Non mi interessa cosa fai per vivere,
voglio sapere per cosa sospiri
e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.
Non mi interessa quanti anni hai,
voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido
per l'amore, per i sogni, per l'avventura di essere vivo.
Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna,
voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita
o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.
Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo;
se puoi ballare pazzamente e lasciare l'estasi
riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirti
di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani.
Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso,
se puoi subire l'accusa di un tradimento e non tradire la tua anima.
Voglio sapere se sei fedele e quindi hai fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni.
Se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza.
Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo o mio
e continuare a gridare all'argento di una luna piena: SI!
Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,
mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due,
e fare quel che si deve fare per i bambini.
Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui,
voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me e non retrocedere.
Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove,
voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l'ha fatto.
Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso,
e se veramente ti piace la compagnia che hai nei momenti vuoti.
(Nativi Americani)
... dalla Divina Commedia ad Harry Potter, passando per Gutenberg, gli e-books, i social-media, la grammatica italiana e le recensioni, la poesia e i classici, la letteratura per i bambini di ieri, oggi e domani, la fotografia e l'arte, le nuove forme di comunicazione... e giù giù fino all'editoria, alle biblioteche, agli incipit, agli appuntamenti letterari, alle mostre, alle novità, agli esordienti. Per i quali - non lo nego - ho un debole...
martedì 26 agosto 2014
Guardarsi allo specchio e scorgere "L'incolore Tazaki..."
Haruki Murakami, è stato scritto, è uno dei più accessibili autori giapponesi per un pubblico di lettori occidentali. È forse questo ad averlo trasformato in un romanziere di culto? Sicuramente la sua scrittura è comprensibile, forse anche nei suoi recessi più nascosti (o almeno ci illudiamo che così sia) persino per chi ha conosciuto il Giappone e la sua cultura solo marginalmente. La nazione che Murakami ci racconta nelle pagine de "L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio" è quella del dopo-tragedia dell'11 marzo 2011 (mai citata) più cupa, pessimista, ripiegata su se stessa.
Il nuovo romanzo si può definire "di formazione", soprattutto "di crescita", quella interiore del protagonista, Tazaki Tsukuru - "uomo che sembrava privo di una personalità dalle caratteristiche spiccate" -, costellata di piccoli elementi, quasi insignificanti che comunque ne andranno a tracciare il futuro - "Lui stesso, quando si guardava allo specchio, si trovava irrimediabilmente noioso".
Non avere un colore insito nel proprio nome - quando questo è un elemento comune ai suoi quattro migliori amici - può pregiudicare l'esistenza? Tazaki Tsukuru ha "una sola passione, se così la si può definire: le stazioni ferroviarie". Su questa passione imposta lo studio, la professione e il luogo in cui vivere. Nulla accade di drammatico, ma contemporaneamente al suo trasferimento da Nagoya, la sua città d'origine, a Tōkyō, Tsukuru viene improvvisamente rifiutato da quegli amici con cui aveva trascorso ogni giornata e diviso ogni momento. Una sola telefonata dagli altri: non deve più cercarli. Da quel giorno, senza nessuna spiegazione, non li vedrà mai più. Sarà una nuova amica, Sara, a guidare Tsukuru verso una risposta anche se come sempre Murakami non offre un finale definitivo alla sua storia, non regala una soluzione consolatoria. Tsukuru guarda la sua sofferenza come fosse quella di un altro, cerca di staccarsi dalla sua fisicità, viene posseduto "dalla strana sensazione che il suo corpo stia subendo una totale metamorfosi", sino al punto di sentirsi un'altra persona totalmente, di cambiare fisionomia inasprendo il carattere. In un passaggio centrale del romanzo, Murakami riprende l'amato tema della crisalide da cui nasce un nuovo essere, diverso da quello precedente. Più che una farfalla un cervo volante, uno scarabeo rinoceronte, corazzato, indurito, reso più cinico e insensibile. "Il ragazzo che una volta si chiamava Tazaki Tsukuru era morto [...] Quello che adesso era lì e respirava, era un nuovo Tazaki Tsukuru, un Tazaki Tsukuru il cui nucleo era stato, in gran parte almeno, sostituito. Ma era una verità che conosceva soltanto lui. Né aveva intenzione di condividerla con nessuno".
"L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio" è il romanzo di una vita segnata da un'incomprensione; di un'infanzia, un'adolescenza e una maturità rigide, strutturate come solo la società giapponese riesce a fare; di un'incomunicabilità legata all'educazione che impedisce l'espressione libera e assoluta dei propri sentimenti e induce alla solitudine. È un libro di sensazioni che non si può descrivere se non attraverso sensazioni. Un romanzo del quotidiano che fa del quotidiano romanzo. Ed è opinione comune che unicamente i grandi scrittori abbiano la capacità di svelare lo straordinario nel banale. Un libro che fa costantemente pensare, che ben si lascia interpretare e coniugare al proprio vissuto ed al proprio presente, che scorre dentro. Apparentemente lento, è invece molto intenso, mai banale; un libro sicuramente introspettivo, entra in profondità...
Non avere un colore insito nel proprio nome - quando questo è un elemento comune ai suoi quattro migliori amici - può pregiudicare l'esistenza? Tazaki Tsukuru ha "una sola passione, se così la si può definire: le stazioni ferroviarie". Su questa passione imposta lo studio, la professione e il luogo in cui vivere. Nulla accade di drammatico, ma contemporaneamente al suo trasferimento da Nagoya, la sua città d'origine, a Tōkyō, Tsukuru viene improvvisamente rifiutato da quegli amici con cui aveva trascorso ogni giornata e diviso ogni momento. Una sola telefonata dagli altri: non deve più cercarli. Da quel giorno, senza nessuna spiegazione, non li vedrà mai più. Sarà una nuova amica, Sara, a guidare Tsukuru verso una risposta anche se come sempre Murakami non offre un finale definitivo alla sua storia, non regala una soluzione consolatoria. Tsukuru guarda la sua sofferenza come fosse quella di un altro, cerca di staccarsi dalla sua fisicità, viene posseduto "dalla strana sensazione che il suo corpo stia subendo una totale metamorfosi", sino al punto di sentirsi un'altra persona totalmente, di cambiare fisionomia inasprendo il carattere. In un passaggio centrale del romanzo, Murakami riprende l'amato tema della crisalide da cui nasce un nuovo essere, diverso da quello precedente. Più che una farfalla un cervo volante, uno scarabeo rinoceronte, corazzato, indurito, reso più cinico e insensibile. "Il ragazzo che una volta si chiamava Tazaki Tsukuru era morto [...] Quello che adesso era lì e respirava, era un nuovo Tazaki Tsukuru, un Tazaki Tsukuru il cui nucleo era stato, in gran parte almeno, sostituito. Ma era una verità che conosceva soltanto lui. Né aveva intenzione di condividerla con nessuno".
"L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio" è il romanzo di una vita segnata da un'incomprensione; di un'infanzia, un'adolescenza e una maturità rigide, strutturate come solo la società giapponese riesce a fare; di un'incomunicabilità legata all'educazione che impedisce l'espressione libera e assoluta dei propri sentimenti e induce alla solitudine. È un libro di sensazioni che non si può descrivere se non attraverso sensazioni. Un romanzo del quotidiano che fa del quotidiano romanzo. Ed è opinione comune che unicamente i grandi scrittori abbiano la capacità di svelare lo straordinario nel banale. Un libro che fa costantemente pensare, che ben si lascia interpretare e coniugare al proprio vissuto ed al proprio presente, che scorre dentro. Apparentemente lento, è invece molto intenso, mai banale; un libro sicuramente introspettivo, entra in profondità...
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Dal 3 settembre i 18 anni del Festivaletteratura di Mantova
Jeremy Rifkin, ospite d'eccezione con il suo saggio sull'eclissi del capitalismo "La società a costo marginale zero" (Mondadori) e Francesco De Gregori, del quale esce i primi di settembre "Guarda che non sono io", un racconto per immagini e parole, a cura di Silvia Viglietti, editrice della SvPress che lo pubblica, e di Alessandro Arianti, pianista dell'artista e anche fotografo: si apre così il 3 settembre il Festivaletteratura di Mantova con 340 eventi, tra gratuiti e a pagamento, e 350 ospiti.
L'evento raggiunge la maggiore età e con i suoi 18 anni riafferma la propria indipendenza e riconferma la passione per la narrazione che l’ha sempre contraddistinto. Come suggerisce Jonathan Gottschall, atteso ospite di quest’anno, “la specie umana non sa resistere al richiamo della narrazione”: ed è proprio il piacere del racconto a far muovere Festivaletteratura. Il primo evento pubblico, nell’ormai lontano 1997, non è stato altro che questo: la messa in scena –laboratoriale, partecipata, aperta – di un'idea, portata in piazza per trovare ascolto, corrispondenze, contraddizioni. Da allora ogni anno, al principio dell'estate, il Festival incontra la città, come succede oggi, per raccontare chi saranno i protagonisti della nuova edizione, quali i temi in discussione e le sorprese attese. Ed è bello osservare come poi la voce si diffonde per biblioteche, gruppi di lettura, librerie e associazioni in tutta Italia. È la comunità di Festivaletteratura che cresce, nella discussione, nello scambio di suggerimenti e impressioni, e che sostiene il festival. Ed è proprio in virtù del rapporto di fiducia costruito con la comunità dei lettori che Festivaletteratura continua, ancora indipendente e controcorrente in questa diciottesima edizione, la sfida della ricerca di nuovi talenti: sono diversi gli emergenti della narrativa italiana e internazionale su cui il festival vuole quest'anno porre l'attenzione del pubblico, una ricerca che, negli anni, ha portato alla manifestazione alcuni scrittori in anticipo sul loro successo internazionale: da Nathan Englander a Herta Müller, passando per Mohsin Hamid, Jonathan Lethem, Jumpa Lahiri.
Qui info e programma
L'evento raggiunge la maggiore età e con i suoi 18 anni riafferma la propria indipendenza e riconferma la passione per la narrazione che l’ha sempre contraddistinto. Come suggerisce Jonathan Gottschall, atteso ospite di quest’anno, “la specie umana non sa resistere al richiamo della narrazione”: ed è proprio il piacere del racconto a far muovere Festivaletteratura. Il primo evento pubblico, nell’ormai lontano 1997, non è stato altro che questo: la messa in scena –laboratoriale, partecipata, aperta – di un'idea, portata in piazza per trovare ascolto, corrispondenze, contraddizioni. Da allora ogni anno, al principio dell'estate, il Festival incontra la città, come succede oggi, per raccontare chi saranno i protagonisti della nuova edizione, quali i temi in discussione e le sorprese attese. Ed è bello osservare come poi la voce si diffonde per biblioteche, gruppi di lettura, librerie e associazioni in tutta Italia. È la comunità di Festivaletteratura che cresce, nella discussione, nello scambio di suggerimenti e impressioni, e che sostiene il festival. Ed è proprio in virtù del rapporto di fiducia costruito con la comunità dei lettori che Festivaletteratura continua, ancora indipendente e controcorrente in questa diciottesima edizione, la sfida della ricerca di nuovi talenti: sono diversi gli emergenti della narrativa italiana e internazionale su cui il festival vuole quest'anno porre l'attenzione del pubblico, una ricerca che, negli anni, ha portato alla manifestazione alcuni scrittori in anticipo sul loro successo internazionale: da Nathan Englander a Herta Müller, passando per Mohsin Hamid, Jonathan Lethem, Jumpa Lahiri.
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