venerdì 10 gennaio 2014

A sud del confine, a ovest del sole

Fino ad allora Hajime aveva vissuto in un universo abitato solo da lui: figlio unico quando, nel Giappone degli anni Cinquanta, era rarissimo non avere fratelli o sorelle, aveva fatto della propria eccezionalità una fortezza in cui nascondersi, un modo per zittire quella sensazione costante di non essere mai li dove si vorrebbe veramente. Invece un giorno scopre che la solitudine è solo un'abitudine, non un destino: lo capisce quando, a dodici anni, stringe la mano di Shimamoto, una compagna di classe sola quanto lui, forse di più: a distinguerla non c'è solo la condizione di figlia unica, ma anche il suo incedere zoppicante, come se in quel passo faticoso e incerto ci fosse tutta la sua difficoltà a essere una creatura di questo mondo. Quando capisci che non sei destinato alla solitudine, che il tuo posto nel mondo è solo là dove è lei, capisci anche un'altra cosa: che sei innamorato. Ma Hajime se ne rende conto troppo tardi - è uno di quegli insegnamenti che si imparano solo con l'esperienza - quando ormai la vita l'ha separato da lei. Come il dolore di un arto fantasma, come una leggera zoppia esistenziale, Hajime diventerà uomo e accumulerà amori, esperienze, dolori, errori, ma sempre con la consapevolezza che la vita, la vita vera, non è quella che sta dissipando, ma quell'altra, quella che sarebbe potuta essere con Shimamoto, quella in un altrove indefinito, a sud del confine, a ovest del sole. Una vita che forse, venticinque anni dopo, quando lei riappare dal nulla, diventerà realtà .

Tutto ha un inizio, un centro e una fine, l’esistenza di ciascuno di noi è destinata a seguire inesorabilmente questa parabola. Ce lo ripetono da sempre gli storici, i filosofi e, a partire da una certa data, anche i romanzieri. A ben guardare anche Haruki Murakami in "A sud del confine, a ovest del sole" si serve dello spazio del romanzo per tratteggiare l’arco temporale di un’esistenza - quella di Hajime - scandita metaforicamente da questi tre momenti. Eppure lo scrittore giapponese ancora una volta va oltre, e sembra dirci che, indipendentemente dalla possibilità che l’inizio e la fine possano ricongiungersi, ciò che davvero conta è il centro, lo spazio di tensione/estensione massima che la vita raggiunge e l'accumulo di esperienze che permette a ciascuno di riconfigurare la propria esistenza e attribuirle un significato diverso, nuovo, maturo.

Ripubblicato con una traduzione completamente rivista, "A sud del confine, a ovest del sole" è uno dei romanzi più amati di Murakami, un'opera intensa, delicata, malinconica e romantica, realista al punto da risultare talvolta tagliente, ma proprio per questo di una raffinata bellezza che non può essere ignorata. Perché l'esplorazione dei movimenti dell'anima - in cui lo scrittore giapponese riesce sempre perfettamente - descrive ancora una volta l'universale, umanissimo conflitto tra necessità e desiderio, destino e libertà.

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