Affittare un libro in
biblioteca è un po’ come chiedere un passaggio. È come su un bus, un sacco di
gente, nel tempo, ha fatto un tratto di strada con quella storia. L’ha anche
pagata, in fondo, con le sue tasse. Così un romanzo, un saggio, un
pamphlet divengono beni pubblici. Se vi piace la lettura “privata” andate invece in
libreria e il libro ve lo comprate, è vostro, un bene privato, come tirare fuori
l’auto dal garage.
Ora, la situazione delle
biblioteche italiane pare essere pessima. Si naviga a vista, mancano i fondi e,
insomma, quella roba lì che tutti sappiamo - son tempi duri - tanto da
spingere i bibliotecari a indire “La
prima giornata nazionale delle biblioteche”, una sorta di
BiblioPride.
Per ragioni sulle quali
sorvolo, da qualche tempo passo parecchio tempo al telefono con vari istituti e
biblioteche in giro per l’Italia. Il risultato di taluni
colloqui è spesso frustrante per chi li anima ma divertente per l’ascoltatore
disinteressato. Ho deciso di riportarne
alcuni. Lo faccio senza alcun
intento polemico; rifuggo quella che Christian Raimo in un recente articolo
a commento della scadente scrittura comica italiana ha definito - manuale
Cencelli delle varie calate regionali -.
Prendete quanto segue come
semplice cronaca. Un piccolo manuale definibile, senza molta originalità,
Bibliodelirio...
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