Nei libri che hanno preceduto Sorgo Rosso, i buoni sono buoni in tutto e per tutto e i cattivi sono cattivi in tutto e per tutto. Come succede nei film in cui anche un bambino di due anni può riconoscere il cattivo al suo apparire. E il buono non è solo eticamente ineccepibile, ma per giunta è anche bello. Il cattivo al contrario ha solo pensieri malvagi e in più è senza un occhio, ha il collo storto, o è comunque brutto. Nella vita reale non è così. Da piccolo ho sentito molti racconti da parte dei miei nonni sulla guerra. Mio nonno era una persona molto coraggiosa. Molti quando arrivano i giapponesi scappavano, lui è sempre rimasto, fino a quando dai giapponesi ha ricevuto una coltellata sulla testa che ha lasciato una cicatrice evidente. Da quel giorno quando arrivavano i giapponesi gli altri scappavano a cinque chilometri di distanza, lui a quindici. La nonna ha assistito all’episodio del ferimento della testa di suo marito. Quando mi ha raccontato che il colpevole del fatto era “un bel giapponese”, ho avuto uno shock, perché avevo sempre pensato che un cattivo fosse brutto e la realtà non corrispondeva all’idea che mi ero fatto. Sono rimasto veramente stupito all’idea che quel giapponese avesse l’aria coraggiosa e fosse un bell’uomo. Ho capito che quanto veniva scritto molto spesso era ipocrita, falso.
Le guerre vissute sono sempre diverse da quelle raccontate da un film. Questa riflessione è stata il punto di partenza per scrivere Sorgo Rosso. Ho scritto la mia guerra, diversa da quella degli altri. E i dibattiti in Cina sono venuti di conseguenza, poiché il mio racconto era diametralmente opposto rispetto alla versione degli altri autori..."
intervista integrale a Mo Yan, Premio Nobel 2012 per la letteratura
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