Si sciolsero nel
1972, dopo solo quattro anni di vita, quattro album pubblicati e
all'inizio di una carriera musicale che, almeno in Italia, prometteva
essere davvero strepitosa. Si riunirono quindi nel 1975, incidendo
tre album in dodici mesi, e nel 1977, quando il nome venne
temporaneamente modificato; ma poi ognuno se ne andò per la propria
strada.
Fino al novembre del 2004, quando l'annuncio auspicato per
anni dai fans arrivò tanto inatteso quanto gradito: i Van
der Graaf Generator - il gruppo rock
progressive inglese che in Italia aveva avuto un notevole successo -
tornavano ufficialmente a esistere. E il loro passaggio nel Bel
Paese, terra che li aveva amati e applauditi, era pressoché
scontato. La notizia della reunion del gruppo creò ovviamente grande
fermento e aspettativa anche se, in realtà, per alcuni appassionati
non si trattò di una novità. Già dal 2002 in Italia era attivo
infatti un gruppo di studio per le opere di Peter
Hammill - il leader della band - e i
VdGG, che si occupava di tenere vivo l'interesse attorno alla musica
del Generatore.
E fu proprio in concomitanza con il ritorno della
band inglese nello Stivale che uscì “Dark
figures running”, il libro del
roveretano Marco Olivotto e
Luca Fiaccavento contenente le
traduzioni in italiano di tutti i testi originali, spesso complessi,
dei VdGG, con una breve prefazione a cura dello stesso Hammill. Nel
giugno del 2005, dopo il primo positivo debutto alla Royal Festival
Hall di Londra, i Van der Graaf fecero quindi la loro ricomparsa in
Italia - dopo 30 anni esatti di assenza - per due concerti, a Milano
e Roma. Entrambe le date andarono sold out. Ma, un mese dopo, Peter
Hammill, David Jackson, Hugh Banton e Guy Evans tornarono a suonare
per il pubblico italiano e questa volta le location scelte per i
concerti furono suggestive: la Valle dei Templi a Taormina e il
Vittoriale a Gardone Riviera. E fu nell'anfiteatro dannunziano,
dirimpetto al lago di Garda, che Marco Olivotto ebbe nuovamente una
parte non indifferente nel contesto dei rapporti, già molto solidi,
tra la band e l’Italia: «A dir la verità già nel 2002 avevo
prodotto un dvd per Jackson - racconta il titolare di quella che
allora era la LoL Productions di Nogaredo - e, pochi mesi prima del
ritorno dei VdGG in Italia, avevo mixato e prodotto “The
Full English”, il cd di Judge
Smith, membro fondatore del gruppo, che presentammo al Cobden Club di
Londra il giorno prima del concerto alla Royal Festival Hall. In
quell'occasione ebbi modo di incontrare anche Nic Potter, storico
bassista dei primi lp che, come Smith, non faceva più parte del
gruppo. La sera del concerto a Gardone anche Potter era tra il
pubblico, ospite qualche
giorno a casa mia. Negli anni a seguire feci parte per un po' di
tempo di un gruppo embrionale fondato da Jackson e Potter e, nel 2007
e 2008, suonai nel David Jackson Project. L'ultimo contatto
professionale con i membri del VdGG avvenne nell'estate del 2008,
quando portai il saxofonista a Suoni delle Dolomiti».
Questo e tanto
altro è riportato in “Van der
Graaf Generator - La Biografia Italiana”
(Arcana Edizioni, €19.50) ad opera di Paolo
Carnelli, volume di 244 pagine con
prefazione di David Jackson dedicato al gruppo di punta del movimento
rock progressivo inglese che, dopo sei anni di lavoro e di ricerche,
ha visto la pubblicazione nelle settimane scorse. Non una semplice
narrazione della vita della band ma piuttosto un'accurata
ricostruzione cronologica del rapporto tra il Generatore e il nostro
Paese; una saga appassionante, fatta di concerti, sommosse,
scioglimenti e ricostituzioni, partite a calcio, location
improbabili, inaspettati ritorni. Un libro caratterizzato da una
vasta sezione iconografica composta da ben 112 immagini, in gran
parte inedite, comprendenti foto d’epoca e materiale d’archivio
(locandine, annunci e articoli di giornale, biglietti di concerti),
oltre che da un’appendice dedicata alla discografia del gruppo con
tutte le uscite in lp, 45 giri, cd e dvd, e una sezione in cui sono
riportate con dovizia di particolari le date e le scalette di tutti i
concerti italiani tenuti dalla band.
Una corposa raccolta storica di
materiale e ricordi, testimonianze inedite e rare di chi in 40 anni
ha avuto modo di interagire con i VdGG - compresi promoter,
musicisti, giornalisti, come Armando Gallo, Guido Bellachioma,
Marcello Capra, Beppe Crovella, Tony Pagliuca, Claudio Rocchi,
Maurizio Salvadori, Claudio Simonetti, Aldo Tagliapietra, Pino
Tuccimei - oltre a quelle di decine di fan e appassionati che ebbero
la fortuna di assistere ai concerti tenuti dal gruppo inglese nel
nostro Paese tra il 1972 e il 2011. «Conobbi i Van der Graaf
Generator quando avevo circa 12 anni - spiega Carnelli - grazie a uno
speciale trasmesso da Radiorai che proponeva una panoramica
dell'universo del rock progressivo inglese degli anni '70. Dal 1988
iniziai quindi a collezionare materiale sulla band e i suoi
componenti: vinili originali, articoli, foto, ma in particolare
nastri di concerti ed esibizioni radiofoniche, fino ad arrivare a
possedere più di 500 registrazioni. Nel gennaio 2001 ho fondato la
mailing list Hammillitalia e dal 2003 faccio parte del consiglio
direttivo del Peter Hammill & VdGG Study Group. Il libro è nato
con il desiderio di raccontare non solo la storia del gruppo ma anche
quella di un’intera generazione di giovani italiani, affascinati
dall’epopea del rock progressivo, dai grandi raduni e dalla musica.
Il rapporto tra i VdGG e il pubblico del nostro Paese è sempre stato
speciale e unico, anche se movimentato e non privo di imprevisti: in
mezzo ci sono state però le collaborazioni, le amicizie e i
concerti. Che non aspettavano altro che essere raccontati».
fonte: Paola Malcotti - l'Adige di sabato 2 marzo 2013
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