Si è tenuta sabato pomeriggio a Riva del Garda la cerimonia di consegna del Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi.
A ricevere il premio è stato lo scrittore Mauro Corona, che si è aggiudicato il riconoscimento con l'opera "La voce degli uomini freddi" (ed. Mondadori).
Mauro Corona ha dialogato con Luca Mercalli, Paolo Rumiz e Annibale Salsa. "Per me questo premio ha un valore diverso – ha affermato Corona –, e non solo perché Mario Rigoni Stern e le sue pagine mi hanno commosso. La mia scalata è stata una scalata al contrario e per me, questo premio dedicato a Mario, è il riscatto da una vita scellerata. Quando questa notte tornerò a casa e mi guarderò allo specchio, dirò: "forse ce l'ho fatta a uscire dall'inferno".
"La voce degli uomini freddi", un libro che è un omaggio alla mia gente, che viveva con una semplicità assoluta, e che avevo in mente da tempo", è stato il punto di partenza per un dialogo con lo scrittore sulla società attuale e il "senso del limite".
Corona ha ribadito più volte l'importanza dell'educazione per la "costruzione di una società nuova": "Noi siamo già contaminati. Siamo freddi. Solo ridotto alla fame l'uomo potrà tornare indietro e inginocchiarsi alla terra. Bisogna dunque partire dai giovani genitori che crescono i bambini e costruire da zero una società nuova. Bisogna insegnare ai bambini la passione e la curiosità". Corona è più volte ritornato sul valore della semplicità, il senso della misura e la capacità di accontentarsi – valori ben presenti nelle sue opere – in antitesi al "consumo brutale di velocità".
Le motivazioni
La giuria, costituita da Eraldo Affinati, Marie Hélène Angelini, Margherita Detomas, Paola Maria Filippi, Paolo Rumiz e Graziano Riccadonna (coordinatore) assegna l’edizione 2014 del “Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi” – sezione narrativa – a Mauro Corona per la sua opera La voce degli uomini freddi (ed. Mondadori), con la seguente motivazione:
«La voce degli uomini freddi di Mauro Corona rappresenta l'epopea delle genti di montagna, avvezze al pericolo e al sacrificio. Il cantore di queste genti non deve inventare nulla, ma riferirsi liberamente alla propria gente, quella di Erto e Casso, insomma della valle del Vajont.
Emblema della catastrofe di origine umana, la frana del Vajont è ancora oggi oggetto di dibattito e riflessione scientifica, a cinquanta anni da quella sera del 9 ottobre 1963.
Ma anche di racconto e di immaginario collettivo: dentro questa catastrofe è possibile ripercorrere gli infiniti percorsi del moderno piegato agli interessi consumistici e all'ansia di progresso a costo dei sacrifici umani.
Uomini freddi come aggettivo di loco, non come aggettivo qualificativo. Un'umanità costretta a vivere nel luogo freddo, ma che da questa caratteristica non solo non è schiacciata, ma la trasforma in elemento positivo: “Gente che aveva fatto della sfortuna la gioia di stare al mondo. L'unica gioia era quella. Gente che s'accontentava. Tutto qui”.
La neve poi è una metafora dell'esistenza e soprattutto della valanga che ha coperto la valle.. Resistenza, fatica, tenacia, sofferenza sono la cifra di una vita che si perpetua nelle avversità, traendone forza e nutrimento.
L'autore con la sua opera rappresenta, nel contesto culturale che fa riferimento all'arco alpino, un'espressione particolarmente significativa del territorio e delle sue genti, bene cogliendo il messaggio del Premio intitolato a Mario Rigoni Stern, inteso a perpetuarne i valori di fratellanza, di rispetto per l'ambiente, di umanità alpina».
Il livello alto delle opere presentate al concorso da autori di lingua italiana, tedesca e ladina ha reso estremamente arduo il compito della giuria, che dopo approfondita discussione ha comunque effettuato la sua scelta individuando, oltre al vincitore, due romanzi di tutto rispetto tali da poter essere citati:
"I misteri del Cjaslir" (Curcu & Genovese) di Fabio Chiocchetti, impegnativo romanzo storico con grande affresco dedicato alle leggende e alle storie popolari che circondano un santo vescovo e una presunta strega della Val di Fassa.
"Der Nachlass Domenico Minettis" (Anton Pustet) di Dietmar Gnedt (Il lascito di Domenico Minetti), appassionante romanzo austriaco legato alla complessità della Grande guerra vista con gli occhi di un uomo di frontiera.
Il premio letterario è dedicato alla memoria di Mario Rigoni Stern (Asiago 1 novembre 1921 - ivi 16 giugno 2008), autore di numerose opere che hanno fatto la storia della letteratura italiana, tra cui vanno sicuramente ricordate: Il sergente nella neve, Il bosco degli urogalli, Ritorno sul Don, Storia di Tönle, Le stagioni di Giacomo. Voce autorevole e ascoltata nella “letteratura di guerra”, Rigoni Stern ha saputo descrivere in modo originale la cultura della gente di montagna, raccontando il legame fra i montanari e il loro ambiente, e proponendo le Alpi quale orizzonte significativo della letteratura e della storiografia contemporanea, del moderno sentimento ecologico e perfino dell’etica.
Il Premio Mario Rigoni Stern, alternandosi tra Trentino e Veneto con cadenza annuale, cerca di individuare gli elementi di eccellenza della narrativa e della saggistica di montagna all’interno delle opere edite nei due anni precedenti, individuando i seguenti settori di interesse: la bellezza del paesaggio alpino, nei suoi aspetti naturali e originali; le attività produttive tradizionali e la loro compatibilità ecologica; il contesto socioculturale passato e presente delle comunità alpine; la caccia in montagna come attività tradizionale; il patrimonio narratologico dell’arco alpino.
Il premio viene promosso dalla famiglia Rigoni Stern, dall’associazione Ars Venandi, Regione Veneto, Provincia Autonoma di Trento, Comune di Asiago, Comune di Riva del Garda, Cassa di Risparmio del Veneto, Banca di Trento e Bolzano, Federazione Italiana della Caccia, Fierecongressi di Riva del Garda, Museo degli usi e costumi di San Michele All’Adige.
Nel 2011 si è aggiudicato il Premio (sezione saggistica) lo studioso e autore valdostano Alexis Bétemps. Nel 2012 si è aggiudicato il Premio (sezione narrativa) lo scrittore sloveno Alojz Rebula. Nel 2013 il Premio (sezione saggistica) è andato a Dionigi Albera.
L’entità del premio, sia per la sezione saggistica sia per la sezione narrativa, è di 10.000 euro.
c.s. a cura di Francesca Polistina - Ufficio stampa Premio Rigoni Stern
... dalla Divina Commedia ad Harry Potter, passando per Gutenberg, gli e-books, i social-media, la grammatica italiana e le recensioni, la poesia e i classici, la letteratura per i bambini di ieri, oggi e domani, la fotografia e l'arte, le nuove forme di comunicazione... e giù giù fino all'editoria, alle biblioteche, agli incipit, agli appuntamenti letterari, alle mostre, alle novità, agli esordienti. Per i quali - non lo nego - ho un debole...
lunedì 31 marzo 2014
A Mauro Corona il "Premio Mario Rigoni Stern"
lunedì 24 marzo 2014
"Donna... sensualità senza tempo", le fotografie di Sonia Calzà in mostra
Il progetto fotografico "Donna... sensualità senza tempo" di Sonia Calzà esposto presso il Palazzo Panni di Arco (TN), nato per gioco o, forse, per una semplice casualità delle cose, cela al proprio interno un’idea importante, legata ad un costante retro pensiero che accompagna l’esperienza esistenziale di ciascuno di noi: il tempo che scorre e il modo in cui esso leviga, riplasmandoli, i corpi femminili.
Un rapporto, quello con il trascorre del tempo, che non è legato solamente ad una trasformazione fisica della propria corporeità, ma anche al modo in cui esso si riflette nella percezione del sé, sotto il profilo psicologico e sociale.
Sonia Calzà, con la creativa complicità della sua “modella”, vive da tempo, con impegno ed ottimi risultati espressivi, la passione per la fotografia e, rapita da una folgorazione creativa, si è ritrovata a riprendere, prima per divertimento, e poi molto seriamente, una dimensione femminile intrigante e spiazzante.
Sono state prodotte riprese spontanee, la cui realizzazione si è accompagnata, quasi interattivamente, con una forte concettualizzazione sul risultato ed i suoi possibili significati. Ne è nato un racconto intenso e partecipato, tutt’altro che banale, sia sotto il profilo stilistico, sia nella chiave di lettura che le immagini, tutte calligraficamente a colori, riescono ad offrire. Il tema, pur prestandosi a molteplici piani di lettura, indaga un’ipotesi semplice, figlia di una riflessione. Quella di capire se il lavorio degli anni è capace di lasciare, comunque sia, spazio per una piccola e divertente provocazione: quella di poter essere piacenti oltre l’illusorietà del “bello” a tutti i costi. Per paradosso, ed estremizzando il ragionamento, ricordo un lavoro che è rimasto indelebilmente impresso nella mia memoria visiva: quello di Nathalie Luyer, pubblicato sulla rivista d’arte fotografica francese “Vis a Vis international” ancora alla fine degli anni ’80. Quello studio, basato su riprese b/w in puro stile fine-art, restituiva la nuda deformità di un corpo femminile sul quale il tempo, e la decadenza di una devastante obesità, avevano reso drammaticamente spoglie le illusioni (maschili, ma non solo) di un’identità femminile troppo spesso legata allo stereotipo di una donna sempre piacente, sensuale, perfetta, spesso “one-way” e “… attaccapanni delle vanaglorie maschili …”, come ha scritto, in una celebre poesia, Dacia Maraini riferendosi alle donne impellicciate… Le fotografia di Sonia non si spingono a questo estremo, sia perché il soggetto rimane ritratto, con grande garbo e stile entro una fotografia che abbozza al “glamour”, sia perché la modella non è certamente confrontabile con “l’orrifica visione” della protagonista femminile delle – comunque geniali – immagini di Nathalie Luyer.
Come si diceva, fotografa e modella, basandosi su una specifica linearità di intenti, hanno fatto emergere dal telaio narrativo delle loro immagini, il significato che possiamo attribuire al valore del “tempo”, e di quello biologico in particolare. Un tempo che inesorabilmente trascorre e plasma la nostra corporeità e con essa la nostra percezione del sé e quella, tutta sociale, di come siamo considerati da coloro che con noi si relazionano e che osservano le nostre “mutazioni” fisiche ed estetiche. Le immagini di questa autrice, al pari di un taumaturgico talismano, sembrano volersi contrapporre a questa fondante evidenza esistenziale: è possibile fermare il tempo e lasciare che il nostro sguardo indugi, attraverso le relazioni chiaroscurali e grazie a ciò che si vede e ciò che si immagina sul corpo della modella, sull’idea di un’identità femminile scevra da gratuiti o scontati preconcetti. Questa delicata magia accade, non tanto, o non solo, per la prevedibile suadenza delle allusioni che gli scatti evocano sulla sensualità femminile, quanto piuttosto per una sottile ed eterea “atmosfera”, intima ed equilibrata, che avvolge, come un morbido drappeggio, tutto il set di immagini. L’intrigo è cosi svelato: le protagoniste, fotografa e modella, si rincorrono in un incessante gioco di specchi dentro i quali, ciascuna delle due, offrendosi a chi ritrae, o ritraendo chi si offre, ritrova un segnale forte della propria identità femminile e dei correlati valori esistenziali sul tema delle donne. Una riflessione acuta, attraverso una ricerca non facile da gestire e ancora più da proporre, che contempera quanto sia ancora ampio lo spettro di soluzioni che la fotografia è in grado di offrire ai temi della nostra contemporaneità sotto il profilo psicologico e sociale.
recensione a cura di Luca Chistè
(la mostra è visitabile fino al 30 marzo, dalle 10 alle 18)
Sono state prodotte riprese spontanee, la cui realizzazione si è accompagnata, quasi interattivamente, con una forte concettualizzazione sul risultato ed i suoi possibili significati. Ne è nato un racconto intenso e partecipato, tutt’altro che banale, sia sotto il profilo stilistico, sia nella chiave di lettura che le immagini, tutte calligraficamente a colori, riescono ad offrire. Il tema, pur prestandosi a molteplici piani di lettura, indaga un’ipotesi semplice, figlia di una riflessione. Quella di capire se il lavorio degli anni è capace di lasciare, comunque sia, spazio per una piccola e divertente provocazione: quella di poter essere piacenti oltre l’illusorietà del “bello” a tutti i costi. Per paradosso, ed estremizzando il ragionamento, ricordo un lavoro che è rimasto indelebilmente impresso nella mia memoria visiva: quello di Nathalie Luyer, pubblicato sulla rivista d’arte fotografica francese “Vis a Vis international” ancora alla fine degli anni ’80. Quello studio, basato su riprese b/w in puro stile fine-art, restituiva la nuda deformità di un corpo femminile sul quale il tempo, e la decadenza di una devastante obesità, avevano reso drammaticamente spoglie le illusioni (maschili, ma non solo) di un’identità femminile troppo spesso legata allo stereotipo di una donna sempre piacente, sensuale, perfetta, spesso “one-way” e “… attaccapanni delle vanaglorie maschili …”, come ha scritto, in una celebre poesia, Dacia Maraini riferendosi alle donne impellicciate… Le fotografia di Sonia non si spingono a questo estremo, sia perché il soggetto rimane ritratto, con grande garbo e stile entro una fotografia che abbozza al “glamour”, sia perché la modella non è certamente confrontabile con “l’orrifica visione” della protagonista femminile delle – comunque geniali – immagini di Nathalie Luyer.
Come si diceva, fotografa e modella, basandosi su una specifica linearità di intenti, hanno fatto emergere dal telaio narrativo delle loro immagini, il significato che possiamo attribuire al valore del “tempo”, e di quello biologico in particolare. Un tempo che inesorabilmente trascorre e plasma la nostra corporeità e con essa la nostra percezione del sé e quella, tutta sociale, di come siamo considerati da coloro che con noi si relazionano e che osservano le nostre “mutazioni” fisiche ed estetiche. Le immagini di questa autrice, al pari di un taumaturgico talismano, sembrano volersi contrapporre a questa fondante evidenza esistenziale: è possibile fermare il tempo e lasciare che il nostro sguardo indugi, attraverso le relazioni chiaroscurali e grazie a ciò che si vede e ciò che si immagina sul corpo della modella, sull’idea di un’identità femminile scevra da gratuiti o scontati preconcetti. Questa delicata magia accade, non tanto, o non solo, per la prevedibile suadenza delle allusioni che gli scatti evocano sulla sensualità femminile, quanto piuttosto per una sottile ed eterea “atmosfera”, intima ed equilibrata, che avvolge, come un morbido drappeggio, tutto il set di immagini. L’intrigo è cosi svelato: le protagoniste, fotografa e modella, si rincorrono in un incessante gioco di specchi dentro i quali, ciascuna delle due, offrendosi a chi ritrae, o ritraendo chi si offre, ritrova un segnale forte della propria identità femminile e dei correlati valori esistenziali sul tema delle donne. Una riflessione acuta, attraverso una ricerca non facile da gestire e ancora più da proporre, che contempera quanto sia ancora ampio lo spettro di soluzioni che la fotografia è in grado di offrire ai temi della nostra contemporaneità sotto il profilo psicologico e sociale.
recensione a cura di Luca Chistè
(la mostra è visitabile fino al 30 marzo, dalle 10 alle 18)
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mercoledì 12 marzo 2014
Dalla tragedia, un premio letterario dedicato al nome e al ricordo di Alfredino
A 32 anni dalla morte del piccolo Alfredo Rampi, che tutti ricordano come Alfredino, un concorso letterario per opere inedite porterà il suo nome. La tragedia del bambino in fondo al pozzo è entrata nella storia collettiva per avere, per la prima volta, tenuto il pubblico televisivo incollato alle dirette per seguire i soccorsi all'opera per il suo salvataggio, poi fallito.
Ora l'idea dei promotori del premio è mettere al centro "il valore e la tutela della vita umana" utilizzando la narrativa. La selezione è aperta ad opere che si rivolgono o si ritengono adatte alle letture di bambini o ragazzi. Il campo è quindi vasto e può essere affrontato in molti modi: storie di infanzia ed adolescenza, avventure (reali o di fantasia), romanzi di formazione, ambientati in qualsiasi epoca ed in qualsiasi paese.
Il Centro dedicato ad Alfredino si occupa da anni di tutela e salute dell'infanzia, della protezione civile, della legalità, della salvaguardia ambientale, e l'idea è tradurre questi temi in forma letteraria. Il premio è bandito dal Centro Alfredo Rampi, nato per volontà di Franca Rampi, dopo l'invito dell'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Sarà - è l'intento dei promotori - "un evento culturale che possa toccare gli animi e la sensibilità di molti": dalla morte di Alfredino, infatti, "sono nati anche inaspettati cambiamenti socio-culturali, dei quali siamo testimoni, e crediamo importante promuovere un movimento ideale che agevoli l'elaborazione collettiva del trauma che colpì l'intero Paese"...
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Ora l'idea dei promotori del premio è mettere al centro "il valore e la tutela della vita umana" utilizzando la narrativa. La selezione è aperta ad opere che si rivolgono o si ritengono adatte alle letture di bambini o ragazzi. Il campo è quindi vasto e può essere affrontato in molti modi: storie di infanzia ed adolescenza, avventure (reali o di fantasia), romanzi di formazione, ambientati in qualsiasi epoca ed in qualsiasi paese.
Il Centro dedicato ad Alfredino si occupa da anni di tutela e salute dell'infanzia, della protezione civile, della legalità, della salvaguardia ambientale, e l'idea è tradurre questi temi in forma letteraria. Il premio è bandito dal Centro Alfredo Rampi, nato per volontà di Franca Rampi, dopo l'invito dell'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Sarà - è l'intento dei promotori - "un evento culturale che possa toccare gli animi e la sensibilità di molti": dalla morte di Alfredino, infatti, "sono nati anche inaspettati cambiamenti socio-culturali, dei quali siamo testimoni, e crediamo importante promuovere un movimento ideale che agevoli l'elaborazione collettiva del trauma che colpì l'intero Paese"...
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venerdì 7 marzo 2014
Medaglia d'argento del Consiglio regionale toscano a Marco Malvaldi
Medaglia d'argento del Consiglio regionale della Toscana allo scrittore pisano
Marco Malvaldi e omaggio in musica, immagini e parole all'attore Carlo Monni.
Venerdì 7 marzo, alle ore 11, a Firenze, nella Sala Gonfalone di palazzo
Panciatichi (via Cavour, 4), viene consegnato il massimo riconoscimento
dell'assemblea legislativa allo scrittore che, con i suoi romanzi ambientati sul
litorale tra Pisa e Livorno, ha conquistato lettori in Italia e all'estero.
La medaglia a Marco Malvaldi sarà conferita per il grande prestigio che lo scrittore pisano sta portando alla Toscana. I suoi libri, ultimo in ordine di tempo ''Argento vivo'' (edizioni Sellerio), sono in testa alle classifiche e da poco ne è stata tratta una serie tv trasmessa da Sky. Negli ultimi quattro anni ha pubblicato quattro libri con Sellerio, scalato le classifiche di vendita (oltre 400 mila copie finora), è stato finalista al Bancarella due anni fa e vincitore del Premio Elba quest'anno.
Per l'occasione, in ricordo di Carlo Monni, l'attore di Campi Bisenzio scomparso lo scorso 19 maggio, il Consiglio regionale ospita Pupi e Fresedde, la Compagnia del Teatro di Rifredi, ultima residenza artistica di Monni che interpreterà alcuni brani da ''La carta più alta''. Sempre in omaggio al grande cantastorie toscano, ci sarà la proiezione di un video realizzato da Ettore Del Bene e l'esibizione musicale dei Tolomei's Brothers. Alla cerimonia intervengono i consiglieri regionali Pier Paolo Tognocchi ed Enzo Brogi e l'assessore regionale alla cultura Sara Nocentini.
fonte: AdnKronos
La medaglia a Marco Malvaldi sarà conferita per il grande prestigio che lo scrittore pisano sta portando alla Toscana. I suoi libri, ultimo in ordine di tempo ''Argento vivo'' (edizioni Sellerio), sono in testa alle classifiche e da poco ne è stata tratta una serie tv trasmessa da Sky. Negli ultimi quattro anni ha pubblicato quattro libri con Sellerio, scalato le classifiche di vendita (oltre 400 mila copie finora), è stato finalista al Bancarella due anni fa e vincitore del Premio Elba quest'anno.
Per l'occasione, in ricordo di Carlo Monni, l'attore di Campi Bisenzio scomparso lo scorso 19 maggio, il Consiglio regionale ospita Pupi e Fresedde, la Compagnia del Teatro di Rifredi, ultima residenza artistica di Monni che interpreterà alcuni brani da ''La carta più alta''. Sempre in omaggio al grande cantastorie toscano, ci sarà la proiezione di un video realizzato da Ettore Del Bene e l'esibizione musicale dei Tolomei's Brothers. Alla cerimonia intervengono i consiglieri regionali Pier Paolo Tognocchi ed Enzo Brogi e l'assessore regionale alla cultura Sara Nocentini.
fonte: AdnKronos
giovedì 6 marzo 2014
Alla città di Bra il premio Gutenberg 2013
La città di Bra (TO) ha vinto il premio nazionale Gutenberg 2013. Ad assegnarlo alla cittadina piemontese è stata dell'Associazione Italiana del Libro, riconoscendo a Bra le migliori iniziative di promozione del libro e della lettura organizzate tra i Comuni italiani.
Ad essere premiato, insieme ad altri cinquanta progetti su scala nazionale, è l'evento "Salone del Libro per Ragazzi", che da più di quindici anni propone il meglio dell'editoria per ragazzi.
fonte: Ansa
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