessi la sua pallottola senza un gemito ed esalassi l'ultimo respiro invocando il nome di Dio, allora soltanto allora giustificherei la mia pretesa.»

Seguendo le volontà di Gandhi, le sue ceneri furono ripartite tra varie urne e disperse nei maggiori fiumi del mondo tra i quali il Nilo, il Tamigi, il Volga e il Gange. Due milioni di indiani assistettero ai funerali, durante i quali la bara del Mahtma fu trasportata su e giù per il Gange per consentire a coloro che stavano sulle sponde di rendergli omaggio.

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