sabato 19 gennaio 2013

Libri a noleggio: le librerie rispondono così alla crisi

A Torino in via Onorato Vigliani, quartiere Mirafiori, la libreria Takuma ha deciso di fronteggiare la crisi noleggiando i libri. Un giorno, un euro; una settimana, quattro; due settimane, sette. A Milano invece la storica libreria Hoepli, sei piani nell’omonima via dietro il Duomo e quasi un secolo e mezzo di storia, ha appena messo in cassa integrazione a rotazione per tre mesi i circa sessanta dipendenti. E a Roma? La libreria Bibli a Trastevere, che nel 1995 fu tra le prime in Italia a dotarsi di una caffetteria e che a metà 2011 ha dovuto arrendersi causa sfratto, da quasi un anno ha ottenuto un nuovo spazio dal Comune. Tuttavia non ha ancora riaperto: ristrutturarlo costa quasi un milione. 

Stefania Monea della Takuma presidia un avamposto: «Mirafiori si sa è un quartiere di frontiera, da sempre accanto alle novità trattiamo scolastica e usato. Tenere aperto non è mai stato facile, ma la crisi sta picchiando duro. A Natale ho visto clienti affezionati rinunciare all’acquisto per via del prezzo di copertina. Così, quasi per gioco, ci è venuto in mente di noleggiare i libri». E cosa è successo? «Beh, sono venuti a trovarci in tanti. Il primo libro affittato è stato quello di Gramellini. Poi i romanzi della Oggero e di Wilbur Smith. Giusto ieri un ragazzo ci ha chiesto Se questo è un uomo: deve leggerlo per la scuola, conta di restituirlo in due giorni». E i diritti d’autore? Stefania mi rassicura: «Se il libro piace, poi lo comprano. Con Gramellini e la Oggero è successo». Smith se ne farà una ragione, gli eredi di Levi possono ancora sperare.

A Milano Stefano Boeri, assessore alla Cultura, è fresco reduce dal brindisi di commiato della libreria Utopia di via Moscova, fondata nel ’77 dagli anarchici del circolo Ponte della Ghisolfa e frequentata tra gli altri da Consolo e De André: negli ultimi tre anni gli incassi erano scesi del 30%, la prospettiva è riaprire a febbraio a Città Studi. Intanto però hanno chiuso la Rovello, libreria antiquaria aperta nel 1893, e la Libreria di Brera. «Non è un fenomeno nuovo. Chi conosce Milano ricorda l’Einaudi in Galleria Manzoni e la Cortina, sparite diversi anni fa. Oggi fa riflettere il fatto che le librerie indipendenti chiudano nella città dove si producono e si vendono più libri in Italia, malgrado abbiano saputo specializzarsi e curare il rapporto con i clienti». Le ragioni? «A parte la crisi, gli affitti eccessivi. Quelli residenziali sono calati, i commerciali no. Milano al piano terra si sta svuotando». Che può fare l’amministrazione? «Cercare di calmierare il mercato con bandi pubblici, affittando spazi comunali con il 40% di sconto. Stiamo mappando la città, centro compreso, per individuare i luoghi più adatti. Ma vanno affrontati anche altri temi: gli incentivi alla lettura, la polifunzionalità delle librerie. Negli Usa si è pensato a spazi per bambini e circoli di lettura. Bisogna offrire altri servizi, oltre alla vendita». Farlo intendere ai teorici della redditività a metro quadro non sarà facile. Un tempo a Torino i librai si lamentavano del Salone del Libro, oggi i loro colleghi milanesi fanno lo stesso con Bookcity. «È stato un evento popolare, ed è questa la strada per recuperare lettori. Proprio a Bookcity con Umberto Eco abbiamo proposto agli editori di adottare le biblioteche civiche: per le librerie di quartiere dovrebbero diventare punti di riferimento nei quali organizzare incontri e coinvolgere i ragazzi delle scuole. Per superare la crisi, editori, librerie e biblioteche devono allearsi».

fonte & read more @ La Stampa online

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