sabato 4 gennaio 2014

"Follia"

Un viaggio nella psiche complicata e contorta di due persone intrappolate in un amore forte e feroce. Il tutto guidato dal burattinaio-psichiatra che per curiosità professionale o ossessione personale guida in qualche modo tutta la loro storia, triste e disperata, ma con momenti unici che rendono il loro amore infinito.

"Follia" di Patrick McGrath è una grande storia di amore e di passione, malata, tra due persone condannate dalla vita, e nel contempo di morte, e della perversione dell'occhio clinico che la osserva. Dall'interno di un tetro manicomio criminale vittoriano uno psichiatra comincia a esporre il caso clinico più perturbante della sua carriera: la passione tra Stella Raphael, moglie di un altro psichiatra, donna bella e silenziosa, che porta dentro di sé un vuoto profondo, alimentato da anni di insoddisfazione e sogni romantici, ed Edgar Stark, artista detenuto per uxoricidio dalla personalità forte e conturbante. Quando la donna incontrerà colui che diventerà poi il suo amante, il suo precario equilibrio si sfalderà piano piano e la porterà a sacrificare tutto ciò che desidera. Prevedibile la trama, che tuttavia tiene lì, attaccati alle pagine, perché - piaccia o meno - va a toccare le corde più profonde, affascinanti e terribili; un po' meno prevedibile è invece il finale, in cui il lettore si trova a decidere se la "follia" che percorre il libro è solo nell'amour fou vissuto dai protagonisti o anche nell'occhio clinico che lo racconta.

Un romanzo impegnativo, per certi versi difficile, che ricorda molto una più moderna, disinibita e sessualmente "affamata" Madame Bovary, dai risvolti ancor più crudeli, al quale non sarei mai arrivata se non per "l'imposizione" data dal gruppo di lettura della biblioteca che frequento ed al "compito" mensile cui sono sottoposti gli iscritti. Io tra questi.

"Follia" è insomma un racconto che turba, che può non piacere oppure l'esatto opposto, piacere moltissimo, uno di quei libri che - volenti o nolenti - una volta iniziati non si può non finire e che, arrivati alla fine, rimangono dentro.


 

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