E' con questa citazione che ho deciso - due sere fa, nel contesto della rassegna letteraria dedicata agli autori gardesani “Sillabe, sorsi, sapori” promossa da Livio Parisi nello spazio del “Pescatore” di Castelletto di Brenzone (VR) - di iniziare la mia presentazione dell'antologia del collega Davide Pivetti “Emersioni-Isole di giovani racconti” (Studio Eventi Edizioni, 128 pagine). Sì, perché i libri - lo sappiamo benissimo - hanno il potere di farci viaggiare, con la fantasia, pur rimanendo sprofondati comodamente nella nostra poltrona. E questa piccola preziosa raccolta di brevi racconti ha la capacità di interpretare perfettamente la metafora del viaggio. Non solo immaginario ma anche reale.
Isole accoglienti e arcipelaghi
dimenticati, coste frastagliate e spiagge bruciate dal sole, fondali
bassi e ricchi di vita, porti irraggiungibili, paesi abbarbicati su
rocce antiche e fari ormai abbandonati, scogli levigati dalle onde
che emergono da un orizzonte infinito e case dall'intonaco bianco che
resistono al tempo e alle tempeste. E il mare. Tutt'attorno. Calmo o
in burrasca, invitante o pericoloso. Ma sempre e comunque mare.
Profondo e blu. Sono tredici le storie dal sapore
salmastro raccolte in questa antologia - data alle stampe recentemente, dopo un decennio di decantazione - ambientate sulle
più belle isole italiane, da Lampedusa a Linosa, da Stromboli a
Ustica, da Salina a Favignana, e su alcuni particolarissimi approdi
mediterranei, come la croata Cres e le Kerkennah, arcipelago
dimenticato tra Italia e Tunisia. E poi Portixeddu, in Sardegna, e
Palermo. Tutte mete di viaggi messi a punto nel corso degli anni -
soprattutto quelli spensierati e giovanili - in lungo e largo per il
Mediterraneo e che hanno ispirato il giornalista caposervizio (pure mio) della
redazione rivana de l'Adige in modo tale da spingerlo a
narrare di incontri con uomini e donne divisi dal mondo per via di
quelle isole, del loro mare, raccontandolo con gli occhi di chi - per
vacanza o per lavoro - giorno dopo giorno lo vive a bordo di una
barca, di un traghetto, di una motonave. O da chi invece su una
barca, un traghetto, una motonave non ha mai messo piede. Vorrebbe,
ma non lo fa. Oppure l'ha fatto, ma poi ci ha ripensato ed è tornato
indietro. Perché le isole non sono mai terre scontante. Il mare non
è mai identico a se stesso. E la gente di quei luoghi non è mai
banale.
Fotografo, appassionato di barca a vela
e viaggi, nel corso degli anni Pivetti ha firmato anche un centinaio
di reportages a testimonianza del suo amore per la scrittura
descrittiva, oltre che per quella giornalistica. Il passo per la
narrazione è stato breve, meno quello della pubblicazione dell'opera
prima, che arriva volutamente a distanza, quando agli slanci dei
vent'anni subentra la consapevolezza dei quaranta. E' così che, un po' per caso e un po'
per scelta, in “Emersioni” le isole visitate sono
diventate quindi teatro di dialoghi, figli di incontri reali e di ricami
fantasiosi, dove i protagonisti non vengono impersonati solo da donne
e uomini ospitali e orgogliosi, da vecchi solitari con i visi scavati
e da giovani con sogni da realizzare, dai carapaci e dagli uccelli,
dai profumi e dai colori, ma dal mare, sfondo infinito. E dalle
isole, fatte per pensare. E dalle onde, fatte per portare lontano,
soddisfare la voglia di andare via, dare un taglio con il passato,
racchiuso in un orizzonte di pochi centimetri, misurato in pochi
passi lenti. E dai tramonti, struggenti, che poi spingono a tornare.
Sì, perché se al mal d'Africa si può tentar di resistere, alla
lontananza dal mare e dalla terra che lo accarezza e accoglie, onda
dopo onda, è praticamente impossibile. Lui, l'infinito piatto e blu
dai confini indefiniti, è come la montagna: se ce l'hai nel sangue,
nel dna, non c'è nulla da fare. Non c'è rimedio. Se non quello di
lasciarsi sopraffare dalla nostalgia che accarezza l'anima finché il
desiderio del ritorno non vince. E il viaggio, il prossimo viaggio,
torna là. Ancora una volta.
«Sono
luoghi che mi sono rimasti nel cuore - racconta l'autore - dove sono
tornato più volte o dove volentieri tornerei. Luoghi che negli anni
giovanili mi hanno ispirato storie divenute racconti e immagini
divenute reportage. Era il tempo in cui scrivere era ancora una
necessità e una passione. Oggi, i tempi, i modi, la velocità della
cronaca, hanno assorbito gran parte di quella energia che ognuno di
noi tira fuori quando inizia a riempire un foglio bianco col
desiderio di ricordare.
Ho riaperto teche polverose, scovato files dispersi, forzato vecchi floppy quasi inservibili. Recuperando quegli scritti giovanili per farne una raccolta». Un'antologia tematica, limpida come l'acqua di Sardegna, calda come il sole africano, coinvolgente come il vento di Scirocco, graffiante come la sabbia, che fa sognare. O partire. La prefazione di Cornelio Galas e l'introduzione dell'autore fanno da preludio, ma poi è il mare a governare ogni capoverso, a tenere il timone della lettura, a spiegare le vele e le pagine per incitare il lettore a salpare, alla scoperta di tredici piccole perle, una diversa dall'altra, ognuna preziosa. A modo suo.
Ho riaperto teche polverose, scovato files dispersi, forzato vecchi floppy quasi inservibili. Recuperando quegli scritti giovanili per farne una raccolta». Un'antologia tematica, limpida come l'acqua di Sardegna, calda come il sole africano, coinvolgente come il vento di Scirocco, graffiante come la sabbia, che fa sognare. O partire. La prefazione di Cornelio Galas e l'introduzione dell'autore fanno da preludio, ma poi è il mare a governare ogni capoverso, a tenere il timone della lettura, a spiegare le vele e le pagine per incitare il lettore a salpare, alla scoperta di tredici piccole perle, una diversa dall'altra, ognuna preziosa. A modo suo.
E al lettore che s'appresta a leggere "Emersioni" non mi resta ovviamente che augurare: buon viaggio!
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