giovedì 26 gennaio 2017

Il mondo? E' racchiuso in libreria!

La libreria El Ateneo a Buenos Aires ha sede in un teatro abbandonato. Sotto gli affreschi, tra le luci basse e diffuse, sono impilate decine di libri. Il cliente inglese prende in mano un tascabile con le Ficciones di Jorge Luis Borges ma un tizio dall’aria competente gli suggerisce: «Provi a leggere Adolfo Bioy Casares, è molto più brillante di Borges». Qualcuno s’intromette: «Si ricordi che Casares è stato sposato con la poetessa Silvina Ocampo, i cui racconti sono come sogni». Una signora gli chiede se si è mai cimentato con Julio Cortázar e la commessa s’impiccia: «Stia lontano da Cortàzar, è difficile». Sconcertato, il possibile acquirente abbandona il campo senza aver comprato alcunché. 

Risultati immagini per andar per libri bompiani
Una sconfitta? Per nulla: almeno secondo Henry Hitchings che ci racconta questa sua incursione tra i tomi argentini nel brillante "Andar per libri. Il mondo in quindici librerie". Il critico letterario ritiene la libreria, come diceva Borges, crocevia e confluenza di «innumerevoli relazioni». Il celebre collaboratore del Financial Times, del Wall Street Journal e del Times Literary Supplement ha riunito nel suo saggio le esperienze di un nutrito gruppo di scrittori famosi che del mondo dei libri sono stati non solo utenti ma anche venditori e impiegati. E si interroga se oggi «andar per libri» voglia dire avventurarsi nello spaccio virtuale e comprare su Amazon oppure muoversi ancora in maniera tradizionale. Anche perché l’acquisto in libreria non è tutto rose e fiori come lo immaginiamo. Ce lo fa capire il bisbetico commesso George Orwell che quando si arrampicava sulle strutture lignee per accontentare i suoi clienti li classificava come appartenenti «alla classe di persone che darebbero noia in qualsiasi negozio, e in una libreria trovano il luogo ideale per esibire questo loro talento». 

Il burbero Orwell non era purtroppo un’eccezione: i punti vendita di saggi, romanzi e guide turistiche non sono sempre i luoghi dell’idillio. In tempi più recenti, è un altro esempio, se n’è accorta anche la scrittrice scozzese Ali Smith quando, da ragazzina avida di letteratura, si infilava di soppiatto nel negozio d’Inverness per sbirciare tra le pagine dei volumi che le capitavano a portata di mano. Veniva brutalmente redarguita dai giovani che vi lavoravano: «Questa non è un biblioteca!». Non tutti i venditori, infatti, assomigliano alla deliziosa Meg Ryan di C’è posta per te, libraia in servizio permanente: comportamenti non proprio ortodossi li ricorda il romanziere Ian Sansom, impiegato da Foyles a Charing Cross Road, a Londra: «I miei colleghi inventavano dei fantasiosi stratagemmi per rubare i libri, alcuni li gettavano dalla finestra ad amici che li raccoglievano... Altri nascondevano i volumi nei bagni riservati al personale e poi li infilavano in una borsa o sotto il maglione... Un atto che io non solo ritenevo sbagliato... ma veramente indecoroso». In libreria si ruba ma pure si dorme, come nel caso, lo narra Hitchings, di una senzatetto londinese che all’imbrunire s’ infilava nel sottoscala di un megastore libresco per schiacciare un pisolino tra i cartoni...

fonte & read more: TuttoLibri La Stampa

Nessun commento:

Posta un commento