
A oggi sono venti titoli, uno all’anno. Tutti ambientati nella città lagunare, di cui la scrittrice conosce ogni angolo e ogni calle meglio di un gondoliere. Tutti ispirati alla bellezza mozzafiato della capitale sull’acqua, e alla fatale decadenza cui sembrano condannarla le sue fondamenta fradice, l’assalto dei turisti, l’incuria dei cittadini e l’inefficienza delle amministrazioni. Tutti immaginati per proiettare sulla superficie della laguna uno specchio dei costumi - o malcostumi - italiani: mafia, inquinamento, corruzione, parassitismo e malafede dei politici, cupidigia e mancanza di scrupoli dei potenti. Piaghe che sono talmente risapute e sotto gli occhi di tutti da fare l’effetto di luoghi comuni e stereotipi. Donna Leon pretende di mostrarle alla luce del sole mettendo a nudo la società italiana con i suoi noir. O, piuttosto, sbirciandola dal buco della serratura senza farsi notare. La giallista infatti si aggira in incognito, ignorata, mascherata da comune passante nella sua città di elezione.
A Venezia quasi nessuno sa chi sia. Forse giusto i vicini di casa nel palazzo quattrocentesco dove abita, il barista e gli habitué del caffè «Al Cavallo» di Cannaregio, dove si reca quotidianamente come fosse il suo ufficio, i melomani abbonati al teatro La Fenice che frequenta da appassionata di musica barocca. Di certo non la conoscono i librai, né tanto meno i lettori, perché Donna Leon - bestsellerista di fama mondiale, tradotta in una trentina di lingue tra cui il ceco, il finlandese, il cinese – ha imposto al suo editore il divieto categorico di pubblicare i suoi romanzi in italiano...
fonte Alessandra Iadicicco & read more @ La Stampa online
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