Fino al novembre del 2004, quando l'annuncio auspicato per anni dai fans arrivò tanto inatteso quanto gradito: i Van der Graaf Generator - il gruppo rock progressive inglese che in Italia aveva avuto un notevole successo - tornavano ufficialmente a esistere. E il loro passaggio nel Bel Paese, terra che li aveva amati e applauditi, era pressoché scontato. La notizia della reunion del gruppo creò ovviamente grande fermento e aspettativa anche se, in realtà, per alcuni appassionati non si trattò di una novità. Già dal 2002 in Italia era attivo infatti un gruppo di studio per le opere di Peter Hammill - il leader della band - e i VdGG, che si occupava di tenere vivo l'interesse attorno alla musica del Generatore.
E fu proprio in concomitanza con il ritorno della band inglese nello Stivale che uscì “Dark figures running”, il libro del roveretano Marco Olivotto e Luca Fiaccavento contenente le traduzioni in italiano di tutti i testi originali, spesso complessi, dei VdGG, con una breve prefazione a cura dello stesso Hammill. Nel giugno del 2005, dopo il primo positivo debutto alla Royal Festival Hall di Londra, i Van der Graaf fecero quindi la loro ricomparsa in Italia - dopo 30 anni esatti di assenza - per due concerti, a Milano e Roma. Entrambe le date andarono sold out. Ma, un mese dopo, Peter Hammill, David Jackson, Hugh Banton e Guy Evans tornarono a suonare per il pubblico italiano e questa volta le location scelte per i concerti furono suggestive: la Valle dei Templi a Taormina e il Vittoriale a Gardone Riviera. E fu nell'anfiteatro dannunziano, dirimpetto al lago di Garda, che Marco Olivotto ebbe nuovamente una parte non indifferente nel contesto dei rapporti, già molto solidi, tra la band e l’Italia: «A dir la verità già nel 2002 avevo prodotto un dvd per Jackson - racconta il titolare di quella che allora era la LoL Productions di Nogaredo - e, pochi mesi prima del ritorno dei VdGG in Italia, avevo mixato e prodotto “The Full English”, il cd di Judge Smith, membro fondatore del gruppo, che presentammo al Cobden Club di Londra il giorno prima del concerto alla Royal Festival Hall. In quell'occasione ebbi modo di incontrare anche Nic Potter, storico bassista dei primi lp che, come Smith, non faceva più parte del gruppo. La sera del concerto a Gardone anche Potter era tra il pubblico, ospite qualche giorno a casa mia. Negli anni a seguire feci parte per un po' di tempo di un gruppo embrionale fondato da Jackson e Potter e, nel 2007 e 2008, suonai nel David Jackson Project. L'ultimo contatto professionale con i membri del VdGG avvenne nell'estate del 2008, quando portai il saxofonista a Suoni delle Dolomiti».
Questo e tanto
altro è riportato in “Van der
Graaf Generator - La Biografia Italiana”
(Arcana Edizioni, €19.50) ad opera di Paolo
Carnelli, volume di 244 pagine con
prefazione di David Jackson dedicato al gruppo di punta del movimento
rock progressivo inglese che, dopo sei anni di lavoro e di ricerche,
ha visto la pubblicazione nelle settimane scorse. Non una semplice
narrazione della vita della band ma piuttosto un'accurata
ricostruzione cronologica del rapporto tra il Generatore e il nostro
Paese; una saga appassionante, fatta di concerti, sommosse,
scioglimenti e ricostituzioni, partite a calcio, location
improbabili, inaspettati ritorni. Un libro caratterizzato da una
vasta sezione iconografica composta da ben 112 immagini, in gran
parte inedite, comprendenti foto d’epoca e materiale d’archivio
(locandine, annunci e articoli di giornale, biglietti di concerti),
oltre che da un’appendice dedicata alla discografia del gruppo con
tutte le uscite in lp, 45 giri, cd e dvd, e una sezione in cui sono
riportate con dovizia di particolari le date e le scalette di tutti i
concerti italiani tenuti dalla band.
Una corposa raccolta storica di
materiale e ricordi, testimonianze inedite e rare di chi in 40 anni
ha avuto modo di interagire con i VdGG - compresi promoter,
musicisti, giornalisti, come Armando Gallo, Guido Bellachioma,
Marcello Capra, Beppe Crovella, Tony Pagliuca, Claudio Rocchi,
Maurizio Salvadori, Claudio Simonetti, Aldo Tagliapietra, Pino
Tuccimei - oltre a quelle di decine di fan e appassionati che ebbero
la fortuna di assistere ai concerti tenuti dal gruppo inglese nel
nostro Paese tra il 1972 e il 2011. «Conobbi i Van der Graaf
Generator quando avevo circa 12 anni - spiega Carnelli - grazie a uno
speciale trasmesso da Radiorai che proponeva una panoramica
dell'universo del rock progressivo inglese degli anni '70. Dal 1988
iniziai quindi a collezionare materiale sulla band e i suoi
componenti: vinili originali, articoli, foto, ma in particolare
nastri di concerti ed esibizioni radiofoniche, fino ad arrivare a
possedere più di 500 registrazioni. Nel gennaio 2001 ho fondato la
mailing list Hammillitalia e dal 2003 faccio parte del consiglio
direttivo del Peter Hammill & VdGG Study Group. Il libro è nato
con il desiderio di raccontare non solo la storia del gruppo ma anche
quella di un’intera generazione di giovani italiani, affascinati
dall’epopea del rock progressivo, dai grandi raduni e dalla musica.
Il rapporto tra i VdGG e il pubblico del nostro Paese è sempre stato
speciale e unico, anche se movimentato e non privo di imprevisti: in
mezzo ci sono state però le collaborazioni, le amicizie e i
concerti. Che non aspettavano altro che essere raccontati».
fonte: Paola Malcotti - l'Adige di sabato 2 marzo 2013
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