sabato 23 febbraio 2013

"L'ultima fuggitiva" di Tracy Chevalier

Dall’autrice di "La ragazza con l’orecchino di perla" e "Strane creature", è uscito in libreria in queste settimane anche "L’ultima fuggitiva", un romanzo che parla di due giovani donne, sorelle, che si imbarcano dal porto di Bristol alla volta dell’America. È il 1850 quando Honor e Grace Bright si imbarcano sull'Adventurer, un grande veliero in partenza dal porto inglese di Bristol. L'aria smarrita di chi non è avvezza ai viaggi, il bel volto offuscato dal mal di mare, Honor Bright sa che non rivedrà mai più Bridport, il paese in cui è nata, nell'istante in cui la nave si allontana dalle verdi colline del Dorset.

Troppo grande è il mare e troppo lontano è Faithwell, il villaggio dell'Ohio in cui Adam Cox, un uomo anziano e piuttosto noioso, attende sua sorella per prenderla in sposa. L'irrequieta Grace ha allacciato una corrispondenza epistolare con lui, culminata poi con la proposta di matrimonio, con l'intento di lasciarsi alle spalle l'angusta vita della piccola comunità di quaccheri in cui è cresciuta e abbracciare così nuove avventure. Honor Bright non condivide lo spirito temerario di Grace, ma Samuel, il suo promesso sposo, ha rotto il fidanzamento e la prospettiva di vivere in mezzo all'altrui compassione l'ha spinta a seguire la sorella al di là del mare.

Una volta giunte in Ohio, tuttavia, a un passo da Faithwell, Grace si ammala di febbre gialla e, tra le misere mura di un albergo, muore. Honor Bright si ritrova così sola in una nazione enorme ed estranea, divisa da un immenso oceano dall'amato Dorset. Non le resta perciò che Adam Cox come unica ancora di salvezza. A Faithwell, tuttavia, viene accolta con freddezza dall'uomo e dalla cognata vedova.

Tracy Chevalier regala un romanzo in cui il racconto del dolore e della sofferenza per il distacco da luoghi e persone amate si intreccia alla lotta per la liberazione degli schiavi d’America, in cui affetti e l'impegno civile si scontrano, eroismo e crudeltà finiscono per confondersi così come vita privata e storia sociale. Ma l’autrice è maestra anche nel mostrarci quello spazio naturale della rinascita che a pian piano emerge dalle rovine del passato, il fiorire lento di una nuova esistenza che poco a poco si impadronisce dei luoghi a lei deputati. Passioni contrastanti tutte vissute nell’animo femminile della protagonista che seguiamo fino alla fine nell’evolversi dei suoi tormentati stati emotivi, descritti con il garbo e la finezza psicologica cui la scrittrice ci ha abituati. Luoghi e tempi si impregnano come tessuti spugnosi delle persone che li attraversano, e nel momento in cui, per scelta o per obbligo, li si abbandona si finisce sempre per lasciarvi un po’ di sé. Se è vero che “partire è un po’ morire”, è altrettanto vero che al senso di fine che le partenze si lasciano alle spalle quasi sempre segue lo spiraglio di una nuova vita. E Tracy Chevalier con il suo nuovo romanzo sembra suggerirci proprio questo.

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