mercoledì 9 gennaio 2013

"Vengo via con te" - Amori e abbandoni a tutte le latitudini

Comincia “Da qualche parte, ad un matrimonio” e finisce “Ovunque, in città, una sera”. Nel mezzo, cinquanta racconti ambientati in altrettante città, di tutto il mondo, da Bath a Istanbul, da Colombo a Roma, da Cape Town a Tokyo, da Chicago a Sarajevo, Vienna, Zanzibar, Pechino, Dublino, Atene. E il lago di Garda.

In ogni luogo, una storia d'amore, ritratti di persone, sentimenti, situazioni che ogni volta ruotano attorno al tema letterario per eccellenza, in tutte le sue espressioni. “Vengo via con te - Storie d’amore e latitudini” (Valentina Trentini editore, 13,50 euro), è il titolo di un’avventura nata nel 2012 dalla mente e dalla penna di un giornalista di Trento, con origini bolzanine, già finalista al premio Calvino, che si cela dietro lo pseudonimo di Henry J. Ginsberg, pubblicata originariamente sul blog “Tempi&Modi - Coniugazioni di stile” (www.tempiemodi.com) curato dalla rendenese Donatella Simoni. Ogni domenica, alla stessa ora, da febbraio a maggio, lo spazio letterario ha ospitato un racconto: il successo è stato immediato e tale da “premiare” i fedeli lettori con la pubblicazione di una raccolta cartacea dei lavori di “Vengo via con te”, assieme a degli inediti.

Si tratta di racconti brevi, brevissimi, short cuts per dirla nel gergo editoriale. A volte un dialogo, altre un monologo o un aneddoto, così come avremmo potuto afferrarlo al volo in un bar o a un check in. Frammenti insomma, che si lasciano leggere tutto d'un fiato, in cui si trova ciò che serve: l'intensità delle relazioni che nascono, si sviluppano o muoiono, più o meno bene, più o meno male, cesellate nei tanti paesaggi in cui questi racconti sono ambientati. Un pub, una finestra affacciata su una piazza, la piscina di un albergo, una barca, una camera da letto: ad essere protagonisti delle pagine del misterioso autore sono luoghi così, resi meravigliosi o aspri, difficili, complicati, dalle vicende che si trovano ad ospitare anche solo per un istante.

«Per la varietà delle espressioni d'amore raccontate, è impossibile non ritrovarsi in almeno uno dei personaggi - spiega Donatella Simoni -: per questo, l'autore ed io abbiamo pensato di realizzare uno strumento che valorizzasse questo coinvolgimento. Così, da forma virtuale i racconti hanno preso corpo e si sono trasformati in libro. Di certo una sfida, visto che inizialmente erano stati pensati per essere veicolati attraverso la Rete. Ma con la pubblicazione abbiamo ora realizzato qualcosa che coinvolge ancora di più il lettore. Si tratta dell'operazione “abbandono”: il lettore che abita in una delle città protagoniste dei racconti, o che vi ha programmato un viaggio, acquistando una copia del volume ne riceverà un'altra in omaggio, da lasciare in uno dei luoghi più significativi. Il momento dell'abbandono viene fotografato, l’immagine inviata a tempiemodi@gmail.com e pubblicata in tempo reale sul blog. Oltre all'interesse e alla curiosità suscitati, sta nascendo grande entusiasmo attorno a questa “missione”, che è appena iniziata ma che ha già visto l'abbandono del libro in molte città, di ogni continente. In Trentino poi, l'abbandono (l'ultimo è stato fatto in piazza della Portella a Trento) assume quasi le sembianze di una caccia al tesoro: la fotografia viene condivisa e dopo qualche ora il libro scompare».

Coinvolgente e misterioso. Come l'autore, che non rivela la sua identità. «Quando ho iniziato a pubblicare i racconti sul blog di Donatella - racconta - ero interessato ad avere un risconto dai lettori che fosse il più sincero possibile. Ecco perché ho scelto di farlo con un nome d'arte, che è anche un omaggio a due autori che amo molto, Henry Miller e Allen Ginsberg, passando per la J di Henry James o di Jack Kerouac. C'è però anche una ragione “filosofica”. Quando si scrive, si parla di ciò che si conosce, in questo caso città e relazioni, rapporti umani, amori. Ma al tempo stesso si deve mettere un po' di distanza fra il proprio vissuto e la materia di cui si tratta. E' la magia della scrittura: se si inventa un po', se ci si cala nei panni dei propri personaggi, il risultato è più credibile e più efficace. “L'autore è un fingitore”, come diceva Pessoa. Scegliere uno pseudonimo è quindi un modo per fare questo tipo di operazione, è assumere una specie di identità segreta e dimenticare un po' se stessi. Ed è anche, in definitiva, una scelta di libertà».

fonte: Paola Malcotti - l'Adige di oggi, mercoledì 9 gennaio 2013

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