martedì 21 agosto 2012

Scrittori sommersi: patrimonio comune

Non esiste solo un’economia, ma anche una letteratura sommersa. C’è un’Italia che scrive a ritmo serrato, che produce un mare di letteratura inedita e destinata all’inedito, non meno significativa, quale indice della mentalità e del sentire generale, del mare di carta stampata. La differenza tra un testo rifiutato e uno pubblicato, anche con successo, non è sempre evidente e talora anzi sembrerebbe più logico che ai due testi accadesse il contrario.

Non esiste solo un’economia, ma anche una letteratura sommersa. Vale anche per l’Italia - ma pure per altri Paesi - la vecchia barzelletta absburgica sui praghesi, dei quali si diceva che fossero tutti scrittori, tanto che, incontrandone casualmente uno in treno, gli si chiedeva, dopo le presentazioni: «Ah, Lei è di Praga, che romanzo ha scritto?». C’è un’Italia che scrive a ritmo serrato, che produce un mare di letteratura inedita e destinata all’inedito, non meno significativa, quale indice della mentalità e del sentire generale, del mare di carta stampata.

Non sono un editore e non lavoro per alcuna casa editrice, ma ricevo ogni giorno, eccetto il sabato e la domenica, quattro o cinque dattiloscritti di persone sconosciute, che mi si chiede di leggere, valutare e promuovere; circa quindici-venti la settimana, settanta al mese, ottocento all’anno. Rispondo a tutti - perché credo che ogni interlocutore meriti rispetto e attenzione - cercando di spiegare come sia impossibile per chiunque, anche se ricevesse ogni giorno le opere di Balzac o Dickens, leggere settanta libri al mese, nel tempo cosiddetto libero che rimane dopo aver svolto il proprio lavoro. Ogni lettura inevitabilmente negata mette un po’ a disagio, perché il rifiuto si dirige a qualcuno che, indipendentemente dalla qualità di ciò che può aver scritto, parte in condizioni di sfavore, isolato da quei contatti e rapporti che hanno aiutato molti di noi più fortunati...

fonte Claudio Magris & read more @ Il Corriere della Sera online

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