lunedì 25 marzo 2013

Un piccolo grande regalo. Da dieci e lode!

Letto (cronometrato) in 20 minuti, lasciando di stucco mia figlia. Che non ha resistito, e alla fine ha chiesto "che voto gli dai, da uno a dieci?". "Dieci e lode" la mia risposta. Non avrei potuto farle regalo migliore, dato che il libro in questione l'ha regalato lei, oltre a se stessa, anche a me. Il primissimo libro da lei autonomamente scelto in libreria (escludendo ovviamente i vari Geronimo & Tea Stilton, Valentina ecc.), acquistato con i suoi risparmi, seguendo le indicazioni date dalla professoressa di italiano.

Venti minuti tondi tondi, dicevo. Ma in fin dei conti, la lettura de "L'uomo che piantava gli alberi" - conosciuto anche come La storia di Elzéard Bouffier di Jean Giono, 3400 parole nella traduzione italiana, un racconto classico allegorico della letteratura per ragazzi (ma non solo) - non impegna molto tempo. Anzi.

Pubblicato nel 1953, il racconto è oggi più che mai attuale poiché rilancia temi condivisibili, spinge a riflettere sui concetti di "tempo", "terra", "natura", "lentezza", "amore", "vita". E soprattutto "speranza".

La storia ha inizio nel 1912, quando il giovane narratore intraprende un'escursione in solitaria in Provenza, arrivando vicino alle Alpi, e finisce le scorte d'acqua in una vallata deserta e senza alberi, dove cresce ovunque solo lavanda selvatica, senza alcun segno di civilizzazione. Eccetto un villaggio ormai abbandonato, con strutture diroccate e senza l'ombra di popolazione. Il ragazzo incontra un pastore di circa cinquant'anni, assieme al suo gregge di pecore, un tipo piuttosto silenzioso che gli permette però di bere dalla sua borraccia e di passare la notte nel suo casolare. Incuriosito dalla vita da eremita che conduce l'uomo, il narratore decide di restare presso di lui per alcuni giorni. Scopre così che il pastore, Elzéard Bouffier, ha piantato oltre 100mila querce, pur sapendo che ne sarebbero sopravvissute "solo" 10mila.
Il ragazzo torna a casa e più tardi si arruola come soldato nella Prima guerra mondiale. Nel 1920, traumatizzato e depresso, torna dal pastore, e sorprendendosi alla vista di migliaia di alberelli in tutta la vallata e nuovi torrenti laddove non scorreva più acqua da anni, rivede l'anziano in piena forma. Da quel momento, il narratore tornerà a trovare Elezéard Bouffier ogni anno. Che per 40 anni continuerà a piantare alberi, prima querce e poi faggi, aceri e betulle, e la valle si trasformerà lentamente in una sorta di grande foresta.

Son felice d'averlo letto. Ma soprattutto felice per aver resto felice mia figlia. Piccola grande intenditrice di libri.

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